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L’Italia ancora fuori dai Mondiali e l’eterno saliscendi sul carro dei vincitori

Nove mesi fa gli azzurri di Mancini erano stelle, oggi brocchi. Non c’è equilibrio in campo, vero, ma ne servirebbe ancora di più tra i commentatori

di Dario Ceccarelli

Mondiali di calcio: l'Italia è fuori

3' di lettura

Chi vince festeggia. Chi perde fa le analisi e i commenti. Soprattutto se c’è di mezzo la Nazionale. Non sappiamo chi l’ha detto, ma chiunque sia ha ragione. Se avete dei dubbi, vi basterà riguardare tutto quanto è uscito in questi giorni dopo la clamorosa eliminazione dell’Italia dai mondiali nel Qatar. In un batter di ciglia, quando al 92’ Alexander Trajkovski ha infilato Donnarumma, tutti si sono lanciati a spiegarci con sapienza enciclopedia perchè questa Nazionale è un bluff, perchè non abbiamo più campioni, perchè il nostro sistema calcio è un barcone alla deriva, perchè perderemo oltre 100 milioni di indotto, perchè i bambini non giocano più per strada, perchè facciamo schifo e quindi, non solo abbiamo meritato di perdere con la Macedonia, ma meritiamo il peggio del peggio, anche di rimanere fuori per la seconda volta consecutiva dai Mondiali.

La grande corsa a riposizionarsi

I titoli li avete sentiti: «Fuori dal mondo», «The day after», «La nuova apocalisse». E meno male che parliamo di calcio. Neanche la terribile concomitanza con la guerra vera ci ha per un attimo suggerito che forse è il caso di tirare il freno. Che, se pure la botta è stata forte, sempre di pallone si tratta. Che l’Italia, intesa come Paese, non si giudica solo perchè non sa più tirare nella porta degli avversari. Di alzare i toni, a botta calda, può capitare a tutti. Anche chi scrive lo ha fatto. Ma ora gli stessi che dopo il trionfo di Wembley avevano magnificato la nazionale di Mancini non possono di punto in bianco dire che quei campioni sono tutti dei brocchi, che la grande impresa dell’Europeo, con gli azzurri osannati per le strade di Roma, sia stata tutta una burletta per farci dimenticare il Covid.

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Il saliscendi dal carro del vincitori

L’italiano sale sempre sul carro del vincitore, ma è prontissimo a scendere se si accorge di aver sbagliato carro, ha detto uno che di italiani se ne intende. Perchè allora questi signori, quando a luglio stavamo tutti sul balcone a cantare l’inno nazionale, non si sono alzati e con forza hanno detto: «no, cari amici, guardate che questo è bluff, non credeteci a questo miracolo, è un’illusione, il nostro calcio è una bolla che sta per esplodere, i nostri stadi cadono a pezzi, sappiate che i nostri vivai stanno morendo, che i Totti e i Del Piero non nascono più, che nel campionato italiani giocano solo stranieri che costano il quadruplo di quello che valgono»?

Quell’equilibrio che non guasterebbe

Va bene che in Italia siamo tutti commissari tecnici, però un pizzico di equilibrio anche nel calcio non guasta. Ovvio che questa sconfitta è pesantissima. Ovvio che sia giusto e doveroso metterlo in evidenza. Ma se nove mesi fa eravamo stelle più luminose di Inghilterra e Spagna, possibile che adesso questo gruppo sia tutto da gettare in ricicleria? Non parliamo di vecchie glorie da prepensionare come è già successo tante altre volte. No, molti sono giovani, gente come Chiesa, Raspadori, Bastoni, Donnarumma. Lo stesso Verratti non è diventato in una sera l’ultimo dei somari.

Mancini sì, Mancini no

E di Mancini, vogliamo parlarne? Adesso fior di Catoni ne chiedono la testa senza pietà: chi sbaglia deve pagare, dicono, pronti a far scattare la ghigliottina. Nove mesi fa Mancini fa era Dio in Terra, l’uomo che aveva riportato in Paradiso il calcio italiano. Elegante, il ciuffo che conquista, l’uomo giusto al posto giusto. Ora invece va subito rimandato a casa. Anzi, deve essere lui a dare le dimissioni, anche se ha un contratto fino al 2026 con almeno tre milioni di euro a stagione.

Della mancanza di vere alternative

Chiaro che Mancini ha delle responsabilità per questo flop. E lui ne è ben consapevole. Resta però Mancini un tecnico capace di mettere assieme 13 vittorie di fila e 37 risultati utili consecutivi (il record mondiale). Prima di scartarlo come una batteria scarica forse è meglio pensarci due volte. Per sostituirlo con chi, poi? Con Marcello Lippi? Con Andrea Pirlo? Con Ringhio Gattuso? Allora ci vogliamo davvero far del male. Andrà come andrà. Mancini non ha bisogno di avvocati difensori. Deciderà come meglio crede. Di una cosa, però, siamo sicuri: che lo spot sulla bellezza delle Marche, in futuro lo faranno fare a qualcun altro (le Marche comunque restano bellissime).


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