L’Italia blocca l’antidumping dell’Unione europea
di Carmine Fotina
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L’Italia va alla rottura sulla nuova normativa Ue antidumping. Il punto di non ritorno rischia di essere ancora una volta la politica commerciale nei confronti della Cina ed in particolare il complesso compromesso allo studio per aggirare il problema del riconoscimento dello status di economia di mercato (Mes). Il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, ha annunciato che l’Italia interrompe ufficialmente la procedura di approvazione consensuale del regolamento della Commissione europea sull’adeguamento della normativa anti-dumping nei confronti di Paesi che non sono economie di mercato.
«L’Italia ritiene fondamentale che nel prosieguo dell’iter normativo questa proposta venga sostanzialmente migliorata». Con questo intervento, il governo fa sì che il tema giunga ancora “aperto” alla riunione dei rappresentanti permanenti a Bruxelles in programma la prossima settimana, passaggio diplomatico decisivo in vista del Consiglio dei ministri del commercio dell’11 maggio.
La proposta di compromesso della presidenza maltese non piace né al governo né agli industriali, ieri molto critici. Secondo Lisa Ferrarini, vicepresidente Confindustria per l’Europa, «le proposte che stanno maturando a livello di Consiglio Ue sul calcolo del dumping cinese potrebbero avere un impatto pesantissimo su produzione, crescita, competitività ed occupazione». Si rischia - dice - «un ineguagliabile assist ai produttori cinesi. A quel punto, dovrò consigliare agli associati di Confindustria di consegnargli direttamente le chiavi degli stabilimenti e cercare lavoro in qualche burocrazia europea».
Il compromesso in discussione punta a una soluzione “country neutral” dove non c’è più distinzione in base alla definizione di «economia di mercato» e la Cina è equiparata a qualsiasi altro membro Wto, salvo dimostrare l’esistenza di “significative distorsioni di mercato”. Ma, dal punto di vista italiano, restano una serie di criticità e di rischi su cui non si può cedere. Per valutare le significative distorsioni di mercato, secondo l’Italia, bisogna continuare a utilizzare i cinque criteri che la Ue si era data per valutare lo status Mes alla Cina. Inoltre - è la tesi italiana - il rapporto macroeconomico della Commissione che dovrà certificare la presenza delle distorsioni va giuridicamente rafforzato, per non lasciare margini di discrezionalità. Questo per scongiurare il ribaltamento dell’onere della prova – fino ad oggi a carico dei produttori cinesi - di provare l’esistenza o meno delle distorsioni di mercato. Punti da tempo contestati ma non ancora modificati.
Calenda ricorda l’atteggiamento italiano, votato al massimo supporto alla liberalizzazione del commercio internazionale e agli accordi di libero scambio, sostenendo ad esempio l’approvazione rapida del trattato Ceta con il Canada, anche seguendo una procedura solo “europea” Consiglio-Parlamento Ue. Al tempo stesso, il ministero ribadisce «massima intransigenza nella difesa da comportamenti commerciali scorretti nella convinzione che il commercio, per essere motore di crescita, deve essere equo e rispettoso delle regole». Anche per questo l’Italia non vuole cedere terreno sulla proposta sull’antidumping, perché «è debole, di difficile implementazione e rischia di lasciare l’industria europea indifesa verso i comportamenti scorretti».
Non sarà una partita facile, anche perché servirà la maggioranza qualificata. L’Italia al momento può contare sull’appoggio di Spagna, Bulgaria, Grecia, Polonia, Spagna, ma non dei big Germania e Francia. Gli industriali appoggiano con forza la strategia del governo.
«Il ministro Calenda - dice Ferrarini - ha tracciato una linea invalicabile che segna il confine tra la libera concorrenza e l’illecito. Lo ha fatto con coerenza e con coraggio, anche a rischio di rimanere isolato in un’Europa dove quasi più nessuno sa tenere la schiena dritta e trovando, per fortuna, consenso in altri paesi membri. Confindustria è schierata come un sol’uomo su quella linea e la sosterrà fino alle estreme conseguenze». Ferrarini osserva che sulla stessa frequenza si starebbe muovendo anche il Parlamento europeo con la proposta di relazione dell’italiano Salvatore Cicu. «Che si tratti della Commissione, di Businesseurope, o di alcune Confindustrie europee che fanno ancora finta di non capire - aggiunge Ferrarini - l’industria italiana non cederà di un millimetro e faremo l'impossibile, ovviamente nel rispetto della legalità e del nostro ruolo istituzionale, per tutelare le nostre produzioni da pratiche commerciali sleali come il dumping».
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