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La space economy è in pieno sviluppo, i numeri che si fanno sono tanti ma c'è un buon accordo sul fatto che oggi valga oltre 370 miliardi di dollari, ma entro il 2040 possa arrivare al trilione, quindi una crescita molto spinta. E l'Italia è in buona posizione.
In situazioni come queste, favorevoli ovviamente, si rischia di perdere di vista di cosa si parla e che il punto principale del lavoro di tutte le attività che si riferiscono a questo campo, dall'esplorazione dello spazio stesso al suo utilizzo devono essere finalizzate alla creazione di valore per noi esseri umani.
È questo il punto di partenza di uno studio di settore ben articolato, che forse mancava in Italia, svolto da Intesa Sanpaolo, primo gruppo bancario italiano e quarto a livello europeo.
«Lo abbiamo fatto perché siamo molto interessati a tutti i settori innovativi, che in futuro potrebbero veramente fare la differenza e dare risultati importanti», dice Gregorio De Felice, capo economista di Intesa Sanpaolo, che ricorda anche come ci sia un interesse simile verso altri campi in questo momento, come l'intelligenza artificiale, che sempre più pervade e assiste le nostre vite, o il machine learning.
Certamente la space economy è passata negli ultimi anni dall'essere un settore sostanzialmente supportato dalle Agenzie statali, civili o militari, a un sistema misto che chiamiamo oggi new space economy, con l'apporto di grandi player privati, come SpaceX di Elon Musk o Blue Origin di Jeff Bezos. fondatore di Amazon, senza dimenticare una miriade di compagnie di dimensioni minori ma comunque interessanti. Certamente il fulcro delle attività sta in questo momento negli Stati Uniti, dove si investe decisamente di più fra privato, venture capital e Agenzie.
Ai campi tipici dello spazio, come le telecomunicazioni o l'osservazione della Terra, si sono aggiunti tanti servizi a valore aggiunto, per l'agricoltura, la sorveglianza del territorio, il follow up della movimentazione di persone, mezzi e merci su aria, mare e terra e la lista sarebbe lunga.
La catena del valore è complessa, dall’upstream che vede lanciatori portare in orbita satelliti di ogni tipo, al downstream che vede in posizione predominante oggi le telecomunicazioni, ma che certamente si andrà popolando di applicazioni per la elaborazione dei dati trasmessi dai satelliti.
Tanti ambiti di applicazione, nuove opportunità che oggi siamo solo in parte in grado di prevedere, nuovi campi di sfruttamento di risorse anche extraterrestri, come per la Luna e gli asteroidi, anche parecchi rischi certamente.
È quello che ribadisce anche De Felice: «Vediamo moltissime opportunità, ovviamente anche rischi, e cerchiamo di capire l’evoluzione». È questo lo sforzo originale, condensato in una analisi dettagliata che ha permesso a Intesa Sanpaolo di capire come si posiziona l'Italia in questo mondo articolato.
«L’Italia può vantare un buon posizionamento competitivo, anche se distante da quello statunitense: siamo i quarti esportatori nella space economy, l’Italia ha una quota di mercato del 3% del commercio internazionale, ma in questo p articolare mercato sale al 6,9 per cento», e sono numeri importanti specie se consideriamo che, nella space economy, siamo il quinto Paese più innovatore, con un 4,1% di brevetti, contro un magro undicesimo posto che raggiungiamo invece nel complesso di tutti i settori.
Il rapporto include anche un inedito censimento di 286 piccole imprese che operano nella filiera dello spazio; in molti casi aziende giovani e con fatturato inferiore ai due milioni, ma estremamente dinamiche.
Naturale che al momento si privilegi il mercato statunitense e le piccole imprese italiane che hanno rapporti con Nasa, ad esempio. Certo siamo agli inizi, ma Intesa Sanpaolo, anche attraverso il suo Innovation Center e con l’ausilio della società controllata di venture capital Neva Sgr, può fornire alle startup percorsi di crescita su cinque piazze strategiche – Israele, Dubai, Hong Kong, Londra, New York – e finanziamenti, grazie alla sua rete di relazioni globali, organizza poi momenti di incontro con potenziali investitori internazionali.
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