Industrie in transizione

L’Italia mette al bando le pellicce: allevamenti chiusi dal 1 gennaio

La decisione segue una tendenza condivisa da sempre più Paesi e dall’industria della moda. Il presidente dell’Associazione Italiana Pellicceria: «Cancellato un pezzo di made in Italy che garantisce qualità e benessere degli animali, si apre a produzioni non certificate né tracciabili»

di Chiara Beghelli

4' di lettura

Con il nuovo anno in Italia non si produrranno più pellicce: è questa la decisione presa dalla Commissione Bilancio del Senato, che ha approvato l'emendamento alla Legge di Bilancio 2022: saranno così chiusi gli ultimi cinque allevamenti di visone ancora presenti in Lombardia, Emilia-Romagna e Abruzzo, dove sono presenti circa 7mila animali. L’attività degli allevamenti era stata sospesa già da novembre del 2020 e prorogata fino al 31 dicembre di quest’anno per prevenire la diffusione del Covid dopo le segnalazioni di casi di contagio fra gli animali, a partire dai primi focolai in Danimarca.

La vittoria delle associazioni animaliste

La decisione è vista come una piena vittoria anche da Peta, associazione che ha fatto dell’eliminazione delle pellicce uno dei suoi obiettivi più importanti: «Grazie mille al Parlamento italiano per aver riconosciuto che la pelliccia appartiene agli animali che la indossano dalla nascita e per aver inaugurato una nuova era, quella in cui i visoni non saranno più ingabbiati, torturati e uccisi col gas in nome della moda - ha detto Mimi Bekhechi, vicepresidente dei programmi internazionali di Peta -. E con i più grandi nomi della moda italiana – Armani, Versace Valentino e Gucci – ora senza pellicce, è chiaro che l’industria è davvero morta e defunta».

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L’Aip: «Così si cancella una tradizione secolare e di qualità»

Ben diversa la reazione dell’Associazione Italiana Pellicceria, che esprime un profondo rammarico: «Questo voto cancella un pezzo di made in Italy e un intero settore produttivo – ha dichiarato Roberto Tadini, presidente di Aip -, in un momento storico che vede una pandemia in corso e una nazione nuovamente provata dalla permanenza del virus. Gli allevamenti di visoni italiani sono un'attività legittima, regolamentata, certificata, controllata. Garantiscono una produzione di qualità, sono ispezionati da revisori autonomi e seguono il protocollo WelFur per il benessere degli animali in allevamento, il sistema riconosciuto dalla Commissione Europea e inserito nella banca dati sull’autoregolamentazione (attivo da due anni, ndr)».

La mappa della legislazione riguardante gli allevamenti di animali da pelliccia in Europa (fonte: Fur Free Alliance)

L’Associazione rivolge un appello al presidente del Consiglio Mario Draghi: «Riteniamo che con questo gesto sia stato bandito un pezzo di storia di questo Paese. Il nostro appello va al presidente Draghi e al suo senso di responsabilità per rivedere quella che a nostro parere è stata un'operazione ideologica inserita in una legge senza avere alcun legame con necessità di bilancio di Stato. L'allevamento di visoni in Italia è un segmento economico piccolo, ma è un'eccellenza nel mondo. Appartiene a una tradizione e a una cultura rurale di secolare memoria. Siamo colpiti e amareggiati. Il nostro grazie va alle forze politiche e ai Senatori che hanno provato ad opporsi a questo “esproprio” ingiustificato».

«Anche durante la chiusura imposta dalla pandemia gli allevatori hanno continuato a prendersi cura degli animali, facendo loro anche tamponi, e arrivando a investire i loro risparmi, e in certi casi anche a indebitarsi, per proseguire la loro attività. I nostri allevamenti sono i migliori d’Europa, e gli allevatori si sono sempre dedicati anima e corpo al loro miglioramento. Per questo per noi ora è come ricevere un pugno in faccia».

Ora strada aperta per le pellicce cinesi. I risarcimenti sono «ridicoli»

C’è anche un altro aspetto da considerare: la chiusura degli allevamenti italiani, tracciabili e certificati, lascerà campo libero alle pellicce provenienti da Paesi privi di protocolli, come la Cina: «È importante che i consumatori siano consapevoli di questo. Si è deciso per pure questioni ideologiche di chiudere un settore in cui l’Italia era un’eccellenza, la nostra produzione è limitata proprio perché abbiamo sempre puntato sulla sua qualità».

Un altro aspetto che ha colpito negativamente il settore è la modalità di approvazione di questo provvedimento: «Qual è il senso di inserire una disposizione come questa nella Legge di bilancio? Sarebbe stato opportuno un confronto con le parti, un ascolto delle nostre ragioni. Ma purtroppo non si è verificato nulla di tutto ciò. E i risarcimenti stanziati sono ridicoli».

I provvedimenti di sostegno alle imprese in chiusura

In Italia lo smantellamento degli allevamenti di visoni ancora in attività dovrà essere completato entro il 30 giugno 2022. Per le aziende sono previsti indennizzi, in proporzione al numero di animali presenti, un contributo del 30% del fatturato registrato nell'ultimo ciclo produttivo, un contributo massimo di 10mila euro a fondo perduto per poter sostenere le spese di demolizione dei fabbricati e degli impianti o di quelle per ristrutturare e riconvertire gli allevamenti in impianti di diversa attività agricola. In questo senso, gli allevamenti potranno usufruire di un fondo di 3 milioni di euro stanziati dal Next Generation EU-Italia per l'avvio di impianti agri-voltaici e parchi agrisolari.

Una tendenza sempre più condivisa nella moda

Con la decisione della chiusura degli allevamenti l’Italia si allinea ad altri Paesi, da buona parte dell’Europa a Israele, mentre la California ha dichiarato di voler diventare fur-free a partire dal 2023. Una tendenza sempre più condivisa anche nell’industria della moda: a settembre Kering ha annunciato di voler eliminare le pellicce naturali dai prodotti di tutti i suoi marchi, con il presidente che ha spiegato la decisione come un adattamento a una nuova sensibilità verso gli animali («Il mondo è cambiato, insieme ai nostri clienti, e il settore del lusso deve adattarsi in modo naturale»). Alle pellicce hanno rinunciato negli ultimi anni anche marchi come Giorgio Armani, Prada, Micheal Kors, Burberry, e il gruppo statunitense di department store Neiman Marcus ha stabilito che non ne venderà più a partire dal 2023. All’inizio del mese il magazine Elle ha dichiarato di non voler più pubblicare immagini e notizie di prodotti con pelliccia.


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