Opinioni

L’Italia organizzi con urgenza un piano per la distribuzione dei vaccini anti-Covid

Il vaccino è in arrivo, ma perché ponga fine alla pandemia e alla crisi economica occorrerà distribuirlo presto e bene. E non sarà affatto facile

di Veronica Vecchi, Giuditta Callea, e Niccolò Cusumano

(REUTERS)

4' di lettura

Nei prossimi mesi, auspicabilmente, saranno immessi sul mercato i vaccini anti Covid-19. Allo stato attuale sono undici i vaccini in cosiddetta “fase III”, ovvero nella fase sperimentale avanzata attraverso la conduzione di studi clinici controllati randomizzati, di cui tre inseriti nel fast track dell'Agenzia Europea del Farmaco (EMA). Il primo ad aver avviato il processo con EMA è quello di Oxford-AstraZeneca in partnership con l'azienda italiana Advent-Irbm di Pomezia, da cui l'Europa ha pre-acquistato 300 milioni di dosi e opzionate altre 100 milioni, compresi i 70 milioni di dosi destinate all'Italia, che dovrebbero arrivare entro giugno 2021.

Simili accordi sono in corso di definizione con altri produttori, tra cui Pfizer-BioNTech e Moderna, anch'essi nel fast track dell'EMA. Nei mesi scorsi, Commissione Europea ed EMA, in coordinamento con le altre Agenzie internazionali del farmaco, hanno lavorato per assicurare disponibilità del vaccino in tempi rapidi. Ora tocca agli Stati Membri farsi trovare pronti.

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L'esperienza dei dispositivi di protezione individuale e dei ventilatori polmonari nei primi mesi della pandemia ha insegnato come sia necessario garantire una risposta coordinata, non solo a livello internazionale, ma anche nazionale e locale per assicurare una risposta efficace. Assicurare il vaccino a tutta la popolazione italiana in tempi certi richiede che sia messo a punto al più presto un piano vaccinale e di stoccaggio e distribuzione che veda coinvolte le migliori competenze di cui il Paese è dotato, ma anche e soprattutto una forte collaborazione pubblico-privato. Un tema critico da affrontare è la logistica di un prodotto dalle caratteristiche innovative che richiede la capacità di mantenimento della catena del freddo, anche a bassissime temperature (fino a -70°C/-80°C) lungo tutta la filiera distributiva.

Assoram, l'Associazione nazionale degli Operatori Commerciali e Logistici della distribuzione primaria dei prodotti farmaceutici ad uso umano e veterinario, ha già sollecitato un confronto con il Governo e con il Commissario Straordinario per l'Emergenza Covid-19, richiedendo la condivisione di dati su tipologie vaccinali, temperature di gestione, canali di distribuzione, fasi distributive e quantitativi previsti, per mettere gli operatori di mercato nelle condizioni di pianificare le attività e realizzare gli investimenti necessari.

Oltre al tema logistico, un secondo elemento di preoccupazione, viste anche le difficoltà riscontrate in alcune regioni nella gestione dei test diagnostici e dei relativi costi sociali generati sui cittadini (la non informazione, l'incertezza sulle modalità, i tempi lunghi di produzione degli esiti), è la fase di somministrazione. La Germania ha già previsto l'attivazione di 60 centri di vaccinazione sul territorio, ed entro il 10 di novembre i 16 stati federali tedeschi dovranno comunicare al ministero della salute l'elenco dei centri, che potrebbero presentare caratteristiche differenti in base alla tipologia della popolazione.

Data la necessità di assicurare il vaccino a tutta la popolazione italiana con un servizio rapido, efficiente e snello nonostante le diversità territoriali e vista la necessità di programmare le modalità dell'eventuale richiamo, in funzione della risposta immunitaria, è fondamentale l'attivazione di una rete adeguata, valutando ab origine, con una analisi del rischio e dei possibili colli di bottiglia, le diverse soluzioni (ospedali e centri medici specializzati esistenti, poli fieristici riconvertiti, studi medici di medicina generale e di pediatria di libera scelta, farmacie convenzionate). Questa partita non rappresenta solo una sfida di tipo sanitario, ma può diventare un volàno di sviluppo economico per ridefinire le logiche competitive di un paese come l'Italia, partendo, ad esempio dalla distribuzione del vaccino.

A livello internazionale, è scattata la corsa dei player della logistica, come DHL, a individuare soluzioni per assicurare la distribuzione del vaccino nei Paesi emergenti, dove la penetrazione logistica è complessa, specialmente per prodotti che richiedono il rispetto di parametri termici peculiari. La posizione strategica dell'Italia nel bacino del Mediterraneo fa del nostro paese un hub naturale. Ma questo richiede la rapida definizione di piani di sviluppo e la partecipazione attiva a network internazionali, sia istituzionali sia di mercato. Per cogliere questa opportunità, la cui rilevanza non può essere trascurata, è necessario un approccio bicefalo da parte del Governo: la programmazione sanitaria, unita alle strategie di procurement, dovrebbero non solo soddisfare i fabbisogni sanitari, ma consentire anche al mercato di investire, crescere e innovare.

Considerando il peso della sanità sul PIL (8,8% nel nostro paese), questo approccio dovrebbe diventare strutturale, al di là della crisi contingente. Nel 2018, il sistema sanitario nazionale ha speso in beni e servizi non sanitari circa 36,4 miliardi di euro, a cui si aggiungono 3,4 miliardi di euro di investimenti. Un pezzo di spesa pubblica importante che non solo deve essere gestita in modo efficiente, ma dovrebbe stimolare la capacità di innovazione da parte degli operatori di mercato per dare risposte, efficienti ed efficaci, a fabbisogni sempre più granulari e complessi dei cittadini, favorendo, al contempo, anche sviluppo economico e occupazionale attraverso effetti diretti, indiretti e moltiplicativi.

Durante la prima ondata di emergenza sanitaria abbiamo assistito alla nascita delle cosiddette “hastily–generated partnership”, forme di collaborazione tra istituzioni pubbliche e operatori di mercato, per trovare risposte rapide alla pandemia dilagante. Questa seconda fase, per certi versi, presenta complessità maggiori. La crisi sanitaria si innesta in un quadro economico e sociale fortemente deteriorato che richiede ancora più collaborazione pubblico-privato, non più in modo paternalistico ed estemporaneo, ma con un approccio strutturato e di medio-lungo termine. Si tratta di un disegno ambizioso, per cui potrebbero essere impiegate le risorse di Next Generation EU. Condizione essenziale è, però, una leadership politica che sappia mobilitare le migliori competenze, per trovare soluzioni e stimolare l'imprenditorialità privata, garantendo una ripresa economica sostenibile e resiliente.

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