L’Italia si fa spazio nella nuova Space economy: Expoforum europeo a Roma
di Leopoldo Benacchio
4' di lettura
Della new Space Economy si è parlato parecchio nell'ultimo anno e ora si profila la possibilità, per il nostro Paese come per l'Europa, di giocare un ruolo fondamentale nello sviluppo di questo settore. La posta in gioco però non è solo limitata al settore spazio strettamente detto, ma può coinvolgere altri ambienti, a patto che ci si confronti, si faccia networking come si dice oggi. Le idee buone, nello Spazio e attorno, valgono.
Che il settore stia bene continua a dimostrarlo Elon Musk, con la sua SpaceX, la prima compagnia privata spaziale americana che ha cambiato le regole del gioco, rivoltando il settore come un calzino. Nei giorni scorsi ha infatti annunciato, a sorpresa come sempre, la produzione di un nuovo importante razzo vettore, lo Starship Mk1, che andrà fra i pianeti portando la bellezza di 150 tonnellate di materiale e uomini. Nessun altro progetto di SpaceX verrà interrotto per questa nuova, simpaticamente temeraria avventura di Musk, che porterà alla produzione del vettore più potente di sempre, anche del glorioso e formidabile Saturno V di Von Braun che ci portò sulla Luna.
Per il 2020 il razzo potrebbe essere pronto almeno per i test iniziali, come sempre Musk è più che ottimista, qualcuno dice quasi fanfarone, ma comunque vada è un bellissimo esempio di come la new Space Economy giochi duro nei confronti del sistema stabilito nello spazio fino a pochissimi anni fa: grandi industrie che prendono commesse dello Stato per sviluppare tecnologie, grandi missioni e creare posti di lavoro.
Industria italiana in prima fila
Intendiamoci: la “vecchia” Space Economy va riverita, ha creato la conoscenza e il sapere che ora la “nuova” sfrutta gratuitamente, comunque il cambiamento è avvenuto. Mentre il grande razzo Sls, Space Launch System, della Nasa è in costruzione dal 2011 ed è costato 14 miliardi finora, SpaceShip Mk1 prenderà solo il 5% del budget complessivo dell'industria di Elon Musk. Tanto di meno.
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Per l'Italia, sesta potenza spaziale, il settore è importante: 7mila addetti, tutti di elevata preparazione, oltre 600 imprese, dalle più piccole alle più grandi e importanti, come Thales Alenia Space, Telespazio e Avio. Il settore si quota nel nostro Paese con circa 2,2 miliardi l’anno, per più della metà dovuti all' export, risultato dovuto alla capacità di competere a livello internazionale. Importante sottolineare che il nostro Paese ha la catena di valore completa dello Spazio, dal lancio alla costruzione di satelliti e strumentazione importante, alla parte scienza e tecnologia, grazie a università ed enti di ricerca e infine nel trattamento dei dati da satellite, campo quest'ultimo che sta praticamente esplodendo in tutto il mondo.
Nell’Agenzia spaziale europea, Esa, siamo presenti come terzi contribuenti, anche se i due più importanti stati membri sono sempre Francia e Germania. Le cose però stanno forse cambiando, per quanto abbiamo detto, e chi per primo avrà idee innovative, per hardware e software, e troverà finanziatori probabilmente vincerà in quella che potrebbe essere la nuova esplosione tecnologica e industriale. Se è tutto vero quel che dicono alcuni analisti importanti, come Morgan Stanley, la situazione somiglia in qualche modo agli anni 2000 con l'esplosione del “tecnologico”.
Allora ci fu una bolla speculativa che esplose malamente lasciando parecchi per terra, ma è anche vero che le buone idee non solo hanno resistito ma hanno amplificato un settore a livelli impensabili la propria presenza i famosi “unicorni”: Google, Apple, Amazon e altri.
Flessibilità da nanosatelliti
Idee, investimento iniziale modesto, ma tempismo perfetto, hanno dato risultati eccezionali. Qualche esempio si vede già con i nanosatelliti di Planet, piccola società formata nel 2011 da sette studenti post-doc di Nasa, che ha coraggiosamente imboccato la strada dei piccolissimi satelliti, da 3 litri di volume, lanciabili tramite l'altra società, Nanoracks, dalla Stazione spaziale internazionale. Costano poco e fanno molto, possono sorvegliare continuamente il territorio e dare informazioni fondamentali sulla geografia, sulle scorte strategiche dei vari Stati e in tantissime altre applicazioni. Finora ne hanno lanciati 350 e già il numero e il fatto che funzionino bene la dice lunga.
Su questi temi a Roma, in dicembre (dal 10 al 12 dicembre alla Fiera di Roma) - dopo che la riunione dei ministri europei competenti per lo Spazio sarà finita e i 16 miliardi sul tavolo saranno stati spartiti -, si terrà un convegno organizzato e supportato da Fondazione Amaldi, Esa, Asi e Fiera di Roma, che partecipa come organizzazione e anche supporto.
«Quel che si vuole fare - spiega Roberto Battiston, Fondazione Amaldi, a capo del comitato scientifico del Convegno - è mettere insieme per tre giorni investitori, attori del settore ma anche di altri che potrebbero avere interesse a formare squadra con il settore Spazio”».
Fare networking insomma mescolando ambienti diversi perché solo in questo modo si può pensare di avere idee e soprattutto prodotti nuovi. Cartografia, gestione emergenze, farmaceutica, agraria, la lista delle possibili applicazioni è lunga. Alcuni dettagli sono interessanti, come per esempio l'iscrizione agli studenti del settore, portata a un prezzo simbolico di pochi euro: i giovani interessati che lo seguiranno pagando il prezzo di una pizza potranno sentire parlare gente di primo livello, dal vice presidente di SpaceX al responsabile della Fiat Chrysler al responsabile del sistema di geo posizionamento Galileo. Un buon modo, semplice, di fare largo ai giovani.
«L'Italia ha un'opportunità da cogliere per conservare e migliorare il proprio ruolo internazionale, le capacità e competenze non mancano, dobbiamo sfruttare il momento e con il Convegno abbiamo voluto dare lo strumento adatto», conclude Battiston
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