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Unaprol: scatta l’allarme su olio d’oliva e miscele low cost

L’associazione di produttori Unaprol denuncia la diffusione di prodotti ottenuti dalla miscelazione tra olio d’oliva e altri oli: serve chiarezza in etichetta e sugli scaffali

di Giorgio dell'Orefice

Dalla Monini lo Zefferino d'oro per incentivare chi produce olio

3' di lettura

Un faro sulle vendite di olio d’oliva e soprattutto sui prodotti cosiddetti sostitutivi. Il “buco” produttivo della Spagna, principale fornitore mondiale di olio d’oliva, che in un anno (a causa della siccità) è passata da una produzione di 1,4 milioni di tonnellate a 663mila facendo letteralmente esplodere i prezzi dell’olio extravergine sui mercati adesso apre il fianco a nuove minacce.

L’allarme di Unaprol sulle miscele low cost

A denuncialo è Unaprol, principale associazione italiana di produttori olivicoli che ha chiesto che venga acceso un faro sui “condimenti”, una nuova categoria di prodotti a basso costi e piazzati sugli scaffali frutto della miscelazione tra olio d’oliva e olio di semi o altri oli vegetali.

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Il presidente dell’Unaprol, David Granieri ha girato questi interrogativi con una lettera all’Ispettorato centrale per il controllo della qualità e la Repressione delle frodi e alla Direzione generale della prevenzione e del contrasto alle frodi alimentari del ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare.
Con la propria lettera il presidente dell’Unaprol ha chiesto, in particolare, quali siano i metodi analitici previsti per l’analisi di congruità di tali condimenti rispetto a quanto dichiarato in etichetta e l’indicazione precisa di che percentuale di olio extravergine d’oliva è contenuto nei prodotti per dare la possibilità ai consumatori di scegliere consapevolmente.

Serve chiarezza sulle etichette dei condimenti

«L’olio extravergine d’oliva – ha commentato Granieri – per tanti anni è stato ingiustamente oggetto di sottocosto o primo prezzo e adesso, finalmente, anche grazie alla congiuntura internazionale che si è creata, non può più essere così. Per questo motivo è stato sdoganato sugli scaffali della grande distribuzione questo blend composto da percentuali residuali di olio d’oliva con altri oli vegetali, il “condimento”, per cercare di trovare una commodity in grado di attirare l’attenzione dei consumatori ma questo tentativo, senza regolamentazione e controlli, rischia di risultare ingannevole che per chi acquista».

L’Icqrf – hanno spiegato all’Unaprol – ha già chiarito che questo prodotto deve essere posizionato su scaffali appositi ben distinti dall’extravergine, «ma è assolutamente necessario un intervento sulla norma per l’etichettatura – ha aggiunto Granieri – per garantire trasparenza ai consumatori, oltre che la giusta competizione. Ciò che non è verificabile, a nostro parere, non può essere dichiarato e, quindi, non può competere sul mercato alle condizioni attuali».

Consumi di olio in calo da anni in Italia

I dati sui consumi pro capite annui continuano a dare segnali negativi da anni, con l’Italia che si ferma a poco più di 7,1kg di olio d’oliva per persona, molto distante dagli 11,4 kg pro capite della Spagna e dai 10,3 kg pro capite della Grecia, in netto ribasso rispetto ai consumi dei primi anni 2000 che viaggiavano intorno ai 12 kg pro capite.

Nei primi sei mesi di quest’anno nella grande distribuzione italiana le vendite di extravergine sono calate del 9% con punte dell’11% per l’olio d’oliva. E un trend analogo lo si sta registrando a livello Ue.

La stagione dei grandi rincari è vissuta dal mondo produttivo anche come un’opportunità visto che sono crollate le vendite in promozione di extravergine nei supermercati da anni vero tallone d’Achille per i produttori che tra sconti e sottocosto vedono ridursi al limite i propri margini di guadagno.

«È finalmente finita l’epoca dell’olio di qualità sotto costo – ha concluso Granieri – ed è necessario sfruttare questo momento, attraverso opportune campagne di comunicazione e informazione, per far capire quanto sia importante consumare un olio extravergine d’oliva di qualità e quanto sia corretto pagarlo al giusto prezzo, che è quello attuale, per consentire a tutti i protagonisti della filiera di continuare a lavorare con efficacia e serenità per mantenere alta la bandiera della qualità italiana nel mondo».


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