L’ombra lunga di Google sul digital travel
Secondo il Politecnico di Milano avanzano anche gli attori tradizionali e la vendita online di pacchetti cresce del 17%. In sofferenza le Ota
di Alessia Maccaferri
4' di lettura
Pace fatta. Dopo anni di tensioni, il 2019 è stato l’anno in cui ecommerce e canali distributivi tradizionali hanno raggiunto un nuovo equilibrio. Il mercato digital travel in Italia ha toccato nel 2019 i 15,5 miliardi, in aumento del 9% sul 2018. «Il mercato cresce anche grazie agli attori “tradizionali”: l’82% delle agenzie di viaggio ha un fatturato in crescita. I tour operator sono cresciuti in media del 7% e la vendita online di pacchetti di viaggio e tour del 17%», si legge nel report del Polimi.
Il valore dell’ecommerce
Secondo i dati dell’Osservatorio Innovazione digitale nel turismo del Politecnico di Milano - che sarà presentato il 28 gennaio - dei 15,5 miliardi i trasporti sono la categoria principale, seguiti dalle strutture ricettive e da pacchetti e tour. Il canale diretto - ovvero le prenotazioni effettuate direttamente sul sito del fornitore - restano maggioritarie: il 49% delle prenotazioni per le strutture alberghiere vengono effettuate dal cliente finale direttamente (21% tramite mail, il 18% al telefono o al banco, 10 su sito, app e social network). La quota di mercato delle Ota (online travel agency) e dei vari siti aggregatori è stabile al 32%, sebbene il transato derivante dai canali indiretti sia cresciuto del 10 per cento. Questa crescita è dovuta principalmente a un aumento dell’offerta, soprattutto di ricettività extra-alberghiera. A trainare la componente indiretta, infatti, sono le piattaforme peer to peer nate per facilitare l’affitto e la condivisione di alloggio tra privati. Questo business vale oggi un terzo della componente di mercato digitale relativa agli alloggi.
L’ombra lunga di Google
Se fino a qualche anno fa nel turismo il dito era puntato contro le Ota– accusate di erodere - complice la crisi- quote di mercato, ora l’asso pigliatutto sembra Google. Da tempo è annunciata la discesa massiccia del gigante di Mountain View nel settore. Pochi giorni fa Big G ha rilasciato nuove funzionalità nella sezione travel con soluzioni sempre più personalizzate per scegliere, pianificare e organizzare i viaggi, utilizzando anche il profilo Google dell’utente, le ricerche sulla piattaforma, le preferenze e i luoghi già visitati. L’algoritmo super intelligente è in grado non solo di dare risposte personalizzate in base a una richiesta ma anche di suggerire future destinazioni di viaggi.
«Di fatto nel 75% dei casi il turista avvia la ricerca su Google - commenta Eleonora Lorenzini, direttrice dell’Osservatorio del Politecnico - Ora le Ota stanno investendo nel marketing per migliorare la brand awarness in modo che il cliente si rivolga direttamente a loro. Inoltre devono investire per essere nei primi risultati del motore di ricerca. Questo nel lungo periodo rischia di erodere i margini». I numeri chiariscono le proporzioni: secondo Stephen McBride, chief analyst di RiskHedge, il sito di viaggi di Google porta più fatturato di ogni altro. Big G avrebbe incassato 18 miliardi di dollari dalle Ota nel 2018, di più del fatturato dell’agenzia maggiore Booking.com che vale 14,5 miliardi.
Digitale e fisico
Già dall’analisi dell’anno scorso, il Politecnico aveva evidenziato come il digitale e il fisico si stessero integrando, anche sulla frontiera dell’intelligenza artificale. Ora è il tema chiave del settore: se ne parlerà anche il mese prossimo a Firenze (12-13 febbraio) nell’ambito della Bto2020 dove il fil rouge di quest’anno sarà l’analisi del passaggio tra online e onlife, tra macchine e umani, riprendendo l’Onlife Manifesto di Luciano Floridi. «Quella tra reale e digitale deve diventare un’alleanza - conclude l’Osservatorio del Politecnico di Milano - Il digitale (attraverso i suoi touch poin t, strumenti e linguaggi) in alcuni casi diventa fattore abilitante per migliorare i propri processi anche per chi ha costruito il proprio brand sul retail fisico».
La relazione con il cliente
Il buon momento del retail fisico è in parte anche il frutto di una più attenta gestione della relazione con il cliente, anche in digitale. Per migliorare la conoscenza dei propri clienti, la quasi totalità delle agenzie (94%) raccoglie informazioni su di essi in digitale: non solo informazioni di contatto o anagrafiche (rispettivamente per il 91% e l’89%), ma anche dati sullo storico d’acquisto per meglio comprenderne i comportamenti (56%). Passa, inoltre, dal 31% rilevato nel 2017 al 47% la percentuale di agenzie che utilizza software di customer relationship management (Crm) o meno sofisticati strumenti per gestire ed estrarre informazioni utili dai dati raccolti ed essere quindi in grado di proporre l’offerta giusta, al momento giusto e attraverso il canale più appropriato.
I dati delle strutture ricettive
Il 77% delle strutture ricettive raccoglie dati di vario tipo ma nella maggior parte dei casi si tratta di dati relativi all’anagrafica del cliente (69%) o di contatto (59%), mentre sono ancora poche le strutture che raccolgono informazioni sul comportamento d’acquisto per profilare i clienti (35%). Circa una struttura su tre utilizza quanto raccolto per contattare i clienti e offrire loro servizi aggiuntivi (per esempio, accesso all’area benessere) o esperienze (come attività culturali) prima della partenza o durante il soggiorno. Solo una struttura su cinque, inoltre, coltiva la relazione anche nel post viaggio, ricontattando i clienti, ma più per chiedere feedback (62%) che per offrire promozioni (33%) o un nuovo soggiorno (16%).
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