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L’ospitalità personalizzata potrà recuperare il -66% nelle transazioni

Secondo Jll’s Hotels la crisi alberghiera dovuta al Covid non è paragonabile a quella del 2007-2008, che aveva bruciato l’88% del mercato real estate. La ripresa sarà un boom, ma solo per chi punta su innovazione, sostenibilità, tecnologia e offerta taylor made. In un convegno Arel il punto della situazione

di Evelina Marchesini

5' di lettura

Un settore colpito al cuore dal Covid ma pronto a reagire. Anzi, quello dell'hotellerie si rivelerà probabilmente uno dei comparti immobiliari più resilienti e reattivi non appena ci si riprenderà dal grande shock pandemico, a cominciare dall'Italia. I numeri sono pesanti, ma ecco qui la ricetta: dosi ben misurate di innovazione, tecnologia, personalizzazione e sostenibilità possono rilanciare esponenzialmente il comparto alberghiero del nostro Paese.

Ne hanno parlato alcuni dei protagonisti del settore durante il recentissimo convegno dal titolo “Tailor-made hospitality: investimenti e innovazione - Il mercato degli investimenti alberghieri alla luce delle recenti nuove sfide”. L'evento, organizzato congiuntamente da Arel ( Associazione Real Estate Ladies) e Newh (The Hospitality Industry Network), che è stato moderato da Magda Antonioli Corigliano, professore di Macroeconomia ed economia del turismo dell'Università Bocconi, ha esaminato le varie sfaccettature della grave crisi che stiamo vivendo e di come uscirne.

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Un colpo duro. «Oggi ci troviamo in una situazione che ha pochi precedenti storici. Posso pensare alla peste bubbonica nel Medioevo, ma l'unico raffronto fattibile sulla base di cifre è quello con la crisi finanziaria del 2007-2008 _ ha spiegato, con dati nuovi alla mano, Roberto Galano, vice-president di Jll Hotels _. Nel 2007 si registrò il picco degli investimenti alberghieri con 90 miliardi di dollari, mentre a seguito della crisi, il volume crollò del 72% nel 2008 e dell'88% nel 2009, rispetto al picco. Dalla ripresa in poi il mercato è andato riprendendosi, fino al nuovo picco del 2015, con 87 miliardi di dollari. Negli ultimi quattro anni gli investimenti, sempre a livello globale, si sono attestati intorno ai 70 miliardi di dollari».

Galano continua la ricostruzione della situazione del mercato alberghiero mondiale con importanti dettagli. A livello di macro regioni le Americhe sono quelle che rappresentano circa il 50% del volume complessivo, Emea (Europa-Middle East e Africa) il 36% e il restante 14% è nell'area Asia-Pacifico. L'area Emea è interessante, secondo Galano, in quanto destinataria del 50% delle transazioni provenienti dalle “altre regioni”.

Il 2020. Cosa sta avvenendo nel 2020? Come prevedibile il volume delle transazioni è sceso significativamente, del 66% rispetto al 2019, un po' meno rispetto al crollo della crisi finanziaria. Ma con quali differenze rispetto al 2007? «Allora la crisi aveva origini finanziarie _ dice _ mentre quella di oggi è principalmente sanitaria, per cui la ripresa degli investimenti dovrebbe manifestarsi più rapidamente rispetto all'altro ciclo. La liquidità a disposizione degli investimenti oggi poi è notevole, a differenza di quanto accadde, anche in seguito alla stretta creditizia, nel 2007».

In Italia nel 2019 si sono registrate 3,3 miliardi di euro di transazioni alberghiere, a fronte di 23,2 miliardi in Europa e il nostro Paese rappresenta in media il 5% delle transazioni europee nell'ultimo decennio, percentuale però ampiamente superata, con il 14%, nel 2019. E anche in questo difficile 2020 la percentuale è del 10% confermando che l'Italia resta una piazza interessante. Il buono stato di salute di base dell'hotellerie è anche rappresentato dal fatto che nel 2018 questa rappresentava il 27% di tutti gli investimenti real estate in Italia, mentre in Europa ha rappresentato solo l'8%.

Parlando di investitori, va rivelata una forte internazionalizzazione, tanto che oggi quelli esteri rappresentano il 70% del totale in Italia, mentre in passato il settore era dominato da investitori domestici. Un trend interessante è quello degli investitori provenienti dal Medio Oriente che sono stati molto attivi nel cosiddetto settore dei trophy asset, che pesa per circa il 35% del totale degli investimenti alberghieri. Un altro trend da sottolineare è il forte incremento degli investitori istituzionali, che oggi rappresentano il 44% del totale delle transazioni, e che sono sempre più disponibili a investire in questo settore.

Su quali mete vogliono puntare gli investitori guardando all'Italia? Non è una novità che le quattro città trainanti siano Roma, Milano, Firenze e Venezia, che hanno attratto circa il 60% degli investimenti negli ultimi dieci anni. Le quattro mete restano, secondo Galano, ma gli investitori iniziano a cercare alternative.

«Quanto ai rendimenti, i prime yield sono oggi attestati intorno al 4%, forse anche un po' meno per i trophy asset eccezionali: tali rendimenti sono paragonabili al 3% di Londra o al 3,75% di Parigi e si sono sempre più allineati con altri settori immobiliari, come quello degli uffici», specifica Galano.

L'innovazione è la chiave. Due rappresentanti di catene alberghiere, sia nazionale (Sofia Vedani, a.d. di Planetaria Hotels) che internazionale (Maria Pia Intini, direttore investimenti diCitizenM Hotels per l'Europa) hanno sottolineato come l'innovazione e le tecnologie siano oggi fondamentali per attirare la domanda, senza dimenticare il valore immenso dell'accoglienza, personalizzata e volta alla valorizzazione dei bisogni del cliente.

«La nostra catena si colloca nel segmento lifestyle, con un focus sul concetto dell'affordable luxury, dove i temi chiave del nostro brand sono l'interior design, l'arte contemporanea, la tecnologia e l'innovazione _ spiega Maria Pia Intini, direttore investimenti di CitizenM Hotels _. Dal 2008, quando siamo partiti con il primo hotel, abbiamo scardinato quelli che sono i concetti tradizionali dell'hotellerie, come la recepcion, la lobby, il ristorante». Durante la pandemia la catena ha lanciato un'app con cui è possibile fare check in e chekout, chiedere la pulizia delle stanze, regolare la domotica delle camere e così via. Ma ciò che realmente distingue la catena sono due recenti programmi, molto innovativi.

«Abbiamo lanciato due novità, introdotte per migliorare i ricavi e spalmare l'incidenza dei costi fissi: entrambe riguardano un modo alternativo di utilizzare gli spazi comuni. Una è l'Abbonamento Corporate e l'altro Global Passport», spiega Intini. Il primo riguarda sia singoli professionisti sia aziende che hanno bisogno di una base, in diverse città del mondo, per lavorare in smart working: «Con una cifra fissa di 500 euro mensili possono liberamente utilizzare gli spazi comuni dei nostri hotel per lavorare o incontrare persone e vi sono inclusi tre pernottamenti, oltre a una serie di altri servizi», spiega la Intini. Questo vale in qualsiasi dei nostri 21 hotel nel mondo, Londra, Parigi, Shangai, New York, Rotterdam, Copenhagen, Amsterdam, Zurigo, Boston, Washington, Kuala Lumpur, senza distinzione di prezzo.

«Global Passport è per chi vuole lavorare e nello stesso tempo viaggiare nel mondo e offre la possibilità di pernottare per 29 giorni, con almeno sette giorni nella stessa struttura, al prezzo di 1500 euro, il che si pone come una risposta agli affitti brevi delle maggiori città del mondo con il pieno rispetto dei protocolli di sicurezza. «Innovare per noi significa anche essere sempre molto attenti al tema della sostenibilità e quindi ogni volta che costruiamo una nuova struttura puntiamo a una certificazione che riconosca lo stato di green building», aggiunge.

La gestione e gli spazi. «Per innovazione si intende anche una nuova professionalità nella gestione degli asset alberghieri _ ha spiegato Alessandro Belli, head of tourism real estate di Cdp Investimenti Sgr _, così importante che Cdp ha realizzato una scuola volta alla formazione della futura classe di dirigenti delle strutture alberghiere.L'innovazione si vede anche nella progettazione degli spazi, che oggi non sono più codificati fortemente.

«Gli hotel sono luoghi da vivere anche per chi non vi soggiorna, vi si può lavorare, ma anche rilassarsi con un drink o una buona cena _ spiega Daniela Baldo, partner dello studio di architettura Marco Piva, mostrando immagini di edifici osmotici, con servizi pensati per il territorio circostante, ambienti fluidi e vivibili in tutti i momenti della giornata.

Il futuro. Il settore alberghiero, secondo gli addetti ai lavori, ha enormi potenzialità da esprimere, soprattutto in Italia, dove si affermeranno i modelli di business con una precisa idendità legata al nostro Paese, al nostro territorio e all'autenticità. «Io sono molto ottimista e credo che non appena si inizieranno a diffondere i vaccini il settore alberghiero avrà un boom _ conclude Galano _ perché c'è una domanda latente così grande che nel momento in cui si potrà viaggiare di nuovo vedremo molto movimento, sia a livello nazionale sia internazionale. Ll'Italia è nel cuore dei viaggiatori e avrà un ruolo importante in questa ripresa».

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