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L’ossessione delle notifiche ci ruba il tempo (e non solo)

Le persone controllano i propri cellulari in media 150 volte al giorno e li toccano più di 2.600 volte. Così rinunciamo a futuri che non si realizzano.

di Monica D'Ascenzo

3' di lettura

Oltre undici miliardi di notifiche ogni giorno inviate dal sistema operativo Android al suo miliardo di utenti. A queste si aggiungono, poi, le notifiche di mail, dei social network, delle applicazioni che abbiamo scaricato sullo smartphone e di tutta la messaggistica istantanea che scambiamo con conoscenti, colleghi, amici e familiari. Parte da qui, la riflessione da insider di James Williams nel suo Scansatevi dalla luce. Libertà e resistenza digitale (Edizione effequ). Williams, già strategist di Google e filosofo formatosi ad Oxford, guida nella lettura dei nostri comportamenti in relazione ai device, ma soprattutto nell’interpretazione delle regole dell’economia dell’attenzione di cui tutti noi siamo ingranaggi fondamentali.

L’economia dell’attenzione

Se negli ultimi anni si è detto che i dati saranno il petrolio di domani nell’economia globale, Williams sposta lo sguardo altrove: non sulle informazioni che di noi lasciamo in rete nella nostra vita virtuale, quanto piuttosto sul tempo e soprattutto sull’attenzione che ci viene “rubata”.

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L’economia digitale si basa su questo bene, che noi tendiamo a donare gratuitamente credendo in qualche modo anche di esercitare la nostra libertà. In realtà siamo immersi in «un vasto progetto di persuasione industrializzata», che compete per catturare e sfruttare la nostra attenzione. Ma l’attenzione non è gratuita, «si paga in termini di futuri a cui si rinuncia».

L’autore fa esempi concreti: si paga il tempo che si passa sui social con ore di sonno in meno, si paga l’attenzione al post indignato con la pazienza e l’empatia, si paga l’aver ceduto al clickbait con la rabbia per non essersi accorti della trappola. Williams è lapidario: «Paghiamo l’attenzione con le vite che avremmo potuto vivere».

Vittime delle distrazioni funzionali

Le cosiddette distrazioni funzionali arrivano appunto con le notifiche. Gli effetti delle interruzioni non sono, però, limitati alla quantità di tempo che perdiamo occupandocene direttamente. Quando siamo concentrati e veniamo interrotti sono necessari poi in media ventitré minuti perché si ritrovi la concentrazione. A questo si aggiunge il fatto che le notifiche possono portare con sé informazioni e comunicazioni che non sono neutre per noi e quindi oltre a interrompere il flusso di concentrazione hanno poi un impatto sul nostro «spazio interiore». L’autore prende qui in prestito una metafora del filosofo Matthew Crawford per rendere l’idea: «La distraibilità può essere considerata l’equivalente mentale dell’obesità».

Distraibilità che viene sfruttata non solo dalle aziende in ottica di creazione di profitti, ma anche da altri attori a partire dal mondo politico. Una distrazione strategica, infatti, può servire ad esempio a cambiare il focus del dibattito politico e spesso avviene attraverso la prevalenza dell’«indignazione morale» che porta ad un «indebolimento della verità», secondo Williams.

Così ad essere “a rischio” non è solo lo sviluppo del singolo, ma anche dell’intera società, attraverso la perdita di identità sia a livello individuale sia a livello collettivo. Con la crescita di stimoli irrilevanti, infatti, perdono senso i nostri valori e perdiamo la capacità di «volere ciò che vogliamo volere».

Come si esce dalla schiavitù dell’attenzione

Le persone controllano i propri cellulari in media 150 volte al giorno e li toccano più di 2.600 volte, «tutta riflessione potenziale che non si realizza». Così la nostra relazione con «i nuovi imperi della mente» è una «schiavitù dell’attenzione», che ha ampi margini di crescita dal momento che le nuove tecnologie libereranno tempo che potremo dedicare a questa «attenzione monetizzabile». Senza contare che le distrazioni, secondo alcuni studi, ci tolgono dieci punti di Qi, il doppio rispetto all’uso di marjuana.

Secondo Williams, quindi «la liberazione dell’attenzione umana potrebbe essere la battaglia morale e politica centrale del nostro tempo». E lui inizia dandoci qualche dritta su come affrancarci da questa nuova schiavitù.

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