Il libro

L’ufficiale belga delle Ss e la banalità del male

Il male che traspare dall’esistenza del protagonista e dalla sua fragile personalità è spesso straordinariamente banale

di Beda Romano

2' di lettura

Anche il Belgio, non solo l’Italia o la Francia, fu segnato durante e dopo la Seconda guerra mondiale da una più o meno strisciante guerra civile. A più di 80 anni dall’invasione nazista del Paese - una operazione militare che durò appena 18 giorni e che contribuì alle accuse di collaborazionismo contro Leopoldo III - lo scrittore fiammingo Stefan Hertmans ritorna su quel periodo con un libro affascinante, a metà strada tra il romanzo e la biografia, che ha interessanti risvolti nell’attualità.

Passeggiando per le strade di Gand nel 1979, l’autore scopre a sorpresa una casa abbandonata, dietro a un cancello assalito dall’edera e da una pianta di glicini. Il giardino è desolato, l’edificio tralasciato. Su due piedi, il romanziere decide di acquistare la proprietà, abitandoci per 20 anni. Il libro racconta la storia di un suo precedente proprietario, Willem Verhulst (1898-1975), nazionalista fiammingo e ufficiale SS.

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Associando ricerche bibliografiche, interviste ai testimoni e un pizzico di immaginazione letteraria, Stefan Hertmans tratteggia il ritratto di un personaggio meschino, spesso laido, talvolta violento. Willem Verhulst era nato nei pressi di Anversa nel 1898, l’ultimo di una famiglia di nove figli. Il padre era tagliatore di diamanti in una città che ancora oggi è un centro mondiale delle pietre preziose. A seguito di una crisi epilettica, il giovanissimo Willem diventa cieco dall’occhio sinistro.

L’infanzia, racconta l’autore, è infelice, all’ombra ossessiva della madre. Rapidamente si avvicina agli ambienti dell’estrema destra fiamminga, che chiedeva (e chiede) l’indipendenza delle Fiandre dal Belgio. D’altro canto, l’occupazione tedesca è accolta con sentimenti ambigui in una società che spera di emanciparsi dall’umiliante dominio economico e politico dei valloni francofoni.

In modo non dissimile da Erik Larson in Il giardino delle bestie (Neri Pozza) o da W.G. Sebald in Storia della distruzione naturale (Adelphi), Stefan Hertmans racconta la storia di un uomo narcisista e superficiale, mescolando fatti pubblici e aneddoti privati. Con l’arrivo dei tedeschi il protagonista, sposato e padre di tre figli, si arruola nelle SS, partecipando alle retate contro gli ebrei. Verrà condannato al carcere dopo la guerra, ma liberato sei anni dopo, quando il Belgio tenterà di rasserenare gli animi di un Paese spaccato.

Il male che traspare dall’esistenza del protagonista e dalla sua fragile personalità è spesso straordinariamente banale. Senonché mostra quanto l’essere umano possa facilmente cadere vittima della demagogia e del populismo, o più semplicemente del piccolo opportunismo quotidiano; e quanto il sentimento di umiliazione possa essere deleterio, nel singolo così come tra i Paesi, fino a trascinarli entrambi verso l’abisso.

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