L’università di Trieste coordina il progetto di funzionalità muscolare nello spazio
L’obiettivo di valutare se la stimolazione elettrica neuromuscolare possa essere uno strumento utile per un migliore adattamento del corpo umano nello spazio avrà importanti ricadute anche sulla Terra per pazienti anziani o con ridotta mobilità. A coordinarlo è Alessandra Bosutti, del dipartimento di Scienze della Vita
di Francesca Cerati
2' di lettura
In orbita intorno alla Terra da quasi 25 anni, la Stazione Spaziale Internazionale è un gigantesco laboratorio di ricerca che riguarda anche lo studio dei meccanismi con cui il corpo umano si adatta alle condizioni dello spazio. Ricerche che possono poi avere applicazioni pratiche nella vita quotidiana terrestre.
L’ultimo, in ordine di tempo, è il progetto internazionale Nimas (Neuromuscular electrical stimulation to enhance the exercise benefits for muscle functions during spaceflight) che verrà svolto durante la missione Nasa Space X Crew-7, arrivata sulla stazione spaziale internazionale Iss il 27 agosto, con l’obiettivo di valutare se la stimolazione elettrica neuromuscolare possa essere uno strumento utile per un migliore adattamento del corpo umano nello spazio. A coordinarlo è Alessandra Bosutti, del dipartimento di Scienze della vita dell’Università di Trieste.
«L’esposizione alla microgravità durante il volo spaziale - afferma l’ateneo, spiegando le premesse del progetto - porta a sostanziali processi di adattamento nel sistema muscolo-scheletrico degli astronauti, caratterizzati dalla perdita di massa muscolare e declino delle capacità di esercizio».
La stimolazione elettrica neuromuscolare (Nmes) potrebbe essere promettente, aggiunge l’Università, per potenziare gli effetti dell’allenamento in volo e per ridurre il tempo necessario per l’esercizio fisico quotidiano. Secondo l’ateneo, «i risultati dello studio potrebbero esser applicati in futuri habitat a gravità ridotta sulla Luna, o più avanti su Marte, e avranno importanti ricadute anche sulla Terra per pazienti anziani o con ridotta mobilità».
La stimolazione elettrica neuromuscolare (NMES) – metodica non invasiva spesso accostata all'esercizio fisico tradizionale che, attraverso l'utilizzo di elettrodi posizionati sulla cute in corrispondenza del muscolo che si vuole attivare, simula l'impulso nervoso generato dal cervello – in combinazione con le attività aerobiche e di resistenza, potrebbe infatti non solo migliorare la funzione muscolare ma anche consentire l’uso di attrezzature più piccole e leggere, riducendo così carico e peso complessivo a bordo.
«Nimas è un esperimento sponsorizzato dall’Esa che stiamo conducendo in collaborazione con il nostro team internazionale di scienziati provenienti da Germania, Olanda, Svizzera e Regno Unito - spiega Bosutti - l’esperimento verrà sviluppato con fondi di Asi, Agenzia spaziale tedesca e inglese e prevede di determinare sia l’efficacia della Nmes nel contrastare il declino correlato alla permanenza nello spazio su massa, metabolismo e funzioni dei muscoli delle gambe degli astronauti, sia l’effetto generale su questi causato dal volo spaziale. Il progetto richiede misurazioni a Terra, prima e dopo il volo, relative all’attività delle funzioni neuromuscolari, alla microcircolazione e ossigenazione muscolare e alle variazioni della massa muscolare delle gambe. Saranno eseguiti anche alcuni prelievi di sangue a terra e a bordo dell’Iss per analisi molecolari».
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