Nuove imprenditrici

L'universo della top model Alek Wek prende corpo in una capsule di moda

Pioniera, negli anni Novanta, di un'industria della moda e della bellezza più inclusive, ha sempre abbracciato la diversità, in passerella come nei suoi dipinti.

di Jessica Beresford

Giacca in lana, WEEKEND MAX MARA: A.W.ORLD BY ALEK WEK. Abito in seta, GABRIELA HEARST. Stivali in pelle, BOTTEGA VENETA. (Foto Andre D. Wagner).

5' di lettura

Alek Wek ruota su se stessa nel cortile di un hotel di Brooklyn, le stampe del vestito che indossa si fondono e confondono, diventano un'astrazione, che lei accompagna con un grande sorriso. A 44 anni la top model possiede la stessa magnetica energia, l'ottimismo e la flessuosità che circa 25 anni fa l'hanno catapultata sul palcoscenico del mondo. «Adesso, a quarant'anni, mi sento così bella», dichiara con quel suo accento che è l'affascinante sintesi dei mille Paesi in cui ha vissuto. «E a tutte le ragazze dico: non abbiate paura di ciò che sentite. Il mondo cercherà di plasmarvi e farvi diventare qualcos'altro, ma voi dovete rimanere ciò che siete».

Wek è nata nel 1977 a Wau, in quello che adesso è il Sud Sudan. A 14 anni, quando là infuriava la guerra civile, è scappata e si è rifugiata a Londra: ha vissuto l'adolescenza a Hackney con la mamma e le sorelle. Da vent'anni invece abita a New York, una città a cui ha sempre sentito di appartenere; casa, per lei, è la sua brownstone a Fort Greene, Brooklyn. «Di Londra mi piace il fatto che, ovunque ti trovi, c'è sempre un parco vicino, e a Fort Greene è lo stesso. Se la sera prima non ho lavorato fino a tardi, adoro svegliarmi presto e andare a camminare, oppure a fare la spesa al farmers' market».

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Cappotto in lana. Cintura in nappa, stivali in pelle e orecchini in argento placcati oro e smalto. Tutto BOTTEGA VENETA. Gonna in viscosa, WEEKEND MAX MARA: A.W.ORLD BY ALEK WEK. Neck piece in rayon, indossato come spilla, CDLM. (Foto Andre D. Wagner).

Quando non è su una passarella o sul set di una pubblicità di moda, adora dipingere – una passione che ha fin dagli inizi della carriera. «Mi è sempre piaciuto e desideravo avere l'occasione, un luogo, per condividere quello che faccio, che è molto personale», dice Wek parlando dei viaggi, dei colori, dei paesaggi che accendono la sua immaginazione. «Fanno parte di ciò che sono, sono la mia storia».

Adesso l'occasione è arrivata attraverso la nuova collaborazione con Weekend Max Mara per cui, insieme al team creativo interno del brand, ha creato una capsule collection. Una delle sue tele – una massa colorata di pennellate che è un po' come la traiettoria della sua vita – ora è stampata su un vestito con ruches sopra al ginocchio. I segni grafici di un altro quadro, in bianco e nero, campeggiano su una blusa con lunghe nappine ai polsi. In passato Wek aveva creato una linea di borse (si chiamava Wek 1933), ma non aveva mai disegnato abiti.

Prima di essere scoperta come modella, a 18 anni in un mercato di Crystal Palace, nella zona sud di Londra, si era iscritta al London College of Fashion, ma il successo sulle passerelle ha significato l'interruzione degli studi. La sua carriera è iniziata con l'apparizione nel video GoldenEye di Tina Turner, in cui era morbidamente seduta su una poltrona, con un bikini leopardato e stivali al ginocchio; poi in quello di Got 'Til It's Gone di Janet Jackson. Dall'alto del suo metro e ottanta, si è ritrovata in fretta nel mondo delle modelle, a scattare servizi con Steven Meisel per Vogue Italia e con Arthur Elgort per Vogue America. Nel 1996 sono arrivate le prime passarelle, per Ralph Lauren e Donna Karan.

Maglia in viscosa, gonna in viscosa stretch, carré in twill di seta. Tutto WEEKEND MAX MARA: A.W.ORLD BY ALEK WEK. Anelli in oro e argento, BOTTEGA VENETA. The Moon Shine ring, The Trembling Bough Ring, The Better Craftsman Ring e The Beginning of the Plait Ring, in argento placcati oro, tutto ALIGHIERI. (Foto Andre D. Wagner).

Negli anni Novanta l'industria della moda aveva ancora un volto quasi esclusivamente bianco, Wek è stata un'apripista, una pioniera. È stata lei, nel novembre 1997, la prima modella africana a essere messa in copertina sull'edizione americana di Elle. Scelta che suscitò molta attenzione, tanto che fu intervistata al The Oprah Winfrey Show. «Quando sono cresciuta io», le aveva detto Oprah, «se tu fossi stata in copertina, avrei avuto un'idea completamente diversa di me stessa, di chi ero». Poi, nel 2004, Wek è diventata la prima modella di colore a sfilare nel prestigioso ruolo di sposa Chanel (il capo con cui si chiude ogni sfilata haute couture della maison). Per la seconda, la modella sud sudanese-australiana Adut Akech, si è dovuto aspettare il 2018.

Nonostante quel suo iniziale successo, Wek è sempre stata molto critica per il modo in cui è stata etichettata e presentata come qualcosa di “esotico” (ricorda quando le chiedevano di posare con una lancia o delle pelli di animali). Nel 1998, mentre sfilava per Betsey Johnson, si è tolta la parrucca bionda che le avevano fatto indossare e l'ha lanciata sul pubblico: una protesta per aver dovuto nascondere i suoi capelli. Ancora oggi li porta al naturale, cortissimi, un gesto di sfida e una dimostrazione di sicurezza. «Con la sua bellezza, Alek Wek ha cambiato la moda», dice la modella somalo-britannica Bibi Abdulkadir, che per lei ha sempre provato grande ammirazione. «Ha insegnato al mondo la grande forza di essere semplicemente se stesse».

Maglione in lana e gonna in pelle. Tutto LOUIS VUITTON. Collana in ottone con finitura oro e smalto, JIL SANDER BYLUCIE AND LUKE MEIER. (Foto Andre D. Wagner).

Wek ha voluto che la collezione per Weekend Max Mara riflettesse la sua poliedrica identità. «Voleva che i capi si ispirassero al suo modo di vivere, alle cose che lei stessa potrebbe indossare», spiega Giorgio Guidotti, global president PR e comunicazione di Max Mara. La collezione è come un'autobiografia tessile: una giacca con cappuccio, ispirata a quella che portava da teenager, e un trench beige alludono agli anni passati in Inghilterra. Gli stivali un po' biker sono simili a quelli che usa quotidianamente a Brooklyn. I colori che ha scelto per una sciarpa di seta rievocano il paesaggio del Marocco, dove nel 2002 ha girato Le quattro piume con Heath Ledger.

Ancora più speciale è la maglieria, che comprende un top con zip e una gonna a pieghe. I colori sono quelli della bandiera del Sud Sudan e hanno un preciso simbolismo: il nero rappresenta il popolo, il verde la terra, il blu il Nilo, il giallo l'unità e la speranza, il rosso il sangue versato nella guerra civile, il bianco la pace ottenuta dopo anni di lotte. «Sono colori che significano molto per me, perché non mi sarei mai immaginata che il Sud Sudan sarebbe diventato indipendente mentre io ero ancora in vita», dice Wek. «Non pensavo che sarei riuscita a vederlo, la guerra civile è stata lunghissima, così tanta gente è dovuta fuggire. Ma non abbiamo mai perso la speranza. Per noi quei colori incarnano tutto questo».

Abito in lana e pantaloni in twill, tutto JW ANDERSON. Loafer boots in pelle, LOEWE. Neck piece in rayon, CDLM. (Foto Andre D. Wagner).

La collaborazione con Weekend Max Mara non riflette soltanto la vicenda personale di Wek. Fa parte del crescente riconoscimento della creatività e dell'estetica africane da parte dell'industria della moda. «Gli stilisti di origini africane influenzano la moda da decenni, basti pensare a Chris Seydou negli anni Cinquanta e a Virgil Abloh oggi», dice Christine Checinska, curatrice della mostra African and African Diaspora Fashion al V&A di Londra. «Ma oggi assistiamo a una galvanizzazione della loro creatività e a una sempre maggiore attenzione da parte dei media nei loro confronti».

«Lavorare con Alek a Brooklyn è stata una gioia, un'esperienza molto intensa», dice Andre D. Wagner, il fotografo-documentarista che ha scattato le immagini di questo servizio. «Arrivava sul set con i suoi quadri e le sue sciarpe, che vengono dall'Africa e dai mille viaggi che ha fatto. Ha un'enorme energia e, addosso a lei, gli abiti prendono vita».

La sua svolta da stilista dimostra come Alek continui a influenzare e a ridefinire l'industria della moda, sia davanti all'obiettivo sia dietro le quinte. «Ho sempre desiderato mostrare la mia eredità culturale, questo è stato un modo bellissimo di farlo», aggiunge lei. «Sono davvero felice di poterla esprimere attraverso la moda, anche se queste stampe non vengono dall'Africa. Io sono africana e la porto nel cuore: è meraviglioso che l'arte e la moda riescano a darle voce».

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