L’uomo torna a bruciare le risorse del pianeta: dal 29 luglio viviamo a credito
La data è tornata ai livelli del 2019, con il lockdown era slittata al 22 agosto. L’Italia fa ancora peggio: esaurite le risorse il 13 maggio
di Elena Comelli
I punti chiave
3' di lettura
Quest'anno l'Earth Overshoot Day cade il 29 luglio, quasi un mese in anticipo rispetto al 2020. Come nel 2019, a partire dal 30 luglio l'umanità vivrà “a credito”, avendo esaurito interamente le risorse rinnovabili prodotte in un anno dal pianeta.
Aumenteremo così il nostro colossale debito ecologico, sfruttando più risorse di quelle che la Terra può offrire in un anno, in termini di emissioni di carbonio, terreni coltivati, sfruttamento degli stock ittici e uso delle foreste per il legname: per soddisfare i nostri consumi abbiamo bisogno ormai di 1,7 pianeti Terra.
Lo scorso anno, complice la pandemia, l'Overshoot Day a livello globale è caduto il 22 agosto, non per merito di un'umanità più consapevole, ma solo per via della diminuzione della produzione e delle emissioni di CO2 conseguenti al lockdown.
A fornire questi dati è il Global Footprint Network, un'organizzazione internazionale impegnata dal 2003 nella battaglia contro l’emergenza climatica. L’istituto fondato dall’ambientalista svizzero Mathis Wackernagel ha messo a punto un sistema di misurazione che permette di stabilire qual è il momento in cui il bilancio ecologico del pianeta va in rosso perché abbiamo consumato le risorse disponibili per quell'anno e andiamo avanti facendo un debito che pagheranno i nostri figli e nipoti.
I risultati parlano di un aumento del 6,6% dell'impronta di carbonio per il 2021 rispetto allo scorso anno e allo stesso tempo di una diminuzione dello 0,5% della biocapacità globale.
L’impronta dell’Italia? Un disastro
Per l'Italia, la situazione non è migliore, anzi. L'Overshoot Day quest’anno è caduto già il 13 maggio: da quella data, siamo in debito con la Terra. Se in tutto il mondo si registrasse lo stesso livello di consumo di risorse raggiunto nel nostro Paese, servirebbero quasi tre Terre (per la precisione, 2,8) per soddisfarne la domanda.
L'impronta ecologica dell’italiano medio corrisponde a circa 4,4 ettari globali, ben oltre il valore medio mondiale di 2,8 ettari a persona. Le attività quotidiane che impattano maggiormente sull'impronta degli italiani, secondo le analisi del Global Footprint Network, indicano i consumi alimentari (25% dell'impronta totale) e il settore dei trasporti (18%) come le due determinanti principali.
Il calcolo dell'Overshoot Day è iniziato negli anni '70 – quando il “debito” dell'umanità con la Terra era minimo – e man mano ha visto anticipare la data fino al 29 luglio di quest'anno. Alla fine degli anni '60 eravamo ancora in equilibrio: il nostro conto corrente con la natura era in pareggio. A fine anni '80 l'impronta ecologica dell'umanità superava “solo” in novembre la capacità di produzione rinnovabile del pianeta.
Al cambio di secolo avevamo esaurito le scorte già a settembre. Adesso siamo alla fine di luglio, in pareggio con il 2019.
Un debito cumulato di 18 anni
Oggi si stima che il debito ecologico cumulativo sia equivalente a 18 anni terrestri: questo significa che ci vorrebbero 18 anni di totale inutilizzo delle risorse terrestri per compensare i danni provocati dal sovrasfruttamento umano, supponendo che i danni possano considerarsi reversibili.
Del resto altri numeri confermano la tendenza. All'inizio del Novecento l'umanità consumava 6 miliardi di tonnellate di materiali (comprendendo minerali, biomasse e combustibili fossili). Nel 1970 si era arrivati a 27 miliardi di tonnellate. Oggi abbiamo superato i 100 miliardi. Continuando così a metà secolo saremo a 180 miliardi di tonnellate.
L’insostenibilità della carne
La massa dei materiali artificiali, quelli che mettiamo in movimento noi, ha già superato la biomassa: gli umani pesano più della natura. Per non parlare del confronto con il regno animale: ormai solo il 4% dei mammiferi sulla terra sono selvatici, il 60% è bestiame da macello allevato per l’alimentazione umana e il 36% siamo noi.
Proprio per questo gli autori dello studio indicano come prioritario un cambio di rotta nelle abitudini alimentari dell’umanità: «Se riducessimo il consumo globale di carne del 50% e utilizzassimo più proteine vegetali, sposteremmo l'Overshoot Day di 17 giorni!», è il messaggio lanciato dagli esperti del Global Footprint Network, che suggeriscono questo cambiamento come una delle varie soluzioni al problema. Una soluzione facilmente attuabile da chiunque, fin da subito.
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