La Bce alza i tassi, i rendimenti scendono: come cambiano le aspettative dei mercati
Pur alzando i tassi di 75 punti base, la Bce ha ridimensionato le aspettative future sui tassi: il Bund scende sotto il 2% (una settimana fa stava a 2,5%), il BTp va sotto il 4% e lo spread cade a 201
di Vito Lops
3' di lettura
Nel giorno in cui la Banca centrale europea ha alzato per la seconda volta consecutiva i tassi di 75 punti base (cosa che non era mai avvenuta nella storia dell’Eurozona) i tassi delle obbligazioni sono invece andati giù con il rendimento del BTp a 10 anni tornato al 4% (il 21 ottobre era al 4,9%) e quello del Bund scivolato a tratto sotto il 2% quando una settimana fa scambiava oltre il 2,5%.
Cambio di aspettative
Come si giustifica questa reazione opposta del mercato all’azione della Bce? La risposta sta tutta nel cambio di aspettative del mercato. Prima dell’intervento di ieri di Christine Lagarde i future sui tassi europei scontavano un pivot (il livello di tassi più alto di questo ciclo restrittivo della Bce) al 3% nel 2023. Da ieri pomeriggio le aspettative si sono ridimensionate al 2,65%. In sostanza, pur avendo alzato i tassi di 75 punti base è come se contemporaneamente la Bce ieri li avesse contemporaneamente tagliati di 35 punti base per ciò che riguarda i percorso completo di strette che dovrà adottare per sconfiggere un’inflazione che rasenta nelle ultime rilevazioni la doppia cifra (9,9%). Sia ben chiaro non si tratta di nulla di certo e di scolpito sulla pietra anche perché Lagarde nel suo discorso non ha parlato di soglie e numeri confermando che i rialzi andranno avanti già dal 15 dicembre, data del prossimo meeting.
Eurotower più morbida del previsto
La questione cruciale però, lato investitori, risiede appunto nelle aspettative. E queste sono state riviste al ribasso dagli operatori di mercato che hanno complessivamente giudicato più morbida del previsto la Bce, proprio per alcuni toni ambigui e vaghi del discorso e anche perché è stato confermato il rallentamento economico in corso del Pil che dovrebbe proseguire anche nella prima parte del 2023. Alle orecchie degli investitori queste parole suonano come il richiamo a un ambiente recessivo, un contesto che raramente si sposa con tassi elevati da parte delle banche centrali.
I mercati hanno registrato in tono più accomodante anche il rimando al tema del quantitative tightening, ovvero la riduzione del bilancio (che tecnicamente si potrebbe tradurre in una vendita o in un mancato reinvestimento da parte della Bce delle obbligazioni che ha in portafoglio e che hanno fatto decollare il valore del suo bilancio per la prima volta nella storia oltre i 9mila miliardi di dollari). Il discorso è rimandato a dicembre.
Si spiega quindi così il movimento armonico delle classi di investimento europee in reazione all’ultimo intervento della Bce. Tassi in calo su tutta la parte della curva (gli Eurirs a 30 anni si sono ridimensionati al 2,35% dopo aver toccato un picco di periodo al 2,7% nella prima metà di ottobre). Anche l’euro ne ha risentito scivolando a tratti nuovamente sotto la parità col dollaro dopo che si era portato a 1,01 nel pre-Bce.
«Il meeting della Bce è stato caratterizzato da un livello di austerità piú basso delle attese - sottolinea Michele Morra, portfolio manager di Moneyfarm -. Nonostante gran parte dell'inflazione sia attribuibile all'aumento dei prezzi energetici, con questa scelta la BCE continua a prediligere la prevenzione della spirale inflattiva a discapito della crescita economica, ma si lascia un certo grado di flessibilità per contenere il rischio di frammentazione».
A parere di Antonio Cesarano, chief global strategist, Intermonte «leggendo congiuntamente comunicato e risposte della Lagarde, l’impressione è che la Bce si sta avvicinando al punto di approdo in termini di rialzo tassi. L’aver dato prova, inoltre, dell’attenzione alla stabilità finanziaria - prosegue Cesarano - è ulteriore elemento di possibile conforto per il mercato, che evidenzia come le banche centrali stiano progressivamente tenendo in considerazione anche gli effetti collaterali prodotti dalle manovre restrittive corpose e rapide, al fine di decidere le manovre future».
Ed ecco Bank of Canada e Fed
Lo scenario di politiche monetarie meno aggressive del previsto non riguarda solo l’Eurozona: gli investitori vedono una linea comune anche tra le altri principali istituzioni monetarie dopo che la scorsa settimana la Bank of Canada ha sorpreso alzando i tassi di 50 punti base (anziché 75) e dopo che alcuni esponenti della Fed hanno aperto all’ipotesi di un atteggiamento più morbido a partire da dicembre. Tutto ovviamente dipenderà dai prossimi dati macro e da quanto essi confermeranno lo scenario recessivo prospettato dal Fmi per il 2023. Negli Usa ieri sono arrivati dati in chiaroscuro. Il Pil nel terzo trimestre è salito del 2,6% (annualizzato) battendo le attese. Rallenta il dato Pce sull’inflazione, aumentata del 4,2% dopo il +7,3% del secondo trimestre. Il mercato del lavoro, di solito uno degli ultimi indicatori a “cadere”, è ancora forte: le nuove richieste dei sussidi settimanali di disoccupazione sono aumentate di 217mila unità, meno delle 220mila stimate.
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