La Bce chiede più poteri sul clearing dei derivati a Londra
di Riccardo Sorrentino
3' di lettura
La Bce scende in campo nelle trattative su Brexit. La banca centrale europea ha inviato ha inviato al Parlamento europeo e al Consiglio di Bruxelles una raccomandazione perché le siano riconosciuti poteri di regolamentazione sulle attività di clearing sui derivati e più in generale sugli strumenti finanziari, anche all’estero. A Londra, quindi, che è la piazza finanziaria dove si concentra fino al 99% di queste operazioni.
Una riforma dello statuto.
Tecnicamente la Bce propone che sia modificato l’articolo 22 del suo statuto, in modo da affidarle competenze precise evitando che si possano creare situazioni incompatibili con la sua politica monetaria. Le modifiche permetteranno alla Bce - spiega un comunicato - «di monitorare e affrontare i rischi associati alle attività di compensazione centrale suscettibili di influenzare la conduzione della politica monetaria, il funzionamento dei sistemi di pagamento e la stabilità dell’euro».
Il precedente del 2015.
La modifica chiesta sembra minima, ma le conseguenze sono importanti. Già oggi l’articolo 22 affida alla Bce e alle banche centrali nazionali il compito di regolamentare (e accordare facilitazioni) le attività di clearing, anche all’estero. Si tratta di aggiungere un breve inciso che allarga le sue competenze ai sistemi di compensazione e pagamento «per strumenti finanziari» (ovviamente denominati in euro). Il motivo di questa iniziativa della Banca centrale europea è, esplicitamente, Brexit. Già nel 2015 la Gran Bretagna, con un ricorso al Tribunale dell’Unione europea, era riuscita a far annullare un regolamento della Bce su questi sistemi. La stessa Corte aveva suggerito una modifica dello statuto della Banca centrale per risolvere il problema della carenza di competenze. In vista dell’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, il consiglio direttivo, all’unanimità, ha deciso di fare questo passo.
I potenziali rischi per la politica monetaria.
«Il ritiro del Regno Unito dall’Unione europea - spiega il testo della raccomandazione - avrà un forte impatto sulla capacità dell’Eurosistema (la Bce e le banche centrali nazionali, ndr) di portare avanti i suoi compiti». Londra è infatti molto attiva sulle attività di pagamento e compensazione in euro. «I valori giornalieri dei repo e le posizioni aperte di interest rate swaps denominati in euro sono rispettivamente di 101 e di 33mila miliardi di euro (circa il 99% del mercato dell’Unione)». È la Lch, controllata dalla London Stock Exchange Group, ad avere una posizione dominante in questo ambito. Disturbi a queste attività di clearing possono danneggiare - argomenta la Bce - l’applicazione della sua politica monetaria e il meccanismo di trasmissione che propaga i suoi effetti all’intera economia di Eurolandia.
I timori britannici.
La posizione britannica è nota: la frammentazione dei sistemi di clearing - ha spiegato qualche giorno fa il governatore della Bank of England Mark Carney - ridurrebbe i benefici di queste attività, per tutti. Secondo la International Swaps and Derivatives Association, intanto, una regolamentazione che dia importanza alla collocazione geografica di queste clearing houses porterebbe a un aumento dei margini richiesti come collaterale alle due parti di ciascun contratto derivato. Molte clearing houses temono infatti che le nuove regole possano imporre loro, anche in via surrettizia, di aver sede nell’Unione europea. Più in concreto, la raccomandazione sembra voler assicurare alla Bce il controllo di queste attività qualunque sia il risultato delle trattative e il contenuto della riforma delle attività di clearing che la commissione Ue intende varare.
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