Gli emendamenti al cura italia

La beffa dello scudo ai medici che protegge i loro “capi” dalle cause per i ritardi sul virus

i manager delle strutture sanitarie eviterebbero anche loro ogni rischio di contenzioso - sia dai cittadini ma anche da medici e infermieri - legato agli errori commessi nella lotta al virus

di Marzio Bartoloni

Coronavirus: business cause medici, appello al Governo

3' di lettura

Da una parte la retorica degli «eroi» e degli «angeli in camice bianco» dall’altra la realtà di una guerra combattuta quasi a mani nude con poche protezioni (a cominciare dalle mascherine inadeguate) tamponi con il contagocce per verificare la positività e turni di 12 ore. E ora la beffa di uno scudo nato per difendere medici e operatori sanitari dal rischio delle cause che potrebbe diventare un boomerang: perché l’esenzione penale e civile per il periodo dell’emergenza che si sta studiando in queste ore potrebbe essere esteso anche a chi dirige gli ospedali.

Cosa significa? Che i manager delle strutture sanitarie eviterebbero anche loro ogni rischio di contenzioso - sia dai cittadini ma anche dagli stessi medici e infermieri - legato agli errori commessi nella lotta al virus. Errori che gli operatori sanitari stanno pagando in modo pesante: sono già 80 i morti tra i medici (oltre 10mila i contagiati) e 25 tra gli infermieri (5500 contagiati). Da qui la rivolta dei medici che parlano di un vergognoso «colpo di spugna» su tutte le condotte tenute finora.

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Gli emendamenti
Il pressing per introdurre uno scudo penale e civile è arrivato praticamente da tutti i partiti di maggioranza e opposizione in una pioggia di emendamenti al decreto Cura Italia. Solo che oltre ai medici e agli infermieri e agli operatori sanitari, sono stati aggiunti in questa esenzione di responsabilità anche chi guida le strutture sanitarie (in alcuni emendamenti lo scudo era esteso a chiunque nel Servizio sanitario fosse stato coinvolto nell’emergenza: dal funzionario del ministero all’ultimo operatore). Tra le modifiche presentate anche una della Lega a prima firma del leader leghista Matteo Salvini che però di fronte alla rivolta montante dei medici ha deciso subito di ritirarlo. Anche l’emendamento che potrebbe avere il via libera della maggioranza e su cui c’è stato l’ok del governo e del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede (a firma del capogruppo Pd Andrea Marcucci) limita la responsabilità ai «casi di dolo e colpa grave» sia per medici e infermieri che per le strutture sanitarie e sociosanitarie. E dunque per il loro management (direttori generali, sanitari e amministrativi) e gli altri dirigenti.

L’accusa dei medici: è un colpo di spugna
I medici puntano il dito contro il tentativo di introdurre un generalizzato colpo di spugna su tutte le condotte tenute sinora, soprattutto quelle omissive o dolose che abbiano esposto il personale sanitario, fino a provocare lesioni o morte evitabili. Da qui la richiesta di ritirarli: «Se alla già difficile situazione dei medici - spiega il presidente degli Ordini dei medici Filippo Anelli - aggiungiamo il fatto che sono stati invece presentati diversi emendamenti volti ad esentare le strutture e gli amministratori da ogni responsabilità verso gli operatori e i cittadini che si siano infettati, la misura è veramente colma». Da qui la richiesta di ritirarli «per consentire, con il giusto tempo, di avviare un confronto con il Governo». Anche Carlo Palermo, segretario di Anaao Assomed (la principale sigla dei medici ospedalieri) è d’accordo: «O si presenta una norma che tutela solo gli operatori sanitari oppure è meglio non farla. Non c’è fretta». «Per un verso - ha aggiunto Palermo - ci deve essere uno scudo
adeguato per gli operatori sanitari e deve essere previsto solo il dolo, anche in caso di colpa grave. Dall'altro lato, sulla questione degli eventuali risarcimenti ai sanitari contagiati o deceduti, nel caso in cui non sia previsto un percorso civilistico, bisogna cominciare a pensare a un Fondo per gli indennizzi, da aggiungere a quelli Inail».

I medici di famiglia: pronti a chiudere gli ambulatori
I medici di famiglia non ci stanno più a fare la conta dei colleghi morti per il coronavirus per la carenza di dotazioni individuali di sicurezza. E dopo settimane in cui denunciano di avere a disposizione solo pochissime
mascherine chirurgiche ciascuno e null'altro, annunciano di essere pronti a chiudere gli ambulatori. In una durissima nota il segretario generale della Federazione dei medici di medicina generale Silvestro Scotti, dopo avere appreso dell'ennesimo decesso di un collega ha scritto: «Siamo pronti a chiudere gli studi che non sono parte dei Livelli essenziali di assistenza». E ha stigmatizzato la mancata copertura a a un emendamento sempre al decreto Cura Italia che ha bloccato la possibilità per i medici di base di avere la forniture dei dispositivi di protezione per fronteggiare
l'epidemia. «A quanto si apprende - ha riferito Scotti - la Ragioneria, nel rinviare il parere del ministero della Salute, si è espressa in maniera contraria per la mancanza di una relazione tecnica utile a quantificare
gli oneri finanziari prodotti da questa modifica. Mi chiedo quanto valga per lo Stato la vita di un medico».

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