La beneventana La Guardiense cresce con ricerca e sostenibilità
La coop, nata 60 anni fa con l’aiuto della Cassa per il Mezzogiorno, oggi conta mille soci e una occupazione complessiva di circa 3mila persone. Ha ricevuto un Oscar del Vino e molti altri premi
di Vera Viola
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Ha compiuto 60 anni di attività l’8 marzo: oggi è la più grande cooperativa vitivinicola della Campania e tra le maggiori del Mezzogiorno, con mille soci, 150 ettari di terreno a vite, e con circa 3mila lavoratori (tra cooperative e soci) più l’indotto. “La Guardiense” è la coop di Guardia Sanframondi – borgo del Sannio con 5mila abitanti, quasi tutti in vario modo impegnati tra vigna e cantine – che cresce guadagnando premi e affermandosi in Italia e all’estero: in Europa, America, Cina e Giappone esporta il 25% del proprio prodotto.
Era il 1960 quando alcuni viticoltori guardiensi si recarono da Gabriele Pescatore, allora presidente della Cassa per il Mezzogiorno, e gli parlarono del loro sogno di creare una cantina sociale per produrre e vino e così liberarsi dal duro rapporto con i vinificatori napoletani che li vessavano non poco imponendo prezzi dell’uva troppo bassi. Il racconto è di Concetta Pigna, figlia di uno dei visionari fondatori oggi responsabile di Ricerca e sviluppo della Guardiense. Concetta (Titina) racconta: «Pescatore dapprima disse loro qualcosa del tipo: siete tre contadini come pensate di potervela cavare?». Ma i tre diventarono in poco tempo 28, si aggiunsero 2 maestri e 3 medici, in totale 33 uomini che decisero di associarsi. «A quel punto – aggiunge Titina – Pescatore offrì il contributo finanziario e il supporto della struttura tecnica della Cassa per il Mezzogiorno». Così cambiò il destino del paese.
La prima vendemmia data 1963 e da allora la crescita della società è stata costante. I soci aumentano di anno in anno. La coop fornisce un disciplinare di produzione e punta da subito a curare la qualità del prodotto. Cosicchè nel 76 arriva il Bacchus Prix International: uno dei riconoscimenti più prestigiosi. La qualità dei vini sanniti comincia a farsi conoscere nel mondo. Dieci anni dopo, il 15 dicembre 1986, si stappa il primo spumante. La coop infatti diversifica il prodotto e si dota di quello che è ancora l’unico impianto di spumantizzazione del Mezzogiorno. Ma la svolta più importante è quella che viene impressa nel 2007, quando comincia la collaborazione con Riccardo Cotarella, l’enologo più conosciuto in Italia e all’estero(oggi primo presidente italiano dell’Associazione internazionale da sempre guidata dai francesi). «Comincia una rivoluzione copernicana – racconta Titina – che parte sul campo e si perfeziona in cantina». «Si afferma un principio – spiega Marco Giulioli, allievo di Cotarella ed enologo della Guardiense – valorizzare al massimo le particolarità delle uve esaltandone le differenze». La Guardiense avvia i primi progetti di ricerca collaborando con la facoltà di agraria della Federico II e con altri centri di ricerca, accede ai finanziamenti europei per innovare e migliorare la struttura. Parte la zonazione vitivinicola che permette di individuare i terreni migliori da cui estrarre i vini più pregiati, e dà il via all’agricoltura di precisione sui primi 70 ettari. Nella terra dei sanniti un drone sorvola le vigne e restituisce la mappa su cui calibrare i trattamenti (minimi). L’innovazione corre. La coop sannita si dota di una App per monitorare i terreni, parte in piccola quantità la produzione biologica. Nel 2013 arriva l’Oscar del vino per l’Aglianico della linea “I Mille” e poi ogni anno si aggiungono altri premi, per le linee “Janare”, “Anima Lavica”.
A pochi chilometri da Guardia Sanframondi, un’altra cantina, con un brand più noto “Solopaca” e con 600 soci, porta i vini della Campania nel mondo. Programmi comuni? «Non abbiamo imparato la lezione dei nostri colleghi del Veneto e della Toscana – riflette Pigna – dove da decenni collaborano privati e istituzioni. Qui non è così. E talvolta si ci si dimentica di noi. Un esempio? poco lontano è in costruzione la linea ferroviaria ad alta capacità Napoli-Bari . Ebbene, nei pressi della stazione, si sarebbe potuto creare un hub logistico del vino. Ma nessuno ci ha pensato. Peccato!».
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