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La Biennale fotografa l’impegno degli emergenti under 40

L’Italia della prossima edizione sarà quella delle istanze di una nuova generazione di progettisti under 40 (età media, 33 anni): un’alleanza tra l’industria creativa e l’attenzione al territorio

di Paola Pierotti

Uccellaccio, Ripa Teatina (Foto: Barbara Rossi)

I punti chiave

2' di lettura

A poche settimane dall’avvio della 18° Mostra Internazionale di Architettura – La Biennale di Venezia si svelano i dettagli del Padiglione Italiano “Spaziale. Ognuno appartiene a tutti gli altri” curato da Fosbury Architecture, il collettivo di giovani professionisti (tutti nati tra il 1987 e il 1989) con Giacomo Ardesio, Alessandro Bonizzoni, Nicola Campri, Veronica Caprino e Claudia Mainardi. L’Italia della prossima Biennale architettura sarà quella delle istanze di una nuova generazione di progettisti under 40, con nove gruppi di progettisti e altrettanti advisor, professionisti provenienti da diversi campi delle industrie creative, per un totale di circa 50 persone, età media di 33 anni.

L’attenzione

«Attenzione all’impatto e alla responsabilità del settore delle costruzioni nella crisi ambientale, ma anche alla crisi di rilevanza dell'architettura e del progetto nella trasformazione di città e territori» dicono gli architetti di Fosbury (il cui nome riprende quello dell’atleta statunitense recentemente scomparso, noto per aver cambiato il salto in alto).Una mostra che è anche un laboratorio già attivo in nove luoghi simbolo del Paese, da Taranto a Trieste passando per la Baia di Ieranto e Cabras, raccontando le aree interne e le periferie, mettendo in campo il potenziale dei progettisti italiani “nativi sostenibili”, per i quali la transdisciplinarietà è uno strumento per espandere i limiti dell’architettura, e il manufatto costruito è un mezzo e non un fine ultimo. Il progetto Fosbury si fonda sulla visione dell’architettura come pratica di ricerca multidisciplinare al di là dei manufatti e della progettazione come risultato di un lavoro collettivo e collaborativo, che supera l’idea dell'architetto-autore.

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I temi

Com’era stato per il padiglione curato da Tam Associati e poi da Mario Cucinella, l'occasione dell'esposizione di Venezia è lo spunto per realizzare nuovi progetti, «un attivatore di azioni concrete a beneficio di territori e comunità locali, oltre l’idea che una mostra debba essere solo esibizione», commentano i curatori. In particolare, una parte consistente dei fondi pubblici destinati al Padiglione è stata utilizzata per innescare nuovi processi o potenziare progetti esistenti aggiungendovi un nuovo capitolo. Nove storie urbane di fragilità, temi urgenti per il contesto italiano, che diventano altrettante tappe di un’inedita geografia, mete simboliche di un rinnovato “viaggio in Italia”. I temi sono quelli della riconciliazione con l’ambiente, della coesistenza multiculturale, del recupero del patrimonio incompiuto, dell'’inclusione sociale lavorando sulla democratizzazione delle attività ricreative, e ancora della transizione alimentare e più in generale della rigenerazione delle periferie; attenzione anche al superamento del divario digitale e ai limiti della tutela del paesaggio e della sua riproducibilità.

Per la Mostra del 2023, i curatori hanno preferito cogliere l’occasione del Padiglione per mettere in pratica «un’accademia diffusa sul territorio nazionale» e per finanziare – attraverso i fondi stanziati e raccolti – progetti utili per le comunità che hanno partecipato all'intero processo: per primi i Fosbury Architecture non hanno agito da curatori-autori, ma da mediatori tra diverse costellazioni di attori di un progetto collettivo che ha già dato vita a un vero e proprio Laboratorio del Futuro, il tema scelto dalla curatrice Lesley Lokko.

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