ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùCriteri Esg e rischio greenwashing

La blockchain può aiutarci a costruire una finanza più sostenibile e trasparente

Spesso la mancanza di metriche e rating rende difficile accertare le credenziali ambientali di un investimento

di Mara Airodi ed Ermanno Sgaravato

(tippapatt - stock.adobe.com)

7' di lettura

L’ambiente è entrato a far parte dei valori tutelati dalla Carta Costituzionale dal 22 febbraio 2022 con l’approvazione, della Legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1, per cui i nuovi articoli 9 e 41 della Costituzione prevedono che la Repubblica, ora, «tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni».

La Legge 9 marzo 2022, n. 22, inoltre, ha aggiunto i delitti contro il patrimonio culturale al catalogo dei reati presupposto per la responsabilità degli enti.

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Si tratta di due significativi e rilevanti esempi di una crescente attenzione, anche normativa, verso le tematiche etiche e ambientali.

Va detto, tuttavia, che da tempo anche il mondo degli investitori ha orientato l’attenzione agli “impatti” extraeconomici che alcune azioni posso determinare.

L’importanza degli investimenti sostenibili rappresenta il punto di arrivo di una necessità: indirizzare i fondi verso impieghi che producano valore aggiunto, non solo per gli azionisti, ma anche per i soggetti che partecipano alla creazione di valore, a partire dai dipendenti e dai fornitori, inclusa la comunità a cui il bene o servizio è indirizzato (i cosiddetti stakeholder).

Come tutti sappiamo, quando vi è una disponibilità di fondi, il problema diventa l’accesso a progetti di investimento in grado di catturare tali risorse.

Per gli investimenti sostenibili, pertanto, i criteri Esg (Environmental, social e governance) scaturiscono dalla consapevolezza degli oggettivi limiti che accompagnano i processi di crescita, a cui si aggiunge quella del riconoscimento del diritto di ogni essere umano ad avere accesso a condizioni di vita dignitose in un ambiente salubre, resa particolarmente evidente dalla recente pandemia, che ha evidenziato, come mai prima, le ripercussioni che la condizione di vita di taluno può avere sugli altri e sulla società in genere.

Lo sviluppo sostenibile si è esteso nel corso degli anni, diventando obiettivo primario della politica socioeconomica internazionale, anche per effetto di un’agenda e di specifici accordi (Assemblea generale dell’Onu del 25 settembre 2015 e Accordo di Parigi del 12 dicembre 2015).

Queste finalità hanno assunto negli ultimi anni una connotazione sociale estesa a ogni iniziativa, e in particolare nel mondo delle imprese e degli investitori.

L’acronimo Esg, quindi, è entrato in modo pervasivo tra i must have della comunità imprenditoriale e finanziaria internazionale, in relazione alle prospettive di successo di lungo periodo, non solo in termini di valore comunicativo.

Si è nel frattempo consolidata un’autorevole dottrina a sostegno della stretta correlazione positiva tra performance Esg e valore dell’azienda, per cui lo sviluppo sostenibile, oltre a essere un obiettivo etico, si accompagna a un valore economico.

Le società leader a livello internazionale stanno già adottando politiche di sostenibilità volte a ridurre i consumi di risorse attraverso l’uso di strumenti innovativi, nuove pratiche produttive, metodi originali e modelli rigorosi, con particolare interesse, altresì, ai temi dell’uguaglianza e dell’inclusività.

Un esempio, che ha ispirato molte aziende in tutto il mondo, viene dal Gruppo Danone, che già dagli anni Settanta ha avviato un processo di innovazione sul fronte sociale ed economico, con nuovi sistemi di report economico-finanziari, unitamente a specifiche responsabilità delle figure apicali aziendali e dell’intero Consiglio di amministrazione.

Pregevole, e meritevole di attenzione, è l’attività svolta dalla British Academy, anche attraverso l’introduzione del concetto di purposeful business per definire i paradigmi di un nuovo modello di capitalismo all’interno di una cultura sociale che interagisca in modo non distruttivo con il pianeta.

Come rilevato recentemente da Stefano Gatti e Marco Ghilotti su queste pagine, i princìpi non sono sufficienti ed è necessario che gli investitori siano dotati di metriche idonee a verificare la accountability dei Cda nel lungo termine, in quanto non sempre è possibile valutare l’effettivo impatto delle politiche aziendali adottate.

E sono proprio i citati principles della British Academy a rimarcare che il futuro delle aziende dovrà necessariamente passare attraverso una chiara accountability e la missione aziendale dovrà essere orientata alla ricerca di soluzioni dei problemi delle persone e del pianeta.

Il Rapporto sulla clientela del private banking in Italia 2021 di Aipb riporta i risultati di un’intervista svolta su un campione di investitori, secondo cui è notevolmente aumentato l’interesse nell’investimento verde, nei fondi etici e negli impieghi a forte impatto sociale. Tali comparti risultano interessanti, rispettivamente, per circa il 36, il 45 e il 35% degli intervistati, contro circa il 16, il 20 e il 12% che vi hanno investito negli ultimi tre anni.

In tale contesto, gli investitori istituzionali, al fine di indirizzare le loro scelte di collocamento verso società che rispettino i requisiti Esg, necessitano già ora di informazioni non finanziarie e della loro “asseverazione” come forma di controllo.

Nel contesto attuale, tuttavia, risulta difficile certificare gli investimenti sostenibili a causa dell’assenza di definizioni, metriche e rating condivisi, con conseguenti complicazioni per i Fondi che devono dimostrare la compatibilità Esg dei propri investimenti, esponendoli in alcuni casi a severe censure.

Nell’agosto 2021 questo problema è esploso in maniera fragorosa, quando un’analisi del think tank Influence Map ha evidenziato che solo il 30% del campione esaminato rispettava i criteri e gli obiettivi Esg prefissati, e nella colonna dei “cattivi” figuravano molti nomi importanti della finanza.

La mancanza di dimostrabilità dei fattori Esg, inoltre, potrebbe generare rischi di frodi afferenti al cosiddetto greenwashing, con elevati rischi di rilevanza anche penale come emerso anche nei giorni scorsi nel caso Deutsche Bank e della controllata Dws.

È avvertita, pertanto, l’esigenza di dotare le aziende di strumenti in grado di certificare le politiche Esg al fine di documentare, spiegare e valutare i risultati raggiunti in ordine alla sostenibilità ambientale, sociale e di governance, con gli adeguati requisiti di trasparenza e affidabilità per gli investitori.

Una risposta a questa esigenza può essere fornita dal sistema blockchain, grazie alle caratteristiche intrinseche della sua tecnologia trasparente, non modificabile e sicura, che permettono di “notarizzare” e archiviare in modo inalterabile il risultato di una determinata azione, come ad esempio il risparmio giornaliero di CO2.

In termini generali, con meccanismi di blockchain è possibile tracciare in maniera non alterabile ex-post cosa sia stato deciso, da chi e quando, potendo quindi dimostrare la sostenibilità delle scelte adottate e dei risultati raggiunti.

Questo fornirebbe a tutti gli stakeholder dati certificati sotto i profili di affidabilità, tracciamento e trasparenza, offrendo, in tal modo, opportuna pubblicità ai terzi investitori.

Si tratta di un meccanismo che consentirebbe anche ai Ceo dei gestori dei Fondi, e delle imprese che ricevono risorse da tali Fondi a fronte del raggiungimento di determinati obiettivi di rendimento, di disporre di uno strumento formidabile per dimostrare le decisioni assunte e come queste sono state trasferite lungo la catena di comando e, in definitiva, come sono state concretamente attuate.

La tecnologia blockchain nasce dall’esigenza di garantire, by design, trasparenza e sicurezza ai dati archiviati, in quanto costruita per eliminare, o quantomeno ridurre significativamente, il ruolo di un garante, perché è la tecnologia stessa, con la pluralità dei partecipanti al sistema, a rappresentare la garanzia dell’inviolabilità dello stesso meccanismo.

Significativo risulta, in tal senso, l’esplosione del mercato delle criptovalute incentrato proprio sul sistema blockchain che, prima del recente crollo, nel novembre 2021 era arrivato a capitalizzare 2.900 miliardi di dollari, in assenza di alcun terzo garante delle transazioni, con tutti i pregi, e anche i rischi, che questo comporta.

Con la blockchain si crea un blocco per ciascuna transazione (dove per transazione si intende il cambiamento di status di una qualsiasi variabile in gioco) attraverso la codificazione di una stringa crittografata, detta hash, che rappresenta il collegamento al dato principale; ciascun blocco riporta anche l’hash del blocco precedente e la catena dei blocchi (blockchain) risiede sui computer di tutti gli stakeholder del sistema (i cosiddetti nodi): l’informazione, quindi, è replicata tante volte quanti sono i nodi presenti.

In tale sistema, pertanto, l’hash può essere modificato solo alterando tutti gli hash degli altri blocchi della catena e questa variazione deve avvenire nel momento su tutti i blocchi, in quanto l’hash presente su ciascun nodo contiene anche l’indicazione del momento in cui è stato generato: un incubo per gli hacker.

Una particolare attenzione va posta nell’evitare di considerare l’equivalenza bitcon=blockchain come assoluta: esistono almeno altre 30 blockchain in grado di poter svolgere lo stesso lavoro e con consumi di energia irrisori.

In pratica cosa si può certificare con un sistema in blockchain: il rispetto degli impegni presi per la riduzione di CO2, ma anche la maggior inclusività realizzata, la maggior trasparenza offerta alla Pubblica amministrazione, la modalità di selezione degli investimenti da effettuare, etc.

Colui che riceverà i fondi per un investimento Esg, quindi, adottando una procedura blockchain renderà immodificabili gli impegni assunti con i Finanziatori al momento della negoziazione dell’investimento, offrendo agli stessi investitori la possibilità di verificare l’avanzamento del piano prospettato rispetto agli obiettivi e orientare di conseguenza le scelte operative.

Il controllo, pertanto, potrebbe avvenire in tempo reale e per tutte le variabili in gioco sulla base della piena affidabilità dei dati consultabili; in tal modo diverrebbe improponibile il confronto con altre modalità, anche sofisticate, di report secondo i tradizionali criteri di auditing “a campione”.

Si può arrivare a realizzare un vero e proprio contratto che predetermini “premi” e “penitenze” in funzione dell’avanzamento delle performance di ciascun singolo progetto, ma anche a livello aziendale aggregato.

Il programma di lavoro “Indigo” del Government Outcomes Lab dell’Università di Oxford raccoglie già una lista di progetti innovativi che legano la remunerazione all’ottenimento di impatto; a livello aggregato, invece, l’Harvard Business School sta lavorando sul concetto di impact-weighted account per stabilire delle regole contabili standard per riportare l’impatto economico, sociale e ambientale delle imprese.

Una volta chiarita la definizione delle metriche, la tecnologia blockchain permetterà a questo settore di crescere esponenzialmente. La fiducia nella validità concettuale degli indicatori, insieme alla loro verificabilità istantanea, permetterà la creazione di un vero e proprio mercato digitale di impact token, nel settore ambientale (come i carbon credit), ma anche nel settore sociale (come nell’esempio pilota del Rotterdam Impact Key o Rikx recentemente premiato da Bloomberg Philanthropies).

Alcune società, come Eni, si stanno già muovendo in questo ambito con l’adozione di sistemi di governo del mondo Esg di routine blockchain a supporto.

Si può immaginare, quindi, un futuro con aziende dotate di un “bollino di qualità” che si differenzino per una maggiore affidabilità, in quanto “certificabili” rispetto agli obiettivi dell’agenda Onu 2030?

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