La Brexit degli Eurobond: le banche li rimpatriano in forma dematerializzata
L’emissione Bper dello scorso dicembre è la prima in assoluto in Italia a eliminare la forma cartolare e a sfruttare i vantaggi della legislazione nazionale e dell’accentramento presso la ex-Monte Titoli. Un esempio che sarà presto seguito per un mercato che vale fino a 400 miliardi.
di Maximilian Cellino
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I punti chiave
4' di lettura
Emettere obbligazioni fisiche, veri e propri documenti cartacei nominativi o al portatore sotto la legislazione britannica e depositati poi fisicamente fino a scadenza presso casse di compensazione quali Clearstream o Euroclear. Per anni la prassi ha portato le banche, comprese le italiane, a seguire questa via per completare i programmi di finanziamento a medio lungo termine sui mercati internazionali dei capitali: una forma assai costosa da utilizzare, la cui gestione è stata resa ancora più complessa dall’avvento della Brexit, ma che potrebbe però essere presto soppiantata da soluzioni più semplici ed efficienti che si profilano all’orizzonte e in alcuni casi sono già realtà.
Bper rompe il ghiaccio
Lo scorso dicembre Bper ha infatti collocato un bond da 500 milioni di euro con un’operazione che potrebbe rappresentare una svolta epocale per il nostro mercato e non solo. Si tratta della prima, e per ora unica, emissione di una banca italiana effettuata nell’ambito di un programma Emtn (Euro Medium Term Note Programme) in forma dematerializzata e accentrata presso Euronext Securities Milan, la ex-Monte Titoli. Il suo esempio, cioè quello di collocare obbligazioni emesse ai sensi della legge italiana in forma dematerializzata, accentrandoli presso il depositario centrale domestico ed evitando così di ricorrere alla forma cartolare, potrebbe però essere imitato a breve dalle concorrenti, proprio perché segue un percorso più agile e meno oneroso.
«Emettere titoli costituiti ai sensi della legislazione inglese - sottolinea Eugenio Muschio, Partner della practice Banking & Financing di Baker McKenzie - comporta una serie di adempimenti di elevata complessità, sia dal punto di vista della documentazione legale da produrre, sia sotto l’aspetto operativo». Nel suo ragionamento, il legale dello studio che ha assistito le banche Joint Lead Managers che hanno sottoscritto nel mercato primario il bond Bper, operando in stretta collaborazione con l’emittente, ricorda il maggior numero di soggetti coinvolti nel processo di emissione di bond emessi ai sensi delle legislazione inglese.
I vantaggi del «rimpatrio»
Fra questi i fiduciari (trustee/fiscal agent), i rappresentanti per i claims (process agent) e i mandatari finanziari (payment agents), nonché i soggetti coinvolti nel processo di gestione del titolo cartolare (Common Safekeeper/Common Service Provider) e la relativa documentazione di supporto. «Queste figure e strutture - aggiunge appunto Muschio - non sarebbero più necessarie in caso di titoli dematerializzati, emessi sotto la legislazione italiana e accentrati presso Euronext Securities».
A elencare i vantaggi di una soluzione che punta a rafforzare l’infrastruttura di mercato nazionale in linea con gli obiettivi indicati dal Libro Verde del Mef è anche un white paper pubblicato di recente dalla stessa Euronext, nel quale si sottolinea pure come sia stata la stessa Bce a spingere in tale direzione per superare le difficoltà sollevate da Brexit e sviluppare in modo più efficiente e meno costoso i mercati domestici. Attraverso l’attività del Debt Issuance Market Contact Group (Dimcg), l’Eurotower ha infatti invitato gli Stati membri «a consentire e facilitare l’emissione di strumenti di debito in forma completamente dematerializzata», eliminando i conflitti di legge che riguardano «il riconoscimento dei diritti e degli obblighi connessi a tali titoli».
Un mercato potenzialmente enorme
Il raggio di azione sarebbe del resto potenzialmente enorme, visto che fra banche e società di grandi dimensioni vi sono oltre 400 miliardi di euro di obbligazioni di grandi emittenti Italiani emessi in forma cartolare presso depositari internazionali. E se pure si circoscrivesse l’analisi al solo settore finanziario l’ammontare dei bond fra senior, subordinati e senior non-preferred (come quello emesso da Bper) si aggirerebbe sui 257 miliardi, quasi un terzo dei quali in scadenza (e quindi da rifinanziare) fra il 2023 e il 2024. Sono tutti titoli potenzialmente pronti per quella dematerializzazione che consentirebbe il «rimpatrio» degli Eurobond all’interno del diritto comunitario e la custodia presso Euronext Securities.
Titoli ancora attraenti?
Il dubbio legittimo sollevato da alcuni operatori di mercato sulle capacità di attirare la platea dei grandi fondi internazionali da parte dei nuovi bond domestici, ai quali verrebbe assegnato un codice Isin «IT» e non più «XS» non pare spaventare più di tanto. «Il codice non incorpora alcun rischio Paese aggiuntivo che non sia già catturato dal rischio emittente, che dipende appunto da chi emette il titolo e non dalla sua struttura», sembra voler tranquillizzare Euronext, secondo cui «gli investitori, in particolare i più sofisticati, prenderanno le loro decisioni sulla base dei fondamentali e non del codice».
Un ragionamento sulla carta questo, che a una prima verifica appare tuttavia confermato anche nella pratica dall’esperienza Bper: «Non nascondo che ci si sia interrogati su come gli operatori avrebbero percepito questa modifica - ammette Muschio - ma alla resa dei conti il mercato ha poi reagito confermando l’appeal che si poteva attendere sul titolo e si è quindi realizzato che né la dematerializzazione, né il cambio di giurisdizione rappresentassero un problema». Forse i tempi per abbandonare una consuetudine sempre più costosa e riportare sotto il tetto nazionale i bond finanziari sono davvero maturi.
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