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La brusca frenata del commercio globale

Dopo un boom apparente nella prima metà del 2021, la ripresa degli scambi ha deragliato. E adesso siamo in una transizione delicata. Vediamo perché

di Marcello Minenna

(AdobeStock)

6' di lettura

Dopo un boom apparente nella prima metà del 2021, la ripresa degli scambi internazionali ha deragliato nella seconda parte dell’anno. Il mix tossico tra l’inflazione in crescita nel settore dell’energia e dei beni alimentari primari, i colli di bottiglia nel sistema globale di distribuzione merci e il rallentamento della produzione industriale hanno impattato sul trend di crescita del commercio in maniera peggiore del previsto.

De facto, a fine ottobre 2021 l’indice composito elaborato dagli economisti del Wto (Wtoi, cfr. figura 1) fotografa una crescita in rallentamento, destinata a scendere ben al di sotto del trend storico. L’incremento dei volumi dei beni esportati è sceso intorno al 5% annuo, dopo una breve fiammata oltre il 20% a metà anno e una brusca inversione di rotta a partire dal mese di luglio. La frenata appare decisa, sincronizzata in tutte le principali macro-aree economiche e lungo tutta la catena del valore globale.

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INDICE DI ANDAMENTO DEL COMMERCIO GLOBALE (World Trade Outlook Indicator)
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Il settore automotive (barre azzurre) ha subìto un vero e proprio tracollo (-21%), principalmente per via dell’impatto molto negativo della scarsità della componentistica elettronica, che ha bloccato intere linee di produzione e allungato a dismisura i tempi di consegna. A ruota segue non sorprendentemente il settore dell’elettronica a trazione cinese (barre arancioni) che, dopo un breve boom oltre i 15 punti sopra il trend, si è riportato in crescita tendenziale ma con un outlook fortemente negativo. Va male anche l’andamento degli ordini relativi alle esportazioni future (barre gialle) e del commercio via cargo navale (barre viola), colpiti pesantemente dal congestionamento dei nodi infrastrutturali della rete commerciale globale.

Sull’agroalimentare (barre verdi) inizia e pesare negativamente l’incessante rialzo dei prezzi sui mercati internazionali. L’unico settore a mostrare un’espansione superiore al trend storico è quello del commercio via aerea (barre rosse), sostenuto paradossalmente dai massicci backlog e dai costi stratosferici di noleggio containers che si registrano nei principali porti mondiali e che rendono competitivo il trasferimento merci via cargo aereo.

Un rallentamento sincronizzato e su larga scala

Studiando la decomposizione dei volumi delle esportazioni per area geografica (cfr. figura 2), si nota come non ci sia un’area geografica che sia immune alla frenata degli scambi internazionali. La «staffetta» tra Cina e Usa che aveva caratterizzato la fase di forte espansione dei volumi esportati nel primo semestre 2021 si è bruscamente interrotta con l’avvio di un rapido trend declinante dell’export Usa (barre rosse), favorito da un rapido apprezzamento del dollaro sui mercati valutari internazionali, specialmente nei confronti delle grandi economie emergenti.

Dal mese di marzo 2021 si era manifestata una prima riduzione del ritmo di crescita delle esportazioni cinesi (barre verdi) dovuta al raffreddamento del ciclo domestico di espansione del credito. Nella seconda metà dell’anno la debolezza dell’export cinese si è rafforzata, riportando le variazioni percentuali a 12 mesi ai livelli di inizio anno. Le altre economie asiatiche avanzate (Giappone, Corea, Singapore, barre viola), che hanno trainato l’espansione dei volumi esportati nella fase ascendente del ciclo, hanno mostrano anch’esse segni di evidente rallentamento.

ANDAMENTO DEI VOLUMI DELLE ESPORTAZIONI
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Le esportazioni dell’area euro segnano il passo

Per quanto riguarda l’area Euro, l’evoluzione delle esportazioni ha seguito la dinamica osservata negli Usa con un trimestre circa di ritardo, come già sperimentato in passato. A una fase di forte recupero a seguito delle riaperture post-lockdown nella primavera 2021 che ha registrato un picco (+28%) a maggio, è seguita una rapida decelerazione della crescita fino a un sostanziale azzeramento a ottobre 2021 (cfr. figura 3). Anche in questo caso si è osservato un rallentamento sincrono verso tutte le principali aree geografiche di sbocco: a pesare maggiormente è stata la frenata dell’export verso gli altri Paesi europei che complessivamente corrispondono a circa il 40% delle esportazioni totali della nostra area valutaria. La frenata ha riguardato sia i Paesi appartenenti all’Unione europea (Ue, barre marroni) che quelli extra-Ue (barre azzurre), verso i quali si registra addirittura una variazione percentuale negativa rispetto a 12 mesi prima. A seguire, hanno sofferto gli scambi con gli Usa (barre rosse) e la Cina (barre grigio scuro). Hanno tenuto meglio i volumi verso l’America Latina, che però contano molto poco rispetto al totale.

EUROZONA - ANDAMENTO DEI VOLUMI DELLE ESPORTAZIONI/1
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Regno Unito e Turchia: gli epicentri della debolezza

All’interno delle singole macro-aree geografiche ci sono delle differenze importanti tra Paesi che è interessante analizzare. Si considerino per esempio i Paesi dell’Ue non appartenenti all’Eurozona (assieme al Regno Unito che da 12 mesi non ne fa più parte), con cui ci sono i legami più intensi dal punto di vista commerciale: l’andamento del volume delle esportazioni verso questi Paesi sembra riflettere in maniera più marcata il ciclo di espansione/rallentamento sperimentato nel 2021.

EUROZONA - ANDAMENTO DEI VOLUMI DELLE ESPORTAZIONI/2
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In particolare balza all’occhio il dato dell’export verso il Regno Unito (barre rosse), che dopo un breve recupero in primavera si è riassestato in quello che sembra essere un pattern di perdurante declino.

A tal proposito, vale la pena notare come il trend di calo degli scambi sia visibile già a partire da ottobre 2019, in concomitanza con i complicati round di negoziazione della Brexit che avevano accentuato a dismisura l’incertezza nel breve termine. La pandemia ha poi peggiorato la situazione, contribuendo assieme al fattore Brexit al momento di nadir nella variazione a 12 mesi registrato a giugno 2020.

Il nuovo colpo ricevuto dai volumi esportati nell’inverno scorso plausibilmente è attribuibile al duro lockdown dell’economia britannica a seguito della forte onda pandemica che ha interessato il Paese. Con le riaperture disposte a marzo 2021 e una ritrovata stabilità delle regole di ingaggio si è delineato un trend di recupero. Questo afflato espansivo è però andato rapidamente in crisi con il rallentamento della congiuntura globale a partire dall’estate, nonostante l’effetto-Brexit sia stato de facto mitigato da un periodo di grazia (grace period) concordato con l’Unione Europea che ha esonerato fino a fine anno gli esportatori europei da molti adempimenti burocratici.

Spicca in negativo anche il dato delle esportazioni verso la Polonia (barre gialle), che rappresentava uno dei mercati di punta per l’area Euro e mostrava una crescita di quasi il 9% a maggio; tuttavia anche gli altri Paesi Ue confermano una progressiva fase di raffreddamento degli scambi.

Parimenti importante è la decomposizione relativa ai Paesi europei extra-Ue, altro sbocco fondamentale per l’export dell’area Euro.

EUROZONA - ANDAMENTO DEI VOLUMI DELLE ESPORTAZIONI/3
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In questo caso l’indice rappresentativo è in forte frenata negli ultimi mesi anche per via del rallentamento degli scambi commerciali con la Svizzera (barre verdi), dopo una breve fase di catch-up positivo dei volumi a seguito della rimozione delle restrizioni all’attività economica imposte nei principali Paesi dell’area Euro confinanti (Germania, Francia, Italia).

A spingere l’indice in area negativa sono però le esportazioni verso la Turchia (barre viola), che stanno soffrendo soprattutto a causa del progressivo peggioramento della crisi valutaria turca negli ultimi mesi. Nella fase espansiva i volumi avevano mostrato un andamento molto dinamico per via dei forti stimoli fiscali e monetari che avevano sostenuto l’economia turca in momento di generale recessione nei Paesi confinanti. Un’imponente ripresa dei consumi (+7,4% annuo al picco di maggio 2021) e degli investimenti domestici (+11,4% annuo), supportata dal costo del credito al netto dell'inflazione più basso del mondo ha incentivato l’import dall’area Euro persino durante il 2020. A partire da luglio 2021 però, le ricadute negative sul tasso di cambio della lira turca e sul tasso di inflazione hanno «soffocato» la crescita dell’export dall’Eurozona verso la Turchia in maniera più che proporzionale.

È ragionevole ipotizzare che l’avvitamento del tasso di cambio registrato nei mesi di novembre-dicembre si rifletterà negativamente sui dati per via dell'aumento dei costi «vivi» delle importazioni e di un plausibile rallentamento dell'attività economica nel Paese. Anche il recupero nei volumi di esportazioni dai Paesi dell’area Euro verso la Russia (barre celesti), dopo una lunga fase di declino pluriannuale, si è normalizzato su livelli neutri.

Una transizione delicata

L’economia mondiale è di nuovo in una fase delicata: dopo il deciso rimbalzo post-pandemico del 2021, i venti contrari stanno aumentando d’intensità. Da un lato è stato sottovalutato l’impatto dei colli di bottiglia logistici nella rete di distribuzione merci globale, che hanno amplificato la ripresa dell’inflazione ben oltre quanto auspicato da governi e banche centrali. Dall’altro, la pandemia ha dimostrato di essere tutt’altro che esaurita e di poter ancora influenzare negativamente le sorti dell'economia globale: i dati sugli scambi internazionali qui riportati non riflettono ancora l'impatto della nuova onda pandemica dovuta alla variante Omicron che sta riportando in auge un nuovo round di restrizioni all’attività economica in Europa.

Al di là dei riflessi su consumi ed investimenti nel vecchio continente che potrebbero essere limitati grazie alla larga copertura ancora garantita dai vaccini, non bisogna sottovalutare l’impatto che ci sarà nei prossimi mesi sulle grandi economie emergenti come India e Brasile e gli effetti deleteri di eventuali blocchi sanitari che la politica di Covid zero della Cina potrebbe avere sugli scambi. A dispetto di quanto si sperava solo pochi mesi fa, l'economia globale non è ancora fuori dai guai.

Marcello Minenna, Direttore Generale dell'Agenzia delle Dogane e Monopoli
@MarcelloMinenna
Le opinioni espresse sono strettamente personali

Riproduzione riservata ©

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