progetto human company

La centrale di Porto Tolle diventa un villaggio turistico open air

di Davide Madeddu

3' di lettura

La “torre dell’energia” sarà l’ultimo ricordo del passato industriale. Una ciminiera di cemento armato che si eleva sino a 250 metri d’altezza dominando il panorama del Delta del Po. A Porto Tolle si volta pagina e la centrale termoelettrica a olio combustibile, spenta nel 2015 e dichiarata in conservazione, si dovrebbe trasformare in un villaggio turistico innovativo open air. A presentare il progetto il gruppo fiorentino Human Company, leader in Italia nel settore del turismo all’aria aperta.

Nuovo corso, all’interno di una filosofia dedita all’economia circolare, che interessa anche altri 23 siti energetico-industriali situati in posizioni strategiche sia per la composizione dei luoghi circostanti, sia per la presenza d'acqua e le infrastrutture e con un'estensione complessiva di 2.900 ettari, 400mila metri quadrati di superfici interne, 9 località costiere. Quelli, per essere precisi, inseriti nel programma Futur-e portato avanti dall’Enel in tutta Italia. Compendi composti da 23 centrali (a turbogas o olio combustibile) e una miniera di lignite che, secondo una stima (basata sul lavoro svolto sino a oggi) degli esperti potrebbero riuscire a creare investimenti (per l’intero paese) per 2,5 miliardi di euro.

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«L’idea è di dare una nuova vita alle centrali, attraverso percorsi innovativi che si riconoscono nel programma di una nuova economia circolare e hanno l’obiettivo di dare un apporto ai territori con i quali si instaura un dialogo – chiarisce Marco Fragale, responsabile di Futur-e -; anzi, si tratta di un dialogo che prosegue, perché i territori in cui vogliamo portare nuovo valore con Futur-e sono aree dove siamo presenti da tempo e dove esiste già un legame con le comunità locali». In fase avanzata, oltre al progetto di Porto Tolle, ci sono anche altre iniziative. A Trino è già stato firmato un preliminare per la vendita del sito alla Galileo Ferraris s.r.l.. Obiettivo degli investitori locali la trasformazione dell’area in «un parco tematico dedicato all’automotive, con laboratori di ricerca sull’auto elettrica e un’area dedicata con stazioni di ricarica, parchi, spazi per innovazione e servizi».

Non solo: mentre, a Carpi, la vecchia centrale è diventata hub della logistica al servizio del gruppo Enel e Porto Marghera conserva la vocazione industriale, a Piombino si punta su turismo, commercio e attività ricettiva e nautica grazie alla riqualificazione del porticciolo esistente, oltre che su ricerca scientifica e agricoltura sperimentale.

Ad Assemini il futuro della vecchia centrale è un impianto “di stabilizzazione della rete elettrica”. La formula utilizzata per attuare questa riconversione parte dal concorso di progetto e prosegue con una sorta di affiancamento sino alla realizzazione definitiva. «Se un’azienda si propone per farla – prosegue Fragale - dobbiamo tutelare noi e il territorio e, per assicurarci che il progetto si realizzi, seguiamo le fasi in un percorso di accompagnamento che passa dalla verifica del progetto fino al preliminare e poi alla vendita.

L’obiettivo è garantire uno sviluppo che non sia effimero, ma che abbia le basi per durare nel tempo». Sfide, nel nome dell’economia circolare ma anche conservando le caratteristiche di una stagione industriale considerata, per il tempo, all’avanguardia. E sarà una sfida anche il recupero della centrale di Bari, spenta dopo 50 anni di attività e integrata nel circuito urbano. Un complesso industriale considerato per l’epoca ultramoderno e in cui sono ancora visibili le particolari caratteristiche architettoniche. Elementi che, nel nuovo corso, dovranno essere garantiti.

Non mancano all’appello neppure le altre centrali, il cui recupero suscita l’interesse imprenditoriale. Siti che vanno da Montalto di Castro a Campomarino, da Portoscuso a Rossano continuando con Gualdo Cattaneo – Bastardo e Giugliano. Eppoi le altre: Termini Imerese, Augusta, Maddaloni, Larino, Pietrafitta, La Spezia, Genova, Camerata Picena, Livorno, Alessandria. Non solo centrali. Alle “fabbriche dell’energia” che hanno assicurato potenza per 13 gigawatt, si unisce ora l’ex miniera di lignite di Santa Barbara (nel comune di Cavriglia successivamente estesa interessando anche il territorio comunale di Figline Valdarno, recentemente diventato Comune di Figline e Incisa Valdarno).

In questo caso la conversione riguarda un’area che si estende per 1.600 ettari. La coltivazione, iniziata nel 1955 è terminata nel 1994. Un esperimento, ma anche quella che Marco Fragale definisce «una scommessa vincente che parte dalle centrali e che, dopo Santa Barbara, può essere esportata ed estesa anche ad altri asset».

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