Cina: la crisi del settore immobiliare minaccia la crescita economica globale
Country Garden blocca i bond e sprofonda in Borsa: è l’ultimo dei campanelli d’allarme da Pechino. Le Borse occidentali continuano nella loro marcia ignorando i possibili contagi, ma il dollaro tradisce segni di inquietudine
di Maximilian Cellino
I punti chiave
3' di lettura
La Cina prova ancora una volta a turbare, come già avvenuto in passato, il sonnolento incedere dei mercati azionari nel mese d’agosto. Questa volta non riesce però, almeno per il momento, a contagiare le Borse dei Paesi più avanzati. La potenziale mina pronta a esplodere si colloca nell’immobiliare del Dragone in profonda crisi: la principale società del settore, Country Garden , ha sospeso la negoziazione di 11 obbligazioni onshore (titoli in yuan che circolano solo sul territorio nazionale, a differenza dei titoli offshore) per problemi relativi al loro rimborso, tracollando del 18% alla Borsa di Hong Kong e trascinando con sé l’indice Hang Seng a -2,4 per cento.
Il motore cinese batte in testa
Non è certo un caso isolato quello di Country Garden in ambito finanziario, visto che lo scorso fine settimana due società quotate cinesi hanno dichiarato di non aver ricevuto i pagamenti dovuti per i prodotti di investimento in scadenza da Zhongrong International Trust, gestore di patrimoni privati sul quale ora l’autorità di regolamentazione bancaria del Paese ha annunciato la creazione di una task force per esaminarne i rischi. Il tutto dopo che venerdì gli ultimi dati sul settore del credito locale avevano lanciato ulteriori segnali di instabilità, con un ammontare di nuovi prestiti concessi a luglio in forte riduzione (346 miliardi di yuan, circa 47,8 miliardi di dollari) e inferiori alla metà di quanto atteso.
Il mondo prende le distanze
Campanelli di allarme che continuano a risuonare, quindi, ma che il resto del mondo finanziario per il momento fa quasi finta di non sentire. Dopo una sbandata iniziale le Borse europee hanno infatti recuperato terreno per terminare non lontane dai valori di venerdì scorso mentre Wall Street procedeva positiva in avvio. Piazza Affari ha addirittura chiuso a +0,57% perché sostenuta dai titoli del settore bancario, alcuni dei quali sono anche riusciti anche a recuperare le perdite subite dopo l’annuncio dell’imposta degli extra-profitti. Bilancio misto altrove, con Francoforte a +0,46%, Parigi a +0,12% e Madrid a -0,05 per cento.
«Le immediate ricadute economiche e di mercato a livello globale dei problemi di Country Garden sembrano essere limitate, perché l’esposizione estera al settore immobiliare cinese è diminuita in modo significativo negli ultimi anni», spiega Jennifer McKeown, capoeconomista globale di Capital Economics, che confida inoltre (come sembra fare il resto degli investitori) in un ulteriore intervento delle autorità di Pechino per circoscrivere la diffusione del «virus».
Occhi puntati sugli interventi di Pechino
«I deludenti dati sul credito rappresentano un altro segnale del fatto che la domanda finale rimane debole, nonostante le scarse misure di sostegno adottate finora in Cina, ma ora il deterioramento del quadro macroeconomico dovrebbe aumentare la pressione sui responsabili politici e spingerli ad adottare fin da subito misure di stimolo più incisive per sostenere la crescita nel secondo semestre», aggiungono sotto questo aspetto gli analisti di Ubs. La loro previsione è per uno o due tagli del coefficiente di riserva obbligatoria (Reserve requirement ratio, RRR) e di 20 punti base del tasso sulle linee di credito a medio termine (Medium-term lending facility, MLF) entro la fine dell’anno.
I dubbi sull’efficacia di manovre che finora non hanno certo brillato per tempestività né per misura in ogni caso restano, così come appare chiaro che «le difficoltà del costruttore Country Garden - per dirla con le parole di McKeown - sono indicativi di una flessione strutturale che condizionerà l’economia globale per gli anni a venire». Così i più preoccupati fra gli operatori puntano gli sguardi sui movimenti di altri mercati finanziari, l’obbligazionario e il valutario, che non sembrano essere altrettanto tranquillizzanti rispetto a quelli delle Borse .
Se il dollaro fa venire dubbi
Lunedì i rendimenti dei titoli di Stato si sono mossi al rialzo, negli Usa (il decennale è salito al 4,17%) come in Europa, dove il Bund ha raggiunto i massimi da un mese al 2,63% e il BTp si è portato al 4,28%. Anche il dollaro si è rafforzato raggiungendo i massimi da un mese su scala globale (dollar index di nuovo sopra quota 103), ricacciando l’euro a 1,09 e tornando nei confronti dello yen sopra la soglia di 145 che lo scorso novembre aveva innescato gli interventi a sostegno della Banca del Giappone: un chiaro segnale di avversione al rischio che innesca la corsa al «bene rifugio» per eccellenza, secondo chi guarda con sospetto la Cina; semplici movimenti legati alle attese sui tassi Usa in vista dei dati provenienti dalle vendite al dettaglio e dai verbali dell’ultima riunione Fed attesi mercoledì per gli inguaribili ottimisti.
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