La colf cade dalla scala, spetta al datore di lavoro provare le condizioni di sicurezza
La domestica si è infortunata cadendo mentre rimuoveva delle tende
di Mauro Pizzin
I punti chiave
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La richiesta di risarcimento del danno presentata al datore di lavoro da una domestica che si è infortunata cadendo dalla scala mentre rimuoveva delle tende ha fornito alla Cassazione, sezione Lavoro, l’occasione per ricordare la ripartizione degli oneri probatori in materia di responsabilità datoriale conseguente alla violazione delle regole in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Nella vicenda, decisa con l’ordinanza 25217/2023 di ieri, la richiesta di risarcimento era stata respinta in entrambi i gradi di merito perché la lavoratrice avrebbe dovuto provare, oltre all’inadempimento datoriale, anche l’esistenza di un nesso di causalità tra l’inadempimento stesso e il danno alla salute subito.
Più nello specifico, era stato evidenziato che la domestica, per poter lavare le tende nei cambi di stagione, si serviva solitamente di una scala con l’ausilio del datore di lavoro, nella circostanza assentatosi temporaneamente dall’abitazione: per la Corte mancava la prova che fosse stato impartito l’ordine di compiere comunque quella operazione e che la scala usata non avesse una base stabile. Si riteneva, infine, non addebitabile al datore la presenza di un tappeto su cui la scala sarebbe scivolata, potendo essere quest’ultimo facilmente rimosso dalla donna.
La motivazione della Corte di cassazione
Di parere totalmente contrario la Cassazione, a cui la lavoratrice aveva fatto ricorso, secondo cui, una volta dimostrata l’esistenza del rapporto di lavoro, dell’infortunio e del nesso di causalità tra l’impiego di un determinato strumento di lavoro e il danno, incombe sul datore l’obbligo di dimostrare di avere adottato tutte le misure cautelari necessarie a evitare il danno, dal momento che la domestica aveva subito l’infortunio lavorando e senza aver messo in atto alcun comportamento abnorme.
La Corte di legittimità ha ricordato come sia consolidata in dottrina e in giurisprudenza la tesi secondo cui la responsabilità datoriale conseguente alla violazione delle regole dettate per la tutela della salute e sicurezza sul lavoro ha natura contrattuale, dal momento che il contenuto del contratto individuale risulta integrato per legge, in base all’articolo 1374 del Codice civile, dalla disposizione che impone l’obbligo di sicurezza.
Da questo contesto - chiarisce la Cassazione - non deriva una responsabilità oggettiva del datore ma occorre pur sempre l’elemento della colpa, la cui necessità va però coordinata con il particolare regime probatorio della responsabilità contrattuale, cosicché grava quindi sul “debitore di sicurezza” l’onere di provare di aver ottemperato all’obbligo di protezione, mentre il lavoratore creditore deve provare, come detto, sia le lesione all’integrità psico-fisica, sia il nesso di causalità tra tale evento dannoso e l’espletamento della prestazione lavorativa.
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