ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùAmerica Latina

La Colombia al voto tra droga e pace mancata con le Farc

Il presidente in carica, Ivan Duque, lascia la presidenza con luci e ombre. Gustavo Petro, di sinistra, è ultrafavorito, sfidato da Federico Gutierrez, della destra

di Roberto Da Rin

Colombia, arrestato il narcotrafficante Dario Antonio Usuga detto "Otoniel"

2' di lettura

Una elezione presidenziale definita “storica” già prima dell’apertura dei seggi elettorali. La Colombia non ha mai scelto un presidente di sinistra e questa pare essere la volta buona. La disuguaglianza, la povertà e la violenza costituiscono la premessa di questa eventuale sterzata. Un Paese rimasto imbrigliato nella parodia di se stesso, il Narcostato appunto, che oggi esporta più cocaina che mai. Nel 2020 il 40% dei colombiani ha vissuto in povertà con un aumento di 6,8 punti percentuali rispetto al 2019. Oggi il primo turno: Gustavo Petro, 62 anni, di sinistra, è ultrafavorito, sfidato dal leader della destra, Federico Gutierrez, già sindaco di Medellin. Poi un outsider indipendente, Rodolfo Hernandez e infine il centrista Sergio Fajardo. Ci sarà un ballottaggio tra i primi due, in programma il 19 giugno, a meno che un candidato non superi il 50% dei voti al primo turno di oggi.

Elezione blindata

Il presidente in carica, Ivan Duque, lascia la presidenza con luci e ombre. La ricostituzione di qualche settore produttivo, per esempio agricolo e alimentare, e lo sforzo di integrazione di circa 3 milioni di profughi venezuelani. La riduzione dell’export di coca è invece un obiettivo totalmente mancato.

Loading...

Un’elezione blindata con 300mila uomini dispiegati in tutte le regioni del Paese, a tutela della regolarità e della sicurezza del voto. Misure emergenziali che prevedono la chiusura di tutti valichi di frontiera. Un provvedimento complesso per un Paese quattro volte più esteso dell’Italia: bloccato il transito con le frontiere terrestri e fluviali con Brasile, Venezuela, Ecuador e Perù.

Governabilità in bilico

Un appuntamento che il presidente del Consiglio elettorale, Alexander Vega Rocha, ha definito «il più vigilato della storia colombiana»: 27 organizzazioni internazionali sbarcate a Bogotà per garantire le operazioni a 39milioni di colombiani. Economia, droga, violenza e una… “pace mancata”. Una governabilità, quella di Bogotà, sempre in bilico tra la corruzione e la corresponsabilità nel commercio di oro bianco (la cocaina). Eppure ci sarebbe spazio di crescita in altre filiere di produzione. I politici, i militari, i paramilitari e le Farc spesso collusi in un intreccio inscindibile. Un bel libro scritto da Guido Piccoli, “Colombia, il Paese dell’eccesso”, riporta la dichiarazione del generale Fernando Landazabal (1922-1998), che dà chiarezza sui rapporti di forza: «In Colombia, i colpi di Stato, lungi dal derivare dall’ambizione dei militari alla presa del potere, rappresentano una strategia della classe politica per non perderlo».

La pace di carta

Nel 2016 l’ex presidente colombiano Manuel Santos e i rappresentanti delle Farc (Forze armate rivoluzionarie della Colombia) hanno firmato un accordo di pace storico. Ma lo scontro non è mai cessato: dal 1° gennaio 2020 sono stati assassinati 310 tra leader sociali e difensori dei diritti umani e 64 ex combattenti delle Farc firmatari dell’accordo di pace. Non solo, la nascita di nuovi gruppi militari illegali ha contribuito a creare un clima di protesta e di violenza. Il nuovo presidente dovrà superare un paradigma radicato da decenni: l’economia della droga e la privatizzazione dell’uso della forza.

Riproduzione riservata ©

Brand connect

Loading...

Newsletter

Notizie e approfondimenti sugli avvenimenti politici, economici e finanziari.

Iscriviti