La Consulta ai tempi della crisi
di Marta Cartabia
4' di lettura
Come tutti gli attori istituzionali, anche la Corte costituzionale è stata investita dalla crisi economico-finanziaria dell’ultimo decennio.
La riforma costituzionale del 2012 ha incluso nel testo della Costituzione nuovi princìpi che esigono da tutti i soggetti pubblici il rispetto dell’equilibrio di bilancio. La Corte, custode di tutta la Costituzione, è tenuta ad assicurarne il rispetto.
Nel passato la Corte costituzionale ha ritenuto che non fosse suo compito farsi carico delle ricadute finanziarie derivanti dalle proprie decisioni, lasciando agli organi politici l’onere di reperire le risorse per assicurare la garanzia dei “diritti che costano”. Negli anni più recenti affiorano nella giurisprudenza costituzionale sintomi di un’attenzione più realistica per la dimensione economica delle garanzie costituzionali.
Questa osservazione richiede però una importante precisazione: se è vero che la Corte si mostra più consapevole dei problemi posti dalla sostenibilità economica delle decisioni pubbliche, è vero altresì che nella giurisprudenza costituzionale l’equilibrio del bilancio è uno, ma non l’unico, dei valori da considerare. La parola chiave è bilanciamento e l’idea chiave è che le esigenze finanziarie debbono essere ponderate unitamente agli altri valori costituzionali coinvolti nella controversia da decidere, senza mai prevaricare su nessuno di essi.
Volendo offrire uno sguardo di sintesi sulla giurisprudenza costituzionale seguita alla crisi economica, si può osservare che il bilanciamento operato dalla Corte ruota attorno al trinomio: persona, risorse, comunità.
Persona: pur negli anni delle più severe ristrettezze economiche la Corte costituzionale non ha mai consentito che le garanzie dei diritti che rispondono a esigenze basilari e indefettibili della persona possano essere sacrificate in nome delle esigenze dell’equilibrio del bilancio. Basti ricordare che la Corte ha continuato ininterrottamente a garantire i diritti dei disabili, così come quelli di altri soggetti vulnerabili, cittadini e non, quantomeno nel loro nucleo essenziale: «È la garanzia dei diritti incomprimibili a incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione», si legge ad esempio nella sentenza n. 275 del 2016.
Risorse: negli anni più recenti, la giurisprudenza costituzionale mostra di «prendere sul serio» le questioni di bilancio, della sua trasparenza, dell’adeguatezza degli stanziamenti e della copertura finanziaria delle leggi, intervenendo con decisioni molto incisive e con un sindacato che si è fatto nel tempo più stringente. Per la Corte il rispetto dei principi costituzionali, legislativi e contabili che compongono il “diritto del bilancio” «è funzionale alla valorizzazione della democrazia rappresentativa, nell’ambito della quale deve essere assicurata ai membri della collettività la cognizione delle modalità con le quali le risorse vengono prelevate, chieste in prestito, destinate, autorizzate in bilancio e infine spese» (sent. 184 del 2016).
Comunità: la ragione più profonda della crescente attenzione alla sostenibilità economica da parte della Corte si radica nella convinzione che attraverso la proporzionata allocazione delle risorse comuni si contribuisce a rafforzare il vincolo di solidarietà necessario alla costruzione e alla tenuta della societas, della comunità politica. A ben vedere, integrare nel bilanciamento dei valori costituzionali una adeguata considerazione per la sostenibilità economica e finanziaria delle decisioni pubbliche è bilanciare tra diritti e diritti: tra i diritti di chi già partecipa al godimento di determinate prestazioni e i diritti di chi ne è escluso, oggi o nelle future generazioni, in nome della solidarietà, collante necessario di ogni comunità politica (sentenze n. 10 del 2015 e n. 18 del 2019).
La Corte, benché all’interno di una configurazione istituzionale che attribuisce sempre principalmente al legislatore il compito di governare questi delicati equilibri, secondo indirizzi che riceve dagli elettori e dei quali risponde ai medesimi, è chiamata sempre di più - in particolare nei momenti di crisi - ad agire con la vista affetta da una sorta di strabismo: con un occhio guarda nel breve termine agli effetti particolari e generali delle sue decisioni; con l’altro guarda lontano, per l’innata vocazione delle sue sentenze a proiettare effetti nel lungo termine.
Bilanciare i valori costituzionali significa contemperare i princìpi e i diritti costituzionali in concreto, tenendo conto di tutte le esigenze in gioco dell’oggi e del domani, assicurando a ciascun valore la massima espansione possibile senza mai sacrificare completamente uno dei termini della questione. Si tratta di una operazione che richiede strumenti decisionali flessibili, che non sacrifichino i diritti, ma ne modulino l’effettività in ragione della loro sostenibilità. La Corte costituzionale italiana, traendo ispirazione anche dalle esperienze di altre Corti, si è dotata allo scopo di nuove tecniche processuali, ad esempio attraverso l’annullamento di leggi con effetto solo per il futuro quando ciò sia necessario per evitare squilibri di proporzioni macroeconomiche o altre lesioni a principi costituzionali.
Esercitare la giustizia costituzionale è dunque una questione di proporzione nella garanzia di tutti gli interessi da proteggere. Essa infatti, come insegna padre Dante costituisce una «realis ac personalis hominis ad hominem proportio quae, servata hominum servat societatem, corrupta corrumpit» (De Mon. II, 5); «la giustizia è una proporzione reale e personale tra uomo e uomo, che se è osservata sostiene (conserva) la società, se non è osservata la porta alla rovina».
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