La continuità operativa e il Coronavirus
di Alessandro Curioni
2' di lettura
Per anni le organizzazioni si sono poste il problema di come sopravvivere qualora venisse meno il proprio sistema informatico, più raramente hanno affrontato il rovescio della medaglia: come continuare a operare quando resta soltanto il sistema informatico. Di certo l'emergenza Coronavirus ha posto la questione proprio in questi termini con risultati che potremo misurare soltanto quando tutto sarà passato. Di certo per molte realtà si è trattato di un “stress test” senza precedenti.
Un esempio in proposito è l'esperienza che stanno vivendo le università di tutta Italia. Nel giro di meno di una settimana migliaia di docenti e milioni di studenti si sono ritrovati tutti insieme appassionatamente su varie piattaforme di formazione a distanza e, nonostante un carico di traffico senza precedenti, non senza difficoltà e disservizi di vario genere, il sistema ha retto. La prima considerazione, quindi, riguarda la necessità di prevedere non soltanto un'adeguata capacità dei sistemi di tollerare alti carichi di lavoro, ma anche quella di prevedere delle procedure che consentano di ottimizzarne l'utilizzo. Quello delle università è un caso emblematico, perché le iniziali difficoltà delle piattaforme erano il più delle volte determinate dalla contemporaneità delle connessioni dei docenti che registravano le proprie lezioni. Per un passaggio “indolore” probabilmente sarebbe bastato contingentare le attività. Un secondo tema che l'epidemia ha posto con forza è quello della filiera del mondo “reale”.
Nel momento in cui le misure di contenimento sono diventate fortemente restrittive, le aziende che producono beni materiali hanno dovuto guardare in faccia lo spettro del blocco, mentre per quelle considerate essenziali (pensiamo all'agroalimentare) si sono levate le legittime proteste dei lavoratori che si trovano in una inevitabile situazione di rischio. Quando tutto sarà finito, il tema dell'automazione e soprattutto del controllo dei sistemi da remoto sarà un tema di cui molto si discuterà. E' facile immaginare che entrambi i fronti (imprenditoriale e sindacale) avranno molto di cui discutere. Imprese fortemente digitalizzate avrebbero potuto consentire la minimizzazione della forza lavoro presente fisicamente sul posto di lavoro.
Chiaramente, in una situazione di normalità questo potrebbe determinare una riduzione del personale necessario per la produzione, ma si pone immediatamente un'altra questione che, facile intuirlo, è legata alla diffusione dell'Internet delle Cose. Se veramente il Coronavirus produrrà una violenta accelerazione nella diffusione di sistemi industriali per la gestione e il controllo della produzione, come gli ICS e gli SCADA, governabili da remoto, quindi tramite la Rete, ecco che Il tema della cyber security in questo settore diventerà una problema non trascurabile. La superficie di attacco di aziende storicamente poco interessate al tema diventerà enorme ed esporrà all'esterno i loro “organi vitali”.
La situazione potrebbe diventare estremamente pericolosa proprio perché si tratta di realtà che non hanno ancora maturato alcuna consapevolezza in materia, e quindi stenteranno a comprendere quanto la cyber security sia essenziale. Si troveranno ad affrontare investimenti significativi in termini di tecnologia, facilmente cercheranno di risparmiare, e la storia delle tecnologie dell'informazione insegna che, curiosamente, è proprio la sicurezza quella dove si cercherà di “tagliare”. Tra dieci anni se commetteremo questo errore ci sarà un altro virus che farà danni paragonabili a questo, soltanto che sarà informatico.
Presidente DI.GI. Academy S.r.l.
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