Moda uomo, le sfide dell’industria fra investimenti e nuovi poli creativi
Il menswear cresce di più della moda donna e si susseguono nuovi negozi, sfilate-evento spettacolari come quelle femminili, progetti finalmente aperti all'inclusività geografica. Ma permangono sfide urgenti e irrisolte, come quella del plus size
di Chiara Beghelli
3' di lettura
«l a rivoluzione del menswear», «la moda uomo fa faville» sono solo due dei titoli che nel corso del 2022 hanno introdotto, rispettivamente sulle testate specializzate di Vogue Business e Business of Fashion, il racconto di come questa categoria sia in una fase di grande entusiasmo (e investimenti). Euforia confermata dai numeri: secondo Euromonitor International, nei prossimi tre anni il giro d’affari della moda uomo toccherà i 547,9 miliardi di dollari e crescerà al ritmo del 5,8% medio annuo, più velocemente di quello della donna (+5,3%), che mantiene in ogni caso il primato per il valore del fatturato.
Il fervore del retail
A testimoniarlo è per esempio la mappa dei nuovi negozi della moda maschile, che conferma gli Stati Uniti come destinazione del momento: Brioni è arrivato a Washington, Gucci ha aperto il primo negozio menswear a Phoenix, Arizona, Zegna a Boston. Ma sono emblematici soprattutto i progetti di Hermès e Louis Vuitton: a New York il 3 ottobre il primo marchio inaugurerà il suo più grande negozio al mondo, quasi 1.900 metri su Madison Avenue, con parte del primo e il secondo piano dedicati al menswear, dove si troverà anche un’area riservata agli ordini di capi su misura; a Beverly Hills, in luglio Vuitton ha inaugurato su Rodeo Drive il suo ottavo negozio dedicato all’uomo negli Stati Uniti e il primo in California, con un’ampia offerta di personalizzazione.
Un perdurante contesto complicato nel Paese non ha impedito a Moorer di sbarcare in Cina, con un negozio a Shenyang, mentre sempre Zegna ha aperto una nuova boutique a Madrid e Isabel Marant il suo secondo negozio menswear a Parigi. Anche nei department stores gli investimenti nella moda uomo sono in ascesa, come conferma, per esempio, l’appena rinnovato reparto uomo di Saks Fifth Avenue, presentato in ottobre: lo storico negozio di New York ospita ora i debutti negli Stati Uniti, pur se in varie modalità, delle linee uomo di Bottega Veneta, Celine, Palm Angels.
Che succede online
Dopo 10 anni di attività, a inizio 2022 The Outnet, piattaforma che fa capo a Ynap, ha deciso di aprirsi anche alla moda uomo, dopo il successo del lancio-pilota a fine 2021. E anche se non ha un’anima commerciale, uno dei progetti più interessanti dell’anno è Locating Menswear, piattaforma di ricerca che indaga le connessioni culturali e industriali fra Gran Bretagna e Italia (fra i partner c’è C.P. Company) per capire come abbiano influenzato la produzione, il racconto e il consumo di moda uomo e che prevede nei prossimi mesi laboratori ed eventi nei due Paesi.
Inedite sfilate-evento
Nel 2022 le passerelle del menswear hanno avuto la loro rivincita sulle spettacolari versioni al femminile, concentrandosi sul continente africano: il deserto di Agafay, in Marocco, è stato il set della sfilata Saint Laurent, e due luoghi simbolo dell’Egitto hanno ospitato le creazioni di Stefano Ricci (il tempio di Hatshepsut a Luxor) e di Kim Jones per Dior Homme (le piramidi di Giza). Secondo le stime della banca d’investimenti Stifel, citate dal Financial Times, il fatturato del menswear della maison del gruppo Lvmh sarebbe cresciuto di cinque volte fra 2018, anno dell’arrivo di Kim Jones, e 2021, a fronte di un solo raddoppio del fatturato del marchio, passato da 2,9 miliardi di dollari del 2018 ai 6,2 del 2021.
Le sfide dell’inclusione
Questa rinnovata attenzione a nuove aree del pianeta offre un’opportunità di evoluzione all’industria della moda, vale a dire poter coinvolgere nuovi baricentri geografici e creativi: inclusione, nel 2023, vorrà dire anche questo. Il riferimento sono marchi africani di menswear come Lagos Space Programme, che mescola l’abbigliamento tradizionale a una ricerca sulla non binarietà, Maxhosa e Olooh, che esaltano estetiche e tecniche di produzioni locali. E in Asia è interessante il caso di Lu’uDan, marchio del vietnamita-americano Hung La che cerca di sfatare stereotipi estetici occidentali sull’abbigliamento degli uomini asiatici. Reali desideri inclusivi dovranno confrontarsi anche con il plus size maschile, finora quasi totalmente ignorato da tutti i marchi del settore. Sei anni fa Img ha iniziato a proporre modelli dalla corporatura importante come Zach Miko, ma su passerelle o campagne pubblicitarie sono ancora rarissimi i casi di taglie 4XL come James Corbin. Intanto, Spanx sta ampliando l’offerta del suo shapewear maschile, in un mondo in cui la moda plus size si prepara a sfiorare i 697 miliardi di dollari entro il 2027, secondo Allied Market Research, crescendo in media del 5,9% all’anno.
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