La crisi di Covid-19 accelera la chiusura di Tegel, storico aeroporto berlinese
La crisi ha fatto crollare i passeggeri del 95 per cento. Avrebbe dovuto terminare le operazioni a fine ottobre quando aprirà il nuovo scalo atteso da dieci anni
di Roberta Miraglia
2' di lettura
Sulla sagoma esagonale e il cemento anni Settanta di Tegel, l’aeroporto cittadino della capitale tedesca, il sipario sarebbe dovuto calare a fine ottobre quando aprirà il nuovo grande scalo di Berlino- Brandeburgo, in ritardo di dieci anni sulla tabella di marcia. Ma la pandemia di Covid-19 ha ridotto del 95% i passeggeri di Tegel, situato a Nord della capitale, a soli otto chilometri dal centro, e così le autorità statali hanno anticipato la chiusura al 15 giugno, pur definendola «temporanea».
Braccio di ferro con il Governo federale per chiudere
I governi locali di Berlino e del Brandeburgo, che gestiscono lo scalo insieme a quello centrale, hanno vinto il braccio di ferro con le autorità federali, restie alla chiusura prima dell’apertura di Fbb, l’aeroporto di Berlino-Brandeburgo, vista anche la travagliatissima storia di rinvii dell’opera. Mercoledì 20 maggio, dopo un primo tentativo fallito a fine aprile, è stato trovato un accordo per la chiusura «temporanea» che sarà con ogni probabilità definitiva, e la portavoce del ministro delle Finanze di Berlino ha annunciato la decisione sottolineando che il traffico passeggeri, nel mese di aprile, è crollato di oltre il 95 per cento. I voli per la città saranno gestiti dall’aeroporto di Schönefeld. Con la chiusura si risparmieranno sette milioni di euro.
Non ci sarà area riservata a visite di Stato
Il Governo di Angela Merkel è stato a lungo combattuto sul via libera alla chiusura perché a luglio la Germania prenderà dalla Croazia il testimone della presidenza dell’Unione europea e il Paese si troverà a non avere un aeroporto con area riservata all’arrivo di capi di Stato e ministri. A Schönefeld, infatti, non c’è un apposito settore dedicato alle visite ufficiali. Se tutto andrà bene bisognerà attendere l’entrata in funzione del nuovo aeroporto. Ma sulle ragioni politiche ha prevalso infine l’economia.
Il ponte aereo della Guerra Fredda
Dopo Tempelhof, dismesso nel 2008, con Tegel va in pensione un altro pezzo della storia intrecciata alle tensioni della Guerra Fredda che ha avuto a Berlino il suo epicentro. L’aeroporto fu aperto nel 1974 per servire sei milioni di passeggeri (aumentati a 36 nel 2019) ma il suo nucleo originario risale all’inizio del 1900 quando era un’area adibita ad hangar militari e campo di addestramento di battaglioni dell’aviazione. Poi, nel 1948, la svolta. Berlino Ovest, l’enclave sotto il controllo degli Alleati in piena Germania Est, viene isolata dai sovietici che tagliano tutte le vie di collegamento su strada e ferrovia. A giugno ha inizio il più grande ponte aereo della storia per rifornire la città e Tempelhof ne è il cuore pulsante. Ma è subito chiaro che un solo scalo non basta. I francesi accettano dunque di costruire una nuova pista nella zona sotto il loro controllo e viene identificata l’area accanto al Tegeler See (Lago di Tegel). La progettano ingegneri militari francesi e la costruiscono migliaia di lavoratori tedeschi impegnati giorno e notte senza poter usare macchinari che non riescono ad arrivare a Berlino Ovest. Impiegano 90 giorni per realizzare 2.400 metri di pista di decollo/atterraggio. Il primo velivolo carico di rifornimenti atterra il 5 novembre 1948.
Per il futuro il piano è trasformare l’area in un parco tecnologico universitario. Crisi economica permettendo.
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