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La domanda di minerali per la transizione verde è pronta ad esplodere: e l’offerta?

Negli ultimi mesi, complice la crisi del gas naturale ed il prezzo del petrolio alto, sta emergendo il ruolo centrale che avranno le forniture di minerali di “transizione” per la costruzione e manutenzione delle infrastrutture energetiche green

di Marcello Minenna

In Svezia scoperto il più grande giacimento di terre rare in Europa

7' di lettura

Negli ultimi mesi, appare sempre più evidente come la “transizione energetica”, complice la crisi del gas naturale ed il prezzo del petrolio molto alto, si stia trasformando da uno slogan astratto di valenza politica in una successione di progetti infrastrutturali concreti, che richiedono la risoluzione di molteplici sfide.
In particolare, sta emergendo il ruolo centrale che avranno le forniture di minerali per la costruzione e manutenzione delle infrastrutture energetiche green: si tratta dei c.d. minerali di “transizione”: rame, cobalto, nickel, litio. Alcuni vengono estratti già da diverso tempo come residuo di lavorazione di altri minerali; ora tuttavia si pone il problema della scalabilità della loro produzione, che dovrà aumentare di diversi ordini di grandezza per poter permettere la transizione ad un'economia prevalentemente alimentata da energia rinnovabile.

L'Unione Europea (UE) si sta muovendo aggressivamente e con un buon anticipo per garantire un adeguato approvvigionamento di minerali. Con il Critical Raw Materials Act che dovrebbe vedere la luce in primavera, la Commissione europea dovrebbe porre obiettivi di parziale autosufficienza sui principali minerali critici per la transizione, fino al 30% del consumo per alcuni di essi. Gli strumenti a disposizione dovrebbero essere in primo luogo di tipo commerciale: accordi di libero scambio con Canada, Giappone e Vietnam, partnership strategiche con Ucraina e Namibia. Ma non solo: la strategia UE punta anche allo sviluppo aggressivo di nuove miniere sul territorio europeo ed al finanziamento di progetti nei Paesi ricchi di risorse, nonché alla riapertura di vecchi siti minerari considerati esauriti attraverso l'uso di nuove tecnologie (il re-mining).Di conseguenza, è bene capire subito che si sta discutendo di un'espansione accelerata dell'attività di estrazione e della costruzione di parecchi nuovi siti minerari, il cui funzionamento plausibilmente dovrà essere assicurato attraverso macchinari alimentati da combustibili fossili. È uno dei paradossi della transizione verde; la speranza è che i benefici siano di gran lunga superiori all'impatto di questi costi.Guardiamo meglio i dati. Secondo una classificazione della Agenzia Internazionale per l'Energia (International Energy Agency, IEA), ci sono 9 tipologie di minerali essenziali per il funzionamento di gran parte delle tecnologie green (vedi Figura 1). Salta subito all'occhio come la produzione di veicoli elettrici e la relativa infrastruttura di sistemi di accumulo a batteria appaia la più demanding in termini di minerali chiave, seguita dalla tecnologia dell'idrogeno e dagli impianti eolici, apparentemente semplici da realizzare.

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IMPORTANZA RELATIVA DI UN MINERALE PER UNA PARTICOLARE TECNOLOGIA GREEN
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Un nuovo paradigma economico basato sulla disponibilità di minerali è in partenza
Scendiamo nel dettaglio delle stime più recenti dell'IEA (vedi Figura 2), tralasciando per ora la questione della mobilità elettrica.
In termini di kg di minerali necessari per la produzione di un megawatt di energia elettrica, si nota come gli impianti eolici offshore richiedano oltre 16 tonnellate, a fronte delle 6,8 del solare fotovoltaico ed appena le 1,1 tonnellate di una tradizionale centrale a turbogas. Tutte le fonti tradizionali, tra cui il nucleare sembrano avere consumi “parchi” di minerali di transizione, anche se non bisogna dimenticare la differenza principale: una volta realizzato l'impianto, il combustibile nel primo caso è rinnovabile, dall'altro viene consumato in maniera irreversibile!
Il rame sembra indispensabile in ogni tecnologia di generazione elettrica (barre rosse), seguito dal nickel (barre blu); lo zinco (barre gialle) è centrale nella costruzione di impianti eolici, mentre il fotovoltaico necessita di grandi quantità di silicone. Il cromio (barre azzurre) svolge un ruolo essenziale nella produzione di energia nucleare.

MINERALI UTILIZZATI NELLE TECNOLOGIE ENERGETICHE GREEN RISPETTO AD ALTRE FONTI DI GENERAZIONE DI ENERGIA
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Cobalto, molibdeno e terre rare vengono utilizzati con minore intensità per la generazione di elettricità, ma d'altronde hanno anche una base produttiva piccola e molto più fragile. Per il cobalto ad esempio, il core della produzione arriva ancora dalle piccole miniere “familiari” della Repubblica Democratica del Congo gestite con standard di sicurezza ed efficienza a dir poco inadeguati.
Nello scenario standard di transizione energetica dell'IEA, il cambio di passo nella produzione di questi minerali necessario è sconvolgente: entro il 2040, la produzione di nickel dovrà crescere di 41 volte, quella di cobalto di 21 volte. L'output di rame dovrà moltiplicarsi di 28 volte e quello di grafite di 28 volte. Insomma, la domanda di minerali di transizione è pronta a seguire una traiettoria esponenziale.
E l'offerta? Secondo l'IEA, al ritmo attuale di estrazione e considerati i progetti di espansione della produzione già avviati, la domanda globale di rame supererà l'offerta già nel 2025. Ma non solo: senza un nuovo piano aggressivo di incremento della capacità produttiva, l'offerta comincerà a declinare a partire dal 2024, amplificando il gap con le necessità dell'economia globale.
Stesso destino è previsto per il cobalto, con la domanda che supererà l'offerta nel 2024 e nel 2030 dovrebbe essere 2,5 maggiore della capacità produttiva globale, prevista sostanzialmente stabile.

I prezzi dei minerali di transizione sono appena saliti sulla rampa di lancioIn uno scenario così delineato, anche immaginando un'offerta crescente in maniera lineare, i prezzi possono ovviamente soltanto salire. Se guardiamo agli ultimi 3 anni (i primi passi della nuova era di transizione, vedi Figura 3), possiamo già osservare sui mercati internazionali la pressione della domanda sulla dinamica dei prezzi, che accresce ovviamente anche la volatilità delle quotazioni in dipendenza dalle variazioni della congiuntura economica. Tutti i minerali hanno fatto registrato una crescita del prezzo tra il 20% ed il 400%: rame e cobalto hanno registrato gli incrementi più moderati, mentre nickel, terre rare e litio hanno registrato la crescita più alta.

METALLI PER LA TRANSIZIONE VERDE - ANDAMENTO DEI PREZZI SUI MERCATI INTERNAZIONALI
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In particolare, il minerale che ha subìto gli incrementi più importanti è il litio (+354%), che è utilizzato poco nella realizzazione di impianti per la generazione di elettricità, ma è cruciale nella produzione dell'auto elettrica e nei sistemi di accumulo a batteria. Nel mondo ci sono 1,4 miliardi di veicoli circolanti a combustione interna: la rivoluzione elettrica della mobilità non può essere possibile senza un'adeguata disponibilità di litio, un minerale relativamente raro, concentrato geograficamente in 3 principali aree: Australia (52% della produzione corrente), Cile (22%) e Cina (13%).

La rivoluzione del trasporto elettrico ed il caso del litio: un problema di scala?
L'auto elettrica è senza dubbio tecnicamente più complessa rispetto a quella alimentata con tecnologie tradizionali (benzina, diesel, gas). Se andiamo ad analizzare la quantità di minerali di transizione necessaria per la produzione di un singolo veicolo, si nota un'amplificazione dello stesso fenomeno già osservato per gli impianti di generazione elettrica: servono 207 kg di minerali per un'auto elettrica, a fronte di soli 24 kg per un'auto a combustione interna (vedi Figura 4). La propulsione elettrica in un singolo modello richiede importanti quantità di rame (53 kg), nickel (40), grafite (66) e circa 9 kg di litio. Un veicolo tradizionale necessita de facto solo di rame (22,3 kg) e manganese (11,2 kg).

UTILIZZO DI MINERALI NELLA COSTRUZIONI DI AUTOMOBILI
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Andando ad analizzare la dinamica stimata della domanda ed offerta globale di litio, si nota l'immensità del problema della scalabilità della produzione a fronte della necessità dell'industria

SIMULAZIONE DELL’EVOLUZIONE DI DOMANDA ED OFFERTA DI LITIO IN DIVERSI SCENARI
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Pur considerando l'espansione della produzione globale (area gialla) prevista attraverso l'apertura di nuove miniere, nell'ipotesi di transizione verso la mobilità elettrica così come pianificata dalle principali istituzioni economiche internazionali, la domanda (linea rossa) supererebbe l'offerta già nel 2024. Nello scenario più conservativo molto simile al business as usual (linea nera), il punto di incontro ci sarebbe comunque entro il 2028. Nel 2030, senza uno sforzo senza precedenti per espandere l'estrazione di litio, il fabbisogno globale sarebbe 2,35 volte l'offerta.Ora, per completare il quadro non proprio roseo, bisogna considerare che il tempo medio per rendere operativa una nuova miniera di litio è di circa 4 anni. Inoltre allo stato attuale delle tecnologie il litio è quasi completamente non riciclabile; si stima che nel 2040 grazie ai materiali di scarto in progressivo accumulo ed ai giusti investimenti in ricerca, la percentuale riciclata potrebbe arrivare al 10%. A conti fatti, la rivoluzione elettrica nei trasporti rischia di trovarsi davanti ad un muro difficile da superare proprio nel momento del decollo, a meno di radicali ridimensionamenti negli obiettivi nel breve termine.

La posizione dominante della cina sui minerali di transizione può essere rovesciata?L
È ben noto come la transizione verde dovrebbe ridisegnare gli assi di influenza geopolitica a livello globale, dai Paesi produttori di idrocarburi verso Cina, Australia e Cile. Sui minerali di transizione, da decenni la Cina gode di una posizione dominante che è andata rafforzandosi nel tempo. L'industria chimica cinese raffina il 40% del rame, il 35% del nickel, il 65% del cobalto ed il 58% del litio prodotti globalmente; qualsiasi altro competitor lavora quantità di materiali che sono di gran lunga inferiori. Sulle terre rare che sono indispensabili nella produzione di magneti e catalizzatori, addirittura si può parlare di monopolio cinese, non solo nella produzione ma anche nella raffinazione (vedi Figura 6, barre rosse).L'IEA esclude che la dipendenza dei Paesi occidentali da questi flussi di minerali lavorati possa essere ridotta significativamente, soprattutto per cobalto, terre rare e litio. Le miniere e gli impianti in Sud America ed Australia soffrono di carenza d'acqua e condizioni climatiche che rendono molto difficile scalare rapidamente la produzione. In ogni caso, si presuppone che i prezzi debbano salire di parecchio per rendere economicamente profittevoli nuovi impianti di raffinazione al di fuori della Cina.

QUOTA DEI PRINCIPALI PAESI PRODUTTORI NELLA RAFFINAZIONE DI MINERALI E COMBUSTIBILI FOSSILI
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In definitiva, affinché la transizione verde entri nel vivo così come ci si augura, è necessario un cambio di passo colossale nell'industria mineraria mondiale che al momento non appare del tutto verosimile (senza considerare gli inevitabili impatti ambientali ancora non ben quantificati). In ogni caso, l'influenza cinese sulle catene di produzione e distribuzione di tecnologie green ci sarà, e non sarà diversificabile.

Marcello Minenna, Economista
@MarcelloMinenna
Le opinioni espresse sono strettamente personali

L'Unione Europea si sta muovendo: con il Critical Raw Materials Act che dovrebbe vedere la luce in primavera, la Commissione europea dovrebbe porre obiettivi di parziale autosufficienza sui principali minerali di transizione, fino al 30% del consumo per alcuni. Tra gli strumenti a disposizione: accordi di libero scambio con Canada, Giappone e Vietnam, partnership strategiche con Ucraina e Namibia. Ma non solo: la strategia UE punta anche allo sviluppo aggressivo di nuove miniere sul territorio europeo ed al finanziamento di progetti nei Paesi ricchi di risorse, nonché alla riapertura di vecchi siti minerari considerati esauriti attraverso l'uso di nuove tecnologie (il re-mining).

La transizione verde dovrebbe peraltro ridisegnare gli assi di influenza geopolitica a livello globale, dai Paesi produttori di idrocarburi verso Cina, Australia e Cile. L'industria chimica cinese raffina il 40% del rame, il 35% del nickel, il 65% del cobalto ed il 58% del litio prodotti globalmente e sulle terre rare si può parlare di monopolio cinese, non solo nella produzione ma anche nella raffinazione.

Sui minerali di transizione, da decenni la Cina gode di una posizione dominante che è andata rafforzandosi nel tempo e non appare diversificabile nel breve periodo. Bisogna farci i conti.

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