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Ma dov’è la Val d’Orcia? Quando, una quindicina d’anni fa, Philippe Bertherat e la moglie Antonie Kioes, in arrivo da Ginevra, cominciarono a cercare una casa per le vacanze in Toscana, la valle del fiume Orcia, ai piedi del Monte Amiata, non era molto conosciuta, nonostante fosse patrimonio dell’Unesco fin dal 2004.
Le pianure argillose, le colline a forma di cono coperte da vigneti, i borghi fortificati e le chiesette adornate da cipressi (come la Cappella della Madonna di Vitaleta, oggi uno dei luoghi più visitati) non avevano ancora invaso guide turistiche, computer e telefonini. Anzi: il paesaggio color ocra, meno verde del vicino Chianti, sembrava esercitare un’attrazione decisamente minore sia per i turisti italiani che stranieri. I valori immobiliari, poi, erano decisamente più bassi rispetto al Chiantishire tanto amato dagli inglesi.
Eppure i coniugi Bertherat, dopo una lunga ricerca, decisero di acquistare una villa proprio nella campagna della Val d’Orcia, incantati dalla vista spettacolare su Pienza, la città ideale del Quattrocento (patrimonio Unesco dal 1996) nata per volere di Enea Silvio Piccolomini, diventato Papa nel 1458 col nome di Pio II. Un gioiello rinascimentale a due passi da casa.
La villa fu ristrutturata e, visto che nella proprietà c’erano anche vigneti, la coppia svizzera – con le quattro figlie Louise, Alice, Féodora e Constance - decise di cominciare a produrre vino col marchio “Fabbrica”, dal nome della località in cui hanno messo radici. Col tempo i Bertherat hanno comprato altri terreni, arrivando ad avere 35 ettari di vigne (di cui 20 coltivati a Sangiovese e il resto con vitigni internazionali poco diffusi in Toscana come Syrah, Roussanne, Marsanne, Viognier e Petit Manseng), e hanno costruito una cantina di produzione operativa dal 2016.
Antonie Kioes, architetto e designer, vi ha impresso il proprio segno architettonico, pensandola come un mattone appoggiato sul paesaggio naturale della Val d’Orcia, quello che secondo l’Unesco è stato “ridisegnato nel periodo rinascimentale per rispecchiare gli ideali di buon governo e per creare un’immagine esteticamente gradevole”. Davanti alla cantina si staglia il totem colorato dell’artista Ugo Rondinone. Oggi “Fabbrica” produce cinque vini tra Doc Orcia e Igt Toscana, per un totale di 30mila bottiglie, sotto la guida dell’enologo inglese Tim Manning. L’ultimo tassello dell’avventura toscana di Antonie e Philippe - ex managing partner del Gruppo Pictec, una delle più importanti banche svizzere specializzata in asset management, e presidente del Museo di arte moderna e contemporanea di Ginevra - è l’acquisto nel 2018 di Villa Il Borghetto, dimora ottocentesca che domina la collina di fronte alla propria residenza. La villa è chiamata anche Newton perché si dice appartenuta a un ramo della famiglia del grande scienziato Isaac Newton. L’idea che ha guidato l’acquisto era di destinare la villa all’ospitalità: ora, dopo tre anni di lavori e quasi dieci milioni di investimento, quell’idea è diventata realtà.
Ristrutturata con la cura e l’attenzione che si riservano alla propria casa, e che difficilmente si applicano a una struttura alberghiera, Casa Newton – questo il nome dato alla villa che spicca per il colore rosso come le case cantoniere - è pronta ad accogliere i primi ospiti. “Finalmente ce l’abbiamo fatta”, sorridono i Bertherat.
Antonie, in collaborazione con l’architetto Jacopo Venerosi Pesciolini, ha creato uno scrigno di pace, armonia e eleganza, pescando mobili degli anni ’50 e ’60 dalle aste e dai canali del vintage, creando arredi su misura, disegnando stoffe e rivestimenti, scegliendo materiali che si rifanno alla tradizione come la terracotta smaltata. E “seminando” nella villa opere di artisti italiani e internazionali come Fortunato Depero, Lucio Fontana, Giosetta Fioroni, Tano Festa, Joseph Kossuth, Josef Albers, Donald Judd. Per dipingere l’interno della chiesetta che si trova di fronte alla villa è stato chiamato Nicolas Party, che ha dato vita a un paesaggio onirico formato da alberi e nuvole. Infine il paesaggista Luciano Giubbilei, senese che lavora a Londra, ha creato un giardino ornamentale affacciato sulla Val d’Orcia e ha ideato una distesa di rosmarino profumato che nasconde la pendenza del terreno e conduce all’aia trasformata in giardino spontaneo.
Casa Newton ha undici camere, nove nel corpo centrale della villa e due suite ricavate dagli annessi rurali, con piscina a sfioro affacciata sulla campagna e su Pienza, libreria e sala da gioco, spazi per corsi di cucina, biciclette a pedalata assistita. Tra i prossimi progetti c’è la creazione di un centro benessere e del ristorante. A guidare il boutique hotel (tecnicamente è un agriturismo), che segna l’evoluzione dell’ospitalità di fascia alta nella campagna toscana, è la general manager Nicole Boissonnas, italo-svizzera con una carriera nella comunicazione e pr nei settori lusso e arte. Anche se l’estate è finita, Casa Newton ha deciso di aprire e di confrontarsi con la domanda d’autunno, periodo che in Val d’Orcia ha colori e orizzonti speciali: accoglierà gli ospiti fino all’inizio di dicembre, per poi riaprire da marzo a gennaio.
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