La Fed affronta la guerra accelerando la stretta
Le attese puntano su rialzi dei tassi ravvicinati, per contrastare aspettative sui prezzi che puntano rapidamente verso l'alto
di Riccardo Sorrentino
I punti chiave
3' di lettura
E ora? La guerra in Ucraina ha colto la Federal reserve in una posizione difficile. La sua stretta, di fatto, è già iniziata, anche se non è stato deciso nessun rialzo dei tassi, ma le tensioni belliche hanno reso ancora più grave una difficile situazione sul piano dell'inflazione: ha rinforzato la componente legata al lato dell'offerta, che la politica monetaria non può certo aggredire, mentre le aspettative di inflazione sono salite rapidamente.
Le attese: una Fed «falco»
Le attese degli analisti e degli operatori finanziari, non unanimi, puntano comunque su un rialzo dei tassi, e l'indicazione che la stretta sarà più vicina. L'inflazione negli Usa è alta, conclamata - riguarda tendenzialmente tutti i prezzi - e in buona parte legata alla domanda. Un segnale - che sia ancora verbale, come tutti si aspettano, o anche “reale” - è in ogni caso opportuno. L'incertezza, è vero, è aumentata fortemente, ma in una prospettiva di risk management non esclude un primo rialzo dei tassi.
Aspettative verso il 3%
Il problema sono le aspettative. Troppo elevate ormai per essere compatibili con l'obiettivo, sia pure rivisto e “medio” del 2 per cento. La Federal reserve ha spesso considerato le aspettative di mercato relativamente inaffidabili perché altri fattori - il premio al rischio e il premio alla liquidità, essenzialmente - possono alternarne le indicazioni. Se i break even a 5 e 10 anni - le differenze di rendimento tra titoli indicizzati e non indicizzati ai prezzi - possono segnalare una maggiore domanda per bond che proteggono dall'inflazione, le quotazioni sugli swaps, non a caso più basse, sono comunque in forte rialzo. Riferendosi a un orizzonte temporale relativamente lontano, possono essere fonte di qualche preoccupazione.
Condizioni finanziarie ai livelli del 2018
È vero, d'altra parte, che le condizioni finanziarie cominciano già a normalizzarsi. Sono già, escludendo il balzo legato allo scoppio della pandemia, a livelli abbandonati a fine 2018, quando i tassi “ufficiali” sui Fed Funds erano compresi tra il 2,25 e il 2,50 per cento. Il rialzo dell'indice della Fed di Chicago, che riassume più di cento indicatori diversi, appare piuttosto rapido, e inizia in coincidenza con lo scoppio delle ostilità.
Rendimenti in salita
Le due principali componenti all'inizio della catena di trasmissione della politica monetaria segnalano già forti rialzi, guidati dal mercato. I rendimenti dei titoli di Stati sono saliti a livelli prepandemici per tutto il medio e il lungo periodo, mentre per la parte a breve - sotto il controllo modulato della politica monetaria - resta a livelli più bassi.
Il rialzo del dollaro
Il dollaro - il secondo tra gli elementi principali delle condizioni finanziarie “a monte” - è tornato in rialzo, sotto la guida delle vicende geopolitiche che non sono sotto il controllo della Fed, e che la banca centrale Usa difficilmente vorrà condizionare, anche perché, per il cambio effettivo e quindi ai fini della politica monetaria in senso stretto (senza tener conto della stabilità finanziaria), la tendenza non appare così rapida da impensierire.
Base monetaria in flessione
Un'ultima considerazione, per definire meglio le intenzioni della Fed, riguarda la base monetaria, la moneta della banca centrale che rappresenta il primo impulso della sua politica. I dati sono in ritardo di un mese e più - le rilevazioni settimanali sono state interrotte - ma già nel mese di gennaio si era registrato non solo un cambiamento di direzione, ma anche una sensibile riduzione che apre sicuramente un fase nuova, e con una certa decisione. La stretta è in atto da tempo.
Una stretta più rapida?
Non può sorprendere quindi il fatto che gli analisti siano concordi nel fatto che la Fed apparirà, in ogni caso, più “falco” rispetto a gennaio, e proporrà una stretta più rapida di quella anticipata a dicembre, quando immaginava tre rialzi quest'anno, in modo da portare i tassi fino allo 0.75%-1% - dall'attuale 0-0,25% - altri tre nel 2023, in modo da raggiungere 1.50-1,75% e due nel 2024.
L’incertezza dell’incertezza
L’unica incertezza riguarda... l’incertezza. Decidendo di alzare comunque i tassi, la Fed si muove sul presupposto che i rischi sul versante dei prezzi siano più alti di quelli sul versante della crescita, che potrebbe invece essere bruscamente frenata dalle vicende belliche, dai prezzi alti e dalla stessa politica monetaria restrittiva.Sarebbe una via piuttosto brutale per ovviare all’inflazione.
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