Bazooka Fed contro l’inflazione: Powell rialza i tassi dello 0,75%
I Fed Funds passano al 2,25-2,50% e Powell non esclude un nuovo rialzo da tre quarti di punto percentuale a settembre
di Riccardo Sorrentino
3' di lettura
La Fed conferma la linea dura: nella riunione di luglio ha alzato per la seconda volta consecutiva i tassi di 0,75 punti base, portandoli al 2,25%-2,50% - dall’1,50-1,75% - e ha segnalato che nuove strette «saranno necessarie». Non è stata data, nel comunicato, alcuna indicazione sulle prossime mosse, ma solo il riferimento alle «informazioni in arrivo» già presente nella nota di giugno.
Il presidente Jerome Powell, in conferenza stampa, ha però sottolineato che un terzo rialzo da 75 punti base «potrebbe essere appropriato» a settembre, anche se tutto dipenderà dai dati in arrivo. «Se dovesse risultare appropriato, non esiteremo a fare una mossa anche più aggressiva», ha aggiunto. Attualmente, secondo il presidente, i tassi di politica monetaria hanno raggiunto il livello neutrale.
«Man mano che l’orientamento diventerà più restrittivo - ha detto ancora Powell - diventerà appropriato rallentare il ritmo dei rialzi, mentre valuteremo come gli aggiustamenti cumulativi di politica monetaria avranno effetto sull’economia e sull’inflazione». Mancano però indicazioni sui tempi. Il presidente ha inoltre detto che la «migliore indicazione» del punto di arrivo per fine anno le stime fatte a giugno, quando i «dots», le stime, dei singoli governatori avevano una mediana compresa tra il 3 e il 3,5%, e mezzo punto in più per fine 2023. Si tratta di un punto percentuale in più entro fine 2022.
I dati che saranno osservati per prendere le prossime decisioni riguardano innanzitutto il mercato del lavoro («che sta andando troppo bene», ha detto il presidente), per valutare se gli squilibri tra domanda e offerta si saranno ridimensionati. Solo alcuni indicatori sui salari stanno rallentando. È proprio il mercato del lavoro, secondo Powell, che occorre ora rallentare leggermente.
La diagnosi complessiva dell’economia sottolinea infatti già nel comunicato un indebolimento di alcuni indicatori relativi alla spesa e all’attività economica ma la creazione di nuovi posti di lavoro resta, come a giugno, «robusta» e il tasso di disoccupazione «basso», vicino ai minimi da 50 anni, ha detto Powell: il mercato del lavoro è «estremamente» tight, stretto, e questo segnala, ha aggiunto, che «la sottostante domanda aggregata resta solida». Al punto che i dati sul pil potrebbero essere, in questa fase, fuorvianti.
In base ad altri indicatori, e in termini di spesa, l’attività economica, ha spiegato Powell, potrebbe aver già rallentato anche se, ha aggiunto, «pensiamo che sia necessario un periodo di crescita al di sotto del potenziale perché si crei debolezza (slack, ndr) e perché l’offerta possa adeguarsi». «Non stiamo cercando di avere una recessione, e non pensiamo che accadrà», ha detto ancora Powell.
In termini di dinamica dei prezzi, il presidente ha ricordato che la core inflation indica in anticipo la direzione dell’inflazione complessiva, la cui stabilità è obiettivo della Fed. L’inflazione troppo alta, ha aggiunto, sta ridimensionando i consumi delle fasce più deboli della popolazione: «Abbiamo visto flessioni in termini reali nei consumi di cibo. È molto preoccupante». Per questo motivo l’attenzione è tutta rivolta a rallentare la dinamica dei prezzi.
La decisione di alzare i tassi di 75 punti base è stata presa all’unanimità; a giugno c’era stato invece un voto contrario, quello di Esther L. George, favorevole a un rialzo meno incisivo. Continueranno inoltre a essere ridotti i portafogli di titoli.
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