La Fed aumenta i tassi di interesse di 25 punti base
Il costo ufficiale del credito per gli Stati Uniti sale al 5,25-5,50%. Non esclusi altri rialzi
di Riccardo Sorrentino
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Un altro rialzo, da 25 punti base. Il costo ufficiale del credito per gli Stati Uniti, l’obiettivo per i Fed Funds Rates, sale al 5,25-5,50%. La decisione è stata presa all’unanimità. Dopo la pausa di giugno, presa per «valutare le nuove informazioni e le loro implicazioni per la politica monetaria», il comitato di politica monetaria (Fomc, Federal Open Market Committee) è tornata ad aumentare i tassi senza cambiare l’orientamento per il futuro.
Il comunicato di luglio è quasi identico a quello pubblicato dopo la riunione del Fomc di giugno (al di là, evidentemente, della decisione sui tassi di interesse). Solo l’attività economica è vista crescere a un ritmo «moderato» e non più «modesto», un’indicazione rilevante per giustificare la ripresa della stretta, legata anche, ha detto in conferenza stampa il presidente Jerome Powell , ai recenti dati sulla crescita, migliori del previsto.
Per il futuro, il Fomc continuerà a valutare gli effetti dei rialzi dei tassi finora decisi per «determinare l’estensione di un addizionale restrizione di politica monetaria che possa essere appropriata per far tornare l’inflazione all’obiettivo del 2%». Non c’è quindi nulla, nel comunicato, che possa far pensare che la stretta sia conclusa. A giugno, del resto, la maggioranza dei componenti del Fomc aveva previsto per fine anno tassi più alti di almeno 25 punti base. Le prossime decisioni, ha ripetuto Powell, saranno prese «riunione dopo riunione» sulla base dei dati in arrivo.
La Fed, ha spiegato il presidente, guarderà se i suoi obiettivi intermedi sono stati raggiuni. «Per cominciare, vogliamo una crescita moderata; vogliamo che l’offerta e la domanda siano più bilanciate in tutta l’economia, incluso in particolare il mercato del lavoro. Vogliamo vedere l’inflazione». In ogni caso, «crediamo che la politica monetaria sia restrittiva e crea pressioni verso il basso sull’attività economica e sull’inflazione», ha aggiunto spiegando nel corso della conferenza stampa che i tassi ufficiali reali, tenuto conto delle aspettative di inflazione, sono superiori al livello “neutrale”. Non ha invece risposto, in buona sostanza, a una domanda sul recente allentamento delle condizioni finanziarie complessive, quelle relative all’intera cinghia di trasmissione della politica monetaria e non solo alla parte “a monte”, ai tassi ufficiali, se non per spiegare che, se dovessero diventare meno restrittive, la Fed dovrebbe fare di più.
Powell ha anche invitato a non dare troppa attenzione ai dati sull’ inflazione Cpi di giugno, migliori delle attese (+3% l’indice complessivo, ma +4,8% il core). Si tratta, ha spiegato, di un singolo indicatore - e non certo quello rilevante per la politica monetaria, che guarda all’indice Pce con una particolare attenzione al dato core - mentre il complesso dei dati finora pubblicati è abbastanza coerente con le aspettative; quelle stesse aspettative, ha aggiunto, che prevedevano un ulteriore rialzo prima della fine dell’anno.
Powell ha anche ripetuto le sue preoccupazioni sul mercato del lavoro. «Non pensiamo in realtà che i salari siano stati un’importante causa di inflazione nel primo anno dei rincari; direi però che i salari sono probabilmente un elemento importante, guardando avanti. Le condizioni per il mercato del lavoro saranno ampiamente un elemento importante nel compito di portare l’inflazione verso il basso». L’obiettivo è una crescita dei salari reali coerente con l’obiettivo di inflazione, lasciandosi alle spalle la situazione «surriscaldata» di un anno fa.
Il presidente è in ogni caso ottimista: continua a credere possibile un soft landing, un rientro dell’inflazione all’obiettivo del 2% senza una contrazione eccessiva dell’attività economica. Powell ha anzi sottolineato come lo staff della Fed, che elabora analisi indipendenti, non preveda più una recessione, ma piuttosto un «notevole» rallentamento nei prossimi mesi del 2023.
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