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La Fed e il taglio dei tassi: ecco l’impatto su titoli di Stato e corporate bond

Negli ultimi 30 anni il primo taglio dei tassi Usa ha avuto impatto limitato nel tempo (e anticipato) sui titoli di Stato e sui corporate bond

di Maximilian Cellino

La FED torna a sostenere i mercati e si avvicina al voler di Trump

3' di lettura

Ingerire una buona dose di zuccheri provoca in genere un effetto benefico sul corpo umano, ma la carica di energia che si ricava ha spesso una durata limitata: dopo poco tempo la sensazione di benessere è svanita e si ritorna al punto di partenza, se non più in basso. Qualcosa di molto simile al «picco glicemico» lo si sperimenta spesso anche sui mercati finanziari, in particolare quelli obbligazionari, e nelle fasi attorno cui, come ieri sera la Federal Reserve, le Banche centrali sono alle prese con la prima mossa di un ciclo ribassista sui tassi di interesse.

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EFFETTO PASSEGGERO

Rendimenti dei Treasury USA a due anni (%) prima e dopo il primo taglio. (Fonte: Bloomberg, calcoli Robeco)

EFFETTO PASSEGGERO

I precedenti
La storia recente è in effetti ricca di esempi simili: riferendosi agli Stati Uniti e tornando indietro nel tempo di 30 anni incontriamo a partire dal 1989 ben cinque episodi (oltre a quello attuale) in cui a Washington si è iniziato ad agire sulla leva dei tassi. «In ciascuno di questi cicli - osserva Jamie Stuttard, co-responsabile del team Global Macro di Robeco - i rendimenti dei titoli di stato Usa a 2 anni sono diminuiti di almeno 100 punti base nei tre mesi precedenti il primo taglio e in media di 156 punti base dai massimi raggiunti in precedenza».

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Il fenomeno si è puntualmente ripetuto nel 2019, prima di ieri, dato che il tasso del Treasury biennale si è ridotto di 50 centesimi rispetto a fine aprile e viaggia 120 punti base al di sotto dei massimi raggiunti lo scorso autunno. Il fatto che la reazione sia stata fino a questo momento più contenuta non deve trarre in inganno, perché lo stesso livello di partenza (2,96%) stavolta era circa la metà rispetto a quello medio dei precedenti casi (circa il 6%). Simile anche la reazione del credito, ovvero dei titoli obbligazionari emessi da società, siano esse di affidabilità elevata ( investment grade ) o più rischiose ( high yield ).

Doppio binario
Ancora più importante è però notare cosa sia accaduto dopo che la Fed ha dato il via alla stagione dei tagli e in questo caso la reazione è duplice: «Nel 2001 e nel 2007 gli spread del credito sono diminuiti per tre-sei settimane in entrambi i periodi, mentre gli indici azionari Usa toccavano nuovi massimi storici», nota Stuttard, aggiungendo però che in seguito «i tassi hanno ripreso il loro percorso ciclico e nel lungo termine sono aumentati in quasi tutti i periodi in cui la Banca centrale Usa ha ridotto i tassi».

La situazione, pur con rare eccezioni (il 1995 e il 1998 caratterizzato dalle tensioni legate al crack del fondo Ltcm e dalla crisi russa) ricorda quindi da vicino quella del «picco glicemico» alla quale si accennava in precedenza: un effetto limitato nel tempo, che si sviluppa quasi interamente prima dell’evento, seguito poi da un graduale rientro alla normalità. E che dal punto di vista del risparmiatore ha una semplice e diretta conseguenza: «È importante distinguere tra un orizzonte di trading, che dura generalmente fino a 6 settimane e un orizzonte di investimento, che si protrae invece per 2-4 trimestri», spiega ancora Stuttard. È vero che la storia non si ripete necessariamente uguale a se stessa, a maggior ragione quando si parla di mercati finanziari: in questi casi sarebbe però opportuno non farsi troppo ingolosire dallo zucchero.

Riproduzione riservata ©
  • Maximilian CellinoRedattore

    Luogo: Milano

    Lingue parlate: italiano, inglese, tedesco

    Argomenti: Mercati finanziari, politiche monetarie, risparmio gestito, investimenti, fonti alternative di finanziamento, regolamento del sistema finanziario

    Premi: Premio State Street 2017 per il giornalista dell'anno - Categoria Innovazione

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