Serie tv

«La ferrovia sotterranea» che porta alla libertà

La serie di Barry Jenkins è un racconto corale di intenso respiro sulla confraternita che aiutava gli schiavi di colore a fuggire negli Stati liberi

di Gianluigi Rossini

L’attrice Thuso Mbedu nel ruolo di Cora

2' di lettura

Nelle note di regia allegate all’anticipazione stampa di The underground railroad, Barry Jenkins sembra individuare nella serie un primo punto d’arrivo per la sua carriera.

Sin dagli esordi, infatti, voleva fare tre cose: raccontare una storia personale sulle sue origini, e ne è venuto fuori Moonlight, con il quale ha vinto un Oscar; adattare James Baldwin, e ha diretto Se la strada potesse parlare; affrontare, infine, il tema della schiavitù, e per quest’impresa si è rivolto al romanzo La ferrovia sotterranea di Colson Whitehead (uscito in Italia per SUR nel 2017) e ha deciso di portarlo in tv. La serie omonima andrà su Prime Video il 14 maggio ed è un punto d’arrivo anche in un altro senso: è un capolavoro, con una grandiosità epica e una potenza visiva indiscutibili.

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Un’associazione informale

La ferrovia sotterranea era un’associazione informale attiva negli Stati Uniti dai primi dell’800 fino alla guerra civile, che aiutava i neri a fuggire dagli Stati schiavisti del Sud verso il Nord o il Canada. Era una rete di rifugi – “stazioni”, spesso case private – gestiti da “capitreno” che conoscevano i percorsi che collegavano un rifugio all’altro. È uno di quegli eventi storici che negli USA si ricordano quasi esclusivamente durante il black history month e mostrano come la popolazione afroamericana si sia sempre battuta per fuggire da una condizione intollerabile e disumana.

Il romanzo

La serie, come il romanzo, letteralizza la metafora immaginando una vera ferrovia che corre sottoterra dal Sud al Nord del Paese, costruita dai neri liberi per i loro fratelli in catene. La protagonista Cora (Thuso Mbedu) fugge dalla piantagione della Georgia e attraversa Carolina, Tennessee, Indiana, inseguita dal cacciatore di schiavi Ridgeway (Joel Edgerton). Uno dei miracoli della serie di Jenkins è la capacità di creare un racconto corale, di grandissimo respiro, universale, nonostante abbia una protagonista ben determinata e parli di una condizione specifica. Un altro è lo stile visivo, che muta profondamente nel corso degli episodi ma mantiene sempre un’indefinibile sospensione tra sogno e realtà.

The underground railroad è dolorosa, spesso difficile da vedere. Ma è anche illuminante e bellissima, e lascerà il segno.

The underground railroad, Barry Jenkins, Prime video, 14 maggio

Riproduzione riservata ©

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