cinema

La Festa di Roma alza il sipario con Edward Norton e un omaggio all’hard boiled

Motherless Brooklyn ha aperto la quattordicesima edizione della kermesse capitolina: un’opera tesa e matura che ci immerge a fondo nei contrasti della New York degli anni ’50.

di Eugenio Bruno

Edward Norton torna a dirigere dopo 19 anni

3' di lettura

Roma scommette sulla crime story. E lo fa attraverso la seconda prova da regista di Edward Norton, che con Motherless Brooklyn ha aperto la quattordicesima edizione della Festa del Cinema capitolina. Un’opera tesa e matura che ci immerge a fondo nei contrasti della New York degli anni ’50. Attraverso le avventure di un aspirante detective, affetto dalla sindrome di Tourette e interpretato dallo stesso regista, che si barcamena tra un passato difficile e un futuro incerto. Come la Grande Mela stessa che mentre fa fatica a lasciarsi alle spalle la Grande crisi si trova già fare i conti con tensioni razziali e speculazione edilizia.

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Di tempo da Tentazioni d’amore ne è passato e si vede. Per il suo secondo film Edward Norton abbandona la commedia romantica con cui si era cimentato 19 anni fa e approda all’hard boiled. Portando sullo schermo il romanzo omonimo di Jonathan Lethem. A sua volta un omaggio ai maestri del genere che lo hanno preceduto oltre mezzo secolo prima: su tutti Dashiell Hammett e Raymond Chandler. Ne viene fuori un film di genere nel senso nobile del termine. Godibile e avvincente nonostante le quasi due ore e mezza di proiezione. Un cocktail in cui ogni elemento viene dosato dall’autore con mano ferma: dall’ambientazione sporca quanto basta ai confini via via più labili tra buoni e cattivi (con o senza Borsalino), da un cast all star estremamente affiatato alla malattia del protagonista che finisce per rivelarsi l’arma in più a sua disposizione.

Degna di nota è innanzitutto l’interpretazione di Norton, conosciuto al grande pubblico perBirdman, American History X, Schegge di paura, Fight club e La 25esima ora. Il personaggio di Lionel Essrog - un solitario detective privato affetto dalla sindrome di Tourette che si incaponisce per risolvere l'omicidio del suo mentore, Frank Minna (Bruce Willis) - poteva sfuggirgli di mano in più momenti. Rischiando di sfociare nel patetico o nel grottesco. E invece la maturità acquisita sul campo in oltre 20 anni di recitazione gli consentono di rendere le ossessioni del protagonista funzionali allo sviluppo della storia. La lotta di Lionel, che viene soprannominato Motherless Broklyn per il suo lungo trascorso in una casa famiglia dopo la morte della madre, per scoprire chi e perché ha ucciso Frank diventa un viaggio nei meandri della New York post Seconda guerra mondiale.

Partendo da pochi indizi che gli sono rimasti impressi grazie alla maniacalità dei suoi gesti e dei suoi riti, Lionel si avventura nei jazz club grondanti di gin di Harlem. E, passando per i bassifondi di Brooklyn, riesce ad accedere ai salotti dorati dei potenti mediatori della Grande Mela. In un’avventura che lo porta a scontrarsi con i criminali, la corruzione e l'uomo più pericoloso della città: il palazzinaro e neoassessore municipale all’Edilizia, all’Urbanistica e ai Parchi urbani, Moses Randolph (Alec Baldwin). Un affarista senza scrupoli e senza morale che non si fa problemi ad asfaltare chiunque incontri sulla sua strada. Nel senso letterale del termine. Tranne il protagonista che ha dalla sua la duplice spinta di onorare la memoria dell’amico morto e difendere la giovane Laura Rose (Gugu Mbatha-Raw) di cui è innamorato. Salvarla potrebbe essere la chiave per salvare la sua stessa esistenza.

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