Ristorazione

La filiera del catering chiede norme ad hoc in materia di lavoro e sanità

Dopo quasi due anni di fermo forzato si chiede il riconoscimento della propria identità con la valorizzazione delle competenze oltre al rilancio del comparto

di Enrico Netti

(Petinovs - stock.adobe.com)

2' di lettura

Vuole uscire dalla situazione ibrida in cui è stato fino ad oggi costretto, una via di mezzo tra ristorazione, anche di alto livello, la logistica integrata e l’industria alimentare. Il mondo del catering e del banqueting chiede il riconoscimento della sua identità con la valorizzazione delle competenze oltre al rilancio del comparto. Questo il messaggio di Paolo Capurro, presidente dell’Associazione nazionale banqueting e catering (Anbc) aderente a Fipe-Confcommercio chiedendo alla politica di «predisporre strumenti per la valorizzazione di competenze uniche, espressione propria di questo settore. Per esempio, una specifica legislazione sulla sicurezza alimentare e normative ad hoc sul mercato del lavoro e sulla formazione».

Piccoli dettagli che costituiscono un’identità forte, professionale, culturale e sindacale, come ribadito durante l’assemblea annuale che ha visto la presenza dei sottosegretari al Lavoro e Salute, Tiziana Nisini ed Andrea Costa, ed è stat aperta dal saluto di Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, imprese per l’Italia e dal presidente di Fipe-Confcommercio, Lino Enrico Stoppani. «In questi mesi difficili, sempre più realtà si sono avvicinate ad Anbc – aggiunge il presidente Capurro – e questo trend è destinato a confermarsi perché le difficoltà non sono finite. La guerra scoppiata in Ucraina ha determinato una paralisi del settore wedding a livello globale che va ad affiancarsi all’ormai nota crisi del settore fieristico e degli eventi corporate in Italia.

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Una tempesta perfetta dalla quale possiamo uscire sulla giusta rotta soltanto se saremo in grado di remare in un’unica direzione». La pandemia ha penalizzato le aziende del settore che negli ultimi 25 mesi sono state obbligate a 18 mesi di chiusura forzata, con la perdita del 90% del fatturato nel 2020 e del 55% l’anno successivo, lavorando a singhiozzo subito prima dello stop imposto per Natale, mese cruciale dell’attività che da solo vale il 20% degli introiti annui. Ora su lavoro e salute l’Anbc chiede un approccio diverso al Governo. «Ci rendiamo conto che di fronte a problemi del Paese questo settore possa rischiare di rimanere o di passare in secondo piano.

Tuttavia, e questo lo affermo con orgoglio, il ruolo delle 1.500 imprese non è solo legato al valore economico e all’indotto di lavoratori addetti e fornitori per un totale di 2,5 miliardi di fatturato e 6 miliardi di indotto, bensì al valore sociale che ogni giorno svolgono nell’accoglienza - rimarca Paolo Capurro -. Noi rappresentiamo l’eccellenza nella ristorazione, l’efficienza nella logistica e l’organizzazione dell’industria. Questi due anni sono stati di una sofferenza inaudita ma siamo ancora oggi convinti e consapevoli della nostra complessa identità».

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