Strumenti e professioni

La finanza stenta a prendere quota

Quotazione in Borsa (Aim e segmento Star), emissione di mini-bond, prestiti: le opportunità per superare l’ostacolo delle dimensioni delle imprese e il vincolo del controllo familiare

di Matteo Meneghello

(BLOOMBERG NEWS)

3' di lettura

«Volevamo metterci alla prova», dicono. Oppure: «desideravamo avere un rating e comunicare con potenziali investitori». Ma c’è anche chi è stato costretto, perché «le banche ci avevano abbandonato» o chi «nel mix degli strumenti corretti per la crescita» aveva un’esigenza di «rigore». Le parole dei titolari di aziende come Imi Fabi, Corvallis, Caseificio 4 Madonne, Tecno, quattro case history recentemente presentati in Borsa Italiana per raccontare l’esperienza delle Pmi italiane nell’approccio minibond, sintetizzano il momento storico che le vede protagoniste. Non è solo una questione di denaro. La liquidità sui mercati non è mai stata così abbondante, ma per crescere veramente le Pmi hanno bisogno di finanza. E non è un caso se, anche quest’anno, la finanza per l’impresa ha battuto record su tutti i fronti.

Secondo l’Osservatorio minibond del Politecnico nel 2018 le emissioni in Italia sono state 198, dieci di più che nel 2017, anche se il controvalore è in ribasso. Per agevolare questo trend, Borsa italiana ha recentemente presentato Extramot pro cube, segmento obbligazionario per la crescita di pmi non quotate con un valore di emissione inferiore a 50 milioni. «Le ricerche - ha spiegato Giancarlo Giudici, direttore dell’Osservatorio - evidenziano che l’emissione di un minibond è l’occasione per molte Pmi di avvicinarsi al mercato degli investitori professionali, acquisendo competenze finanziarie spesso non a portata di mano delle piccole aziende e preparandosi a operazioni più complesse e più impegnative per gli assetti proprietari come il private equity e la quotazione in Borsa». Il mercato del private debt dal 2013 a oggi ha realizzato una raccolta di 2,3 miliardi. Nel primo semestre, secondo i dati Aifi, i deal sono cresciuti del 21%, così come le società coinvolte. Cala il taglio medio delle operazioni. Un dato che conferma il coinvolgimento sempre più frequente di realtà di dimensioni più ridotte.

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Una tendenza che sta seguendo anche l’Aim. Le Pmi stanno mostrando sempre più fiducia nelle potenzialità di questo strumento finanziario, che fino a oggi ha visto una raccolta destinata per il 93% verso aumenti di capitale. Dopo la sbandata per Bio-on, questa nuova fase è fatta di realtà che, complice la crisi di liquidità e il venir meno dei flussi dei Pir, propongono proposte più piccole, che stanno ancora muovendo i primi passi, in linea comunque con l’identità growth del listino. Toccherà a queste matricole, ora, provare a rimpolpare il mercato orfano dell’ex unicorno bolognese: pur se piccole, sono sopraggiunte in massa anche quest’anno, che dovrebbe chiudersi con il nuovo record di ipo, aggiornando quello del 2018. «La dimensione media delle quotate si è ridotta - conferma Anna Lambiase, a di Ir Top Consulting, società leader per numero di quotazioni sul mercato Aim -: in un anno si è passati da un fatturato medio di 44 milioni a una soglia di 24 milioni di euro».

LE AZIENDE QUOTABILI

LE AZIENDE QUOTABILI

Anche la raccolta è scesa: dagli 11,6 milioni del 2017 si è passati agli 8 dell’anno scorso e ai 6 di quest’anno. Secondo Lambiase «non è un dato negativo. Significa che si stanno avvicinando al listino anche le aziende di dimensione più piccola. E la domanda degli investitori, anche dall’estero, è sempre molto alta, come dimostra il successo delle ultime ipo». Secondo un’analisi della stessa Ir Tip, i dati aggregati delle ultime semestrali delle 130 attualmente quotate assommano oggi, nel primo semestre, circa 3,1 miliardi di giro d’affari per un ebitda di 334 milioni. Il 70% di questa pattuglia di Pmi ha registrato negli ultimi sei mesi un aumento dei ricavi, con un incremento medio del 25 per cento, che si accompagna a una progressione del 10 per cento dell’Ebitda.

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