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Le sfide che i manager si trovano oggi ad affrontare sono estremamente complesse. Devono rivedere gli asset organizzativi per poter gestire il cambiamento in maniera ottimale. Spesso, l'implementazione del cambiamento incontra numerosi ostacoli e resistenze da parte degli attori organizzativi. Tuttavia ogni transizione richiede non solo un adeguato investimento di risorse, ma anche una corretta gestione delle persone, mirata a costruire una visione comune all'interno dell'organizzazione. Le imprese hanno dovuto affrontare situazioni complesse e difficoltà dovute all'emergenza, dando priorità a scelte di breve termine. D'ora in avanti le stesse aziende dovranno riflettere a fondo su come poter velocemente adattare strategie e business model per evitare una depressione prolungata, migliorare la propria posizione competitiva ed essere pronte alle nuove sfide, uscendo dalla loro comfort zone, cambiando modelli, culture, processi e strutture aziendali.
Indubbiamente la formazione rappresenterà una leva primaria nel processo di adattamento a cui le aziende saranno chiamate ma occorre essere chiari per evitare di generare aspettative che si rischia di vedere disattese. Il valore della formazione di per sé è neutro. Assume più o meno vigore a seconda della funzione che ad essa si attribuisce: se incanalata nel solco di una visione lungimirante, prospettica, laterale e innovativa, la formazione riveste una funzione di faro nello sviluppo di competenze necessariamente coerenti e funzionali alla visione di crescita; se al contrario la si inserisce nei programmi aziendali senza avere un'idea degli obiettivi a cui essa dovrà condurre, diventa poco più che un mero esercizio di sopravvivenza aziendale.
La vera domanda da porci a questo punto è: siamo certi che il sistema di valori, competenze, simboli e approcci, aziendali ed individuali, sviluppati nel tempo fino a prima del, o meglio dei, cigni neri che ci stanno interessando siano ancora efficaci e che a questi basti aggiungere “pezzi nuovi” di competenze? A mio avviso purtroppo la risposta è no.
La prima cosa, più importante di qualunque altra sia per i manager che per le loro aziende, è innanzitutto imparare a disimparare. Si tratta di avviare un vero e proprio processo di re-skilling, accettando il fatto che la gran parte di quello che facevamo, pensavamo e dicevamo fino a qualche tempo fa va cambiato radicalmente. Si tratta di eliminare i bias cognitivi che, se trascinati e non sradicati in un contesto in costante cambiamento, rischiano di rappresentare un freno sia per le aziende che i manager. La vera sfida, dunque, non è apprendere qualcosa in più rispetto a quanto già si conosce, ma disimparare quanto si è appreso per poter apprendere qualcosa di nuovo rispetto al passato.
Apprendere per le organizzazioni significa puntare sul capitale umano: creare e incoraggiare l'apprendimento continuo, considerare gli errori possibili, come opportunità di apprendimento, come occasione per valorizzare ogni singolo contributo, per considerare l'esperienza una fonte continua di apprendimento.
Sia chiaro, tuttavia, che l'apprendimento organizzativo non è la mera somma di singoli apprendimenti individuali, ma la sintesi di processi di interazione tra soggetti che operano per un fine condiviso. La formazione ha il potere di cogliere, generare, implementare e dirigere questi processi verso un obiettivo comune.
Rimane in capo ai manager, tuttavia, la responsabilità della guida verso il cambiamento, proprio, delle persone e della cultura aziendale nel suo complesso. Cosa dovrà inevitabilmente fare un manager per costruire un clima all'interno del quale, attraverso un apprendimento individuale e organizzativo, l'azienda e le persone che in essa operano possano sviluppare modelli di innovazione costante in grado di cogliere le opportunità dei cambiamenti?
Innanzitutto dovrà Promuovere la proattività per generare nuove soluzioni che avranno tante più possibilità di essere adottate quanto più le persone saranno state coinvolte nel processo di ideazione
Dovrà Pensare in maniera sistemica poiché in un mondo complesso il pensiero lineare non funziona. Pensare in maniera sistemica significa prestare attenzione alle connessioni, alle relazioni.
Dovrà partire da assunti positivi sulla natura umana: il leader dell'apprendimento ha fiducia nelle persone. Se i leader pensano che i loro collaboratori siano pigri e passivi, attiveranno ambienti che a lungo andare lavoreranno per renderli davvero tali.
Il leader dell'apprendimento farà circolare le informazioni perché sa che una comunicazione costante e trasparente promuove la connessione tra le persone, dando loro le informazioni necessarie per esercitare autonomia e proattività.
Infine, dovrà promuovere la diversità culturale. Di fronte a cambiamenti tanto complessi e repentini, le organizzazioni più resilienti saranno quelle con risorse culturali maggiormente diversificate, condizione indispensabile per generare innovazione.
*Centro di Formazione Management del Terziario
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