La Formula 1 sposa (a modo suo) l’Agenda 2030 e diventa «carbon neutral»
Il presidente e amministratore delegato della Formula 1, Chase Carey, ha annunciato di ambire a far diventare la Formula 1 «carbon neutral»
di Alex D'Agosta
3' di lettura
Si chiama «2030 Agenda for Sustainable Development» e nei prossimi dieci anni se ne parlerà sempre più di frequente. I suoi 17 obiettivi riguardano scenari sociali, economici e naturalmente ambientali per tutti i paesi aderenti alle Nazioni Unite.
Non poteva fare a meno di leggerla e recepirla con attenzione anche il sommo presidente e amministratore delegato della Formula 1, Chase Carey, che ha annunciato di voler ambire a far diventare la Formula 1 «carbon neutral» non solo per motivazioni “altruistiche” ma, non di minor importanza, anche per aver colto una sensibilità ambientale sempre più importante dai suoi spettatori.
A ben vedere infatti 100 chilogrammi di combustibile per ogni ora di gara per vettura non sono proprio un autentico esempio di “sostenibilità” di questo sport. Eppure le unità propulsive odierne sono quanto di meglio l'uomo abbia mai concentrato in un motore endotermico: calcolatrice alla mano, a livello di emissioni in rapporto a potenza, peso e cubatura siamo ai migliori livelli mai raggiunti. Insomma, in Formula 1 si hanno già oggi i motori più “efficienti” del mondo. Ma visto che per fare spettacolo servono tanti cavalli, è necessario cambiare direzione.
Più verdi, ma non subito. E non del tutto
L’obiettivo che si è dato Carey è di arrivare a ridurre fino al 50% le emissioni totali di tutto il “circus”. Auto in pista, logistica delle squadre. Senza però includere gli spostamenti dei tifosi. Lì sarà difficile prendere serie misure: si è visto infatti anche quest’anno a Monza, quando si è scelto di favorire una maggior capienza di parcheggi interna all'impianto, nonostante un accesso automobilistico sempre più difficilmente penetrabile e, di contro, ignorare del tutto opzioni più sostenibili come le biciclette, addirittura del tutto inibite all’ingresso nel perimetro dell'autodromo pure a staff e operatori.
E, dove non ci si arriverà con la tecnica, verrà fatto con misure di compensazione: non solo rimboschimento ma anche investimenti nel CCS, il Carbon Capture and Storage, un processo che si sta sviluppando e affermando per ridurre la pericolosa concentrazione di CO2 attraverso diversi metodi che portano a essiccazione, compressione, trasporto e deposito di anidride carbonica.
No elettrico: avanti con la combustione interna
Non c’è nessun piano di abbandono dei motori a combustione interna ma la direzione scelta è quella di allontanarsi almeno dai combustibili fossili. Si parla di nuovi carburanti biologici, derivati da rifiuti domestici o alghe. Non mancherà il coinvolgimento di colossi come Royal Dutch Shell, ExxonMobil e Petronas per la loro produzione. Scettiche ovviamente le organizzazioni ambientalisti, come la Transport and Environment di Bruxelles, una organizzazione non governativa molto grande dedicata a incentivare i trasporti più ecologici. Come spiega la responsabile della divisione Emobility, Julia Poliscanova: «Le tecnologie per rendere le competizioni realmente a zero emissioni sono già state inventate, sono sul mercato e si chiamano semplicemente “veicoli elettrici”. Quindi non è chiaro il motivo per cui la Formula 1 dovrebbe continuare a promuovere i motori a combustione interna, che sono causa di così tanto inquinamento dell'aria nelle città».
La sfida di un’energia realmente sostenibile
Fino a pochi anni fa spaventava limitare i consumi delle Formula 1, si pensava di perdere spettatori. Poi è nata la Formula E, che si fonda sui messaggi nativamente allineati alla lotta ai cambiamenti del clima. Però in qualche città si è dimostrata anch’essa non del tutto sostenibile: memorabile l'immagine di generatori “vecchia maniera” per sopperire a possibili carenze della rete elettrica in una periferia metropolitana.
A ben vedere, il punto 7.2 dell’Agenda ONU 2030 recita «Aumentare considerevolmente entro il 2030 la quota di energie rinnovabili nel consumo totale di energia». Ed è proprio quell’energy mix che realisticamente si “prolungherà” ancora per tanti anni a far pensare che forse in Formula 1 ci hanno visto lungo, specie perchè il management vive e lavora negli Stati Uniti, dove l'impatto energetico anche dei singoli cittadini a casa propria è decisamente troppo sopra alla media mondiale.
Una domanda notevole, in continua crescita, che ancora fatica a essere coperta in modo green. In tema di rinnovabili, hanno davvero molta strada da fare. Nei prossimi dieci anni, quindi, il tempo e la capacità dei governi di rinnovare velocemente il parco vetture stradali e l’evoluzione della cultura trasportistica darà ragione all’uno o all’altro approccio. Sarà meglio tenere un piede con le tecnologie consolidate, togliendosi però almeno dalla dipendenza del petrolio, o credere da subito ciecamente all'elettrico, affrontando però ancora difficili problemi, come l’approvvigionamento “green” dell'energia e del suo stoccaggio?
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