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Ripartenza autunnale con il freno a mano tirato anche per le fonderie, reduci nel secondo trimestre dell’anno da una contrazione della produzione del -2,7%, rispetto ai primi 90 giorni del 2023, per la diminuzione delle commesse dai principali settori clienti (-3,8%) e della recessione in atto in Germania.
Ne consegue che anche il fatturato aggregato risulta in calo del -3,9%. Le cifre sono del Centro studi di Assofond, l’associazione di Confindustria guidata da Fabio Zanardi, ad della fonderia di Minerbe, nel Veronese, che porta il suo cognome. «Ci aspettavamo un rallentamento, visti i segnali provenienti dall’economia mondiale – commenta Zanardi - Già a luglio i nostri associati sottolineavano una contrazione degli ordini, che in parte attribuiamo a dinamiche di smaltimento scorte lungo la filiera, ma che sono chiaramente riconducibili alla frenata della domanda. Le prospettive restano quindi incerte, visto il rallentamento delle principali economie, a cominciare dalla Germania, primo mercato per le fonderie italiane e venete».
L’unico segmento in controtendenza riguarda la produzione di acciaio (+15,7%) per cui la domanda si mantiene in terreno positivo, generata dai cantieri Tav e dall’avvio di diverse opere finanziate dal Pnrr. Ma anche in questo caso le incognite non mancano, soprattutto per quanto riguarda gli ordini dei cantieri privati, in flessione. Alcuni segnali di difficoltà si erano già manifestati: dalla primavera diverse acciaierie, visto il calo degli ordini hanno chiesto la cassa integrazione utilizzata fino al fermo estivo. È successo anche per Gruppo Pittini di Osoppo (Udine) che in alcuni stabilimenti, come Acciaierie di Verona, ha fatto ricorso alla cig per le lavorazioni a freddo e il laminatoio. Il clima di fiducia degli imprenditori del comparto si va via via spegnendo. La maggioranza delle imprese non crede più in un quadro stazionario (33,3%) ma lo prevede in lieve peggioramento nei prossimi mesi (36,7%).
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