La fuga dei cervelli costa all’Italia 14 miliardi all’anno
Parola di Patrizia Fontana, presidente di Talents in Motion. Che gira l’Italia con un think tank per capire come rendere più attrattivo il Paese
di Cristina Casadei
4' di lettura
Come migliorare il mismatch tra domanda delle aziende e offerta universitaria sembra un rompicapo irrisolvibile. C’è un dibattito ormai storico sul tema, alimentato anche da numeri sempre molto elevati di aziende che cercano figure che non trovano, allo stesso modo in cui migliaia di talenti non riescono a trovare un ruolo adeguato al proprio profilo. E, magari, se ne vanno all’estero. Per provare a fare un passo in avanti, Talents in Motion ha creato un think tank intitolato «Competenza vs conoscenza» che il 25 febbraio farà tappa all’Iit di Genova.
Il road-show
È il secondo incontro, dopo quello che si è svolto in UniCredit, a Milano, in cui la presidente di Talents in Motion, Patrizia Fontana, e Pietro Campagna, co-head global transaction banking Italy di UniCredit spa, hanno incontrato 250 studenti universitari provenienti per lo più da Politecnico di Milano, Cattolica e Bicocca, per discutere di come stia cambiando il mondo del lavoro e quali competenze richieda oggi.
Un progetto che piace alle multinazionali
Gli incontri andranno avanti con cadenza mensile e si svolgeranno in tutta Italia. Saranno chiusi da un grande Forum a cui Fontana conta «di arrivare con i rappresentanti delle istituzioni e gli enti di ricerca interessati e forte di 250 aziende sostenitrici che si saranno unite al progetto, in buona parte anche Pmi. C’è un gap forte che separa il nostro Paese dai partner comunitari in termini di competenze digitali e know-how tecnologici, oggi patrimonio indispensabile tanto per le grandi imprese quanto per le Pmi. Vogliamo implementare l’offerta formativa grazie al coinvolgimento delle Università italiane, accelerare lo scambio di conoscenze e favorire così l’attrattività del nostro Paese per i talenti italiani e stranieri». Per ora, Talents in Motion, progetto a-politico, senza scopi di lucro, ma con il chiaro obiettivo di far sì che le eccellenze che l’Italia ha siano valorizzate, è sostenuto da una quarantina di grandi aziende di settori diversi, da UniCredit a Intesa Sanpaolo, Leonardo, Ducati, Lamborghini, Coesia, Coca Cola, Bosch, Ey, Pwc, Enel solo per citarne alcune.
La fuga di cervelli costa 14 miliardi
L’Italia è il paese in cui si potrebbero raccontare migliaia di storie di giovani e meno giovani con curriculum molto brillanti che scelgono di andare a lavorare all’estero. Per fare un’esperienza ed arricchire il proprio bagaglio professionale, per crescere i figli in contesti internazionali e dare loro un’opportunità in più, per raggiungere obiettivi che nel nostro paese hanno troppi ostacoli o, magari neanche troppo banalmente, per guadagnare di più. Per farli rientrare, la normativa strizza l’occhio con le agevolazioni fiscali (si veda altro pezzo in pagina), le regioni aprono bandi, stanziando importanti risorse. Al di là degli strumenti, però, l’attrattività del nostro paese non è altissima, nemmeno per i talenti di altri paesi. Quindi? Chi può se ne va, alimentando la fuga dei cervelli che, stima Fontana, «ha un costo in Italia di circa 14 miliardi di euro all’anno, equivalente a un punto percentuale di Pil. Sono circa 80mila gli italiani che ogni anno intraprendono percorsi fuori dall’Italia, contribuendo anche al divario che esiste oggi con gli altri partner internazionali sulle competenze digitali. Il nostro paese è 25esimo tra i 28 stati Ue nella classifica su competitività digitale e competenze digitali dove svettano i paesi nordici».
Rendere l’Italia più attrattiva
Nelle grandi imprese, ma sempre più anche nelle Pmi, la corporate social responsibility è diventata, anno dopo anno, una priorità e «Talents in Motion si pone come obiettivo quello di accrescere l’attrattività dell’Italia per i talenti italiani, ma anche stranieri, favorirne la circolazione e valorizzarne le opportunità di lavoro. I numeri del brain drain sono imponenti: degli 80mila italiani che se ne vanno all’estero, 25mila sono laureati, con un’età compresa tra 25 e 39 anni, principalmente in materie Stem. Tre su quattro si stabiliscono in altri paesi europei tra cui Germania, Gran Bretagna, Francia e Spagna, mentre gli altri vanno oltre oceano, tra Australia, Brasile e Stati Uniti. Tra le motivazioni che li muovono ci sono gli stipendi troppo bassi del nostro paese, l’over education rispetto al ruolo svolto e la scarsa differenza retributiva rispetto ai diplomati», dice Fontana. Fa impressione l’uscita di risorse che potrebbero dare un contributo al sistema paese e che, tra l’altro, ha anche un impatto in termini economici, per il mancato gettito della fuga dei cervelli all’estero e, al contrario, per i benefici in termini di Pil del loro rientro. Talents in motion, basandosi su dati del Ministero dell’Economia e delle finanze e Agenzia delle entrate, ha stimato che per 5mila talenti rientrati in Italia dal 2010 al 2016 c’è stato un impatto positivo sul Pil pari a 500 milioni di euro.
Dentro il Digital Hub
Per far sì che nella circolazione dei talenti non manchi anche la tappa Italia, Talents in Motion ha ideato il think tank, ma anche uno strumento pratico, il Digital hub, una piattaforma dove le aziende che hanno aderito all’associazione «possono mettere il loro company profile e gli aspetti che le rendono attrattive per i talenti. Con la descrizione dei profili e le opportunità professionali che offrono», dice Fontana. I talenti italiani e internazionali possono poi candidarsi per le opportunità che vengono offerte sul sito e sulla pagina LinkedIn. Per aiutarli a capire il contesto italiano vengono fornite pillole su aspetti fiscali, legali e amministrativi per comprendere vantaggi, agevolazioni e modalità di realizzazione di un arrivo o trasferimento in Italia.
Per approfondire:
● L’italiano che inventò i microchip e seppe dire no a Steve Jobs
● Piemonte tra ripresa dei fatturati e fuga dei cervelli
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