La gamification come strumento a supporto dello smart working
Le meccaniche di game design possono essere implementate all’interno dei contesti aziendali in modo divertente e senza imposizioni top-down
di Daniele Ciacci *
3' di lettura
Le aziende italiane, per rispondere alla situazione critica dettata dalla Covid-19, si sono mosse mettendo in piedi strategie di lavoro da remoto che si stanno rilevando efficaci nell’evitare che il contagio si espanda a macchia d’olio. Però, l’altra faccia della medaglia si chiama isolamento. L’epidemia ha portato al solipsismo e spesso il solipsismo (a meno di contenere in sé stessi un’energia tale da spingere sempre e comunque a raggiungere i risultati più ambiziosi) ha la conseguenza di indurre a una mancanza di motivazione. I risultati di questo si leggono nelle performance e non è questo il momento in cui possiamo permetterci di ridurle.
Si possono rilevare due problemi distinti e collegati: la mancanza di motivazione adeguata nel compensare quella di un lavoro “in presenza”, e un calo delle performance. I rischi ci sono, e sono evidenti in una nuova tipologia di lavoro che prima di qualche settimana fa non era ancora stata completamente sdoganata. Da un giorno con l’altro, ci siamo svegliati e abbiamo liberato il tavolo del salotto dai biscotti della colazione e l’abbiamo trasformato nel nostro nuovo ufficio, salvo che da quel salotto i bambini ci passano, guardano Peppa Pig e, anche nelle situazioni di maggior focalizzazione, nel segreto del proprio studio insonorizzato nello scantinato di casa, essere a casa incentiva alla distrazione.
Come risolvere, rapidamente, questo delta di attenzione e di motivazione e quindi performativo è sicuramente uno dei territori dove stanno rivolgendo i maggiori sforzi di chi si occupa, oggi, di risorse umane. Non per nulla, l’isolamento ha portato alla crescita di alcuni servizi che fanno dello streaming online la loro natura. Nel bel mezzo del tracollo della Borsa di New York, a inizio epidemia, l'unico titolo che segnava crescite positive era Netflix. Nella solitudine sentiamo il bisogno di narrative coinvolgenti che possano trascinarci in una condizione di focalizzazione efficace e soddisfacente.
L’obiettivo dell’azienda, oggi, è quello di proporre esperienze di umanità aumentata – per citare il mio collega ed esperto di edutaintment Nicola Giunta – che inseriscano i collaboratori all’interno di questa nuova «narrativa da remoto». Uno degli strumenti più efficaci è l’implementazione di meccaniche estratte dal mondo ludico (la tanto chiacchierata gamification) dove il partecipante è coinvolto in un sistema di ingaggio che modifica i comportamenti negativi premiando quelli positivi.
Provare a inserire piccole meccaniche di premiazione e di valorizzazione dei singoli task tra i dipendenti, all’interno di spazi di collaborazione e di competizione dove è sempre visibile un punteggio, provare ad indicare con badge o con premi reali i comportamenti migliori del collaboratore a distanza: ecco una strada. E per non scadere nel bieco stakanovismo, perché non pensare a sistemi di ingaggio che premino anche il tempo «non lavorato», dedicato ai familiari, alla riscoperta della casa e del senso del proprio tempo?
Le meccaniche di game design possono essere implementate all’interno dei contesti aziendali per raggiungere determinati obiettivi, in modo divertente e senza imposizioni top-down. Per farlo, occorre studiare una narrativa condivisa nella totalità dell’impresa, gli obiettivi specifici da raggiungere e i comportamenti che si vuole incentivare nell’attività di smart working.
Quindi, lo studio delle meccaniche e delle tecniche di ingaggio e di punteggio: ma è solo un passaggio successivo. Perché già riscoprire una propria narrativa è, per dirla con il sociologo Richard Sennet in «L’Uomo flessibile», ciò che consente lo sviluppo di un senso di appartenenza e di autostima. E mai come oggi se ne sente il bisogno.
* Consulente Newton S.p.A.
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