Bund trentennale a tasso negativo, alla Germania il «colpaccio» riesce a metà
Domanda tiepida per la prima obbligazione tedesca a 30 anni con tasso negativo: poco più di 800 milioni a fronte di un’offerta di 2 miliardi
di Maximilian Cellino
3' di lettura
Qualche settimana fa non era probabilmente passata inosservata una riflessione in base alla quale si ipotizzava, non senza una certa dose di provocazione, la sparizione del mercato dei Bund in un futuro non troppo lontano. Da oggi, almeno dal punto di vista strettamente tecnico, abbiamo la certezza di poter contare sulla presenza di un titolo di Stato tedesco sui listini almeno fino al 2050, visto che la Germania ha appena emesso un’obbligazione con tale scadenza.
L’evento non rappresenterebbe in sé certo una novità, se non fosse per il fatto che il crollo dei rendimenti dei bond sovrani (in Germania, come nel resto del globo) ha permesso al Tesoro tedesco di collocare titoli trentennali senza in cambio garantire alcuna cedola ai creditori: è la prima volta nella storia, neanche la Svizzera o il Giappone si erano spinti fino a tanto in passato, e finora la stessa Germania si era fermata alla scadenza dei 10 anni con quelli che potremmo definire in modo improprio zero-coupon bond.
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Il «colpaccio», se così si vuol definire, è però riuscito a metà al Tesoro tedesco, perché l’accoglienza da parte degli investitori è stata molto tiepida. Secondo i dati forniti da Bundesbank, la Germania ha collocato in asta il nuovo Bund scadenza agosto 2050 per 824 milioni di euro. A fronte di un'offerta per 2 miliardi, le richieste sono state pari a 869 milioni; una cosiddetta asta «tecnicamente scoperta». E anche se il fenomeno non è insolito nei collocamenti di titoli tedeschi, si tratta comunque della domanda più debole registrata dal 2011.
Di contro, il rendimento medio a scadenza si è attestato a -0,11%, la prima volta appunto in negativo sul primario per questa scadenza. E questo rende francamente difficile bollare semplicemente l’operazione come un «flop». Dopotutto è la svolta delle Banche centrali (nel caso specifico della Bce), con un ritorno a politiche ultra-espansive nel tentativo di scongiurare una pericolosa recessione ad aver creato i presupposti perché questo paradosso impensabile qualche anno fa divenisse realtà. Sottozero in Europa viaggiano anche i titoli olandesi (-0,17%) e gli svizzeri (addirittura -0,63%) e a Berlino si è evidentemente deciso di sfruttare l’occasione presentandosi al mercato, aumentando così la scadenza residua del debito tedesco.
La strada è del resto quella seguita da altri emittenti nazionali, fra cui ovviamente l’Italia (con la riapertura del BTp a 50 anni) e il paradosso Austria con il suo titolo a 100 anni. E che progettano anche gli stessi Stati Uniti, dove nei giorni scorsi si è sondato l’appetito del mercato per un eventuale Treasury «Matusalemme» da 50 o addirittura 100 anni. Il dubbio, più che legittimo, è capire se la Germania riuscirà ancora a intercettare l’interesse degli investitori, promettendo la semplice restituzione del capitale (e non un centesimo in più, anzi qualcuno di meno se il prezzo sarà fissato come presumibile sopra la pari) dopo 30 anni e trasferendo quindi in pratica nelle loro mani l’intero rischio.
L’ultima volta che il Tesoro tedesco ha venduto un titolo con cedola zero, il decennale a inizio luglio, ha ricevuto richieste 1,25 volte superiori ai 3,15 miliardi di euro assegnati: un rapporto fra domanda e offerta in calo rispetto all’1,65 registrato nell’asta del mese precedente. È verosimile che questo valore scenda ulteriormente, anche perché l’operazione cadrà in un periodo intenso di aste. La Germania venderà infatti successivamente cinque miliardi di un nuovo titolo biennale il 27 agosto, tre miliardi bond decennali il 28 agosto e infine quattro miliardi quinquennali il 4 settembre.
Ma non è ovviamente soltanto intorno alle operazioni più o meno opportunistiche portate avanti dal Tesoro tedesco che si lega la «sopravvivenza» del mercato dei Bund. La stessa svolta impressa nei giorni scorsi dal ministro delle Finanze Olaf Scholz, che si è dichiarato disponibile ad allargare i cordoni della borsa aumentando la spesa pubblica con interventi fino a 50 miliardi di euro, garantisce il fatto che la Germania riprenda a indebitarsi e a emettere quindi nuova carta.
I Bund sembrano insomma ancora destinati, nonostante tutto, ad avere futuro. Con un probabile sospiro di sollievo da parte di quanti (Commissione Ue compresa) hanno più volte messo in guardia sui rischi di illiquidità di un mercato che resta in fondo basilare anche per le sue caratteristiche di benchmark e di asset senza rischio, fondamentali per aiutare a diversificare le attività detenute da banche e da investitori istituzionali.
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