l’uscita dall’emergenza

La giustizia ripopola i tribunali ma salva anche le udienze online

Da mercoledì 1° luglio la giustizia esce con un mese di anticipo dalla fase 2 dell’emergenza. Ma non torna ai ritmi e alle procedure pre-Covid: dovrebbero cessare i rinvii massicci delle udienze, ma la riapertura dei tribunali sarà graduale e non scompariranno le modalità “digitali”

di Valentina Maglione

Coronavirus, positivi due giudici del tribunale di Milano

3' di lettura

Da mercoledì 1° luglio la giustizia esce con un mese di anticipo dalla fase 2 dell’emergenza. Ma non torna ai ritmi e alle procedure pre-Covid, dato che è ancora necessario rispettare le prescrizioni sanitarie, a partire dal distanziamento. Da un lato, infatti, dovrebbero cessare i rinvii massicci delle udienze, ma, dall’altro, la riapertura dei tribunali sarà graduale e non scompariranno le modalità “digitali” di gestione della giurisdizione adottate durante la pandemia per evitare l’assembramento negli uffici.

La fine anticipata della fase 2 è l’effetto della conversione del decreto legge 28/2020. Nel testo finale è infatti caduta la norma che protraeva fino al 31 luglio le misure emergenziali per la giustizia. È tornata così la scadenza originaria, fissata al 30 giugno dal decreto cura Italia (18/2020). Ma la stessa legge di conversione del Dl 28 ha precisato che restano validi gli atti adottati e gli effetti sorti nel frattempo.

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«Le udienze non in presenza fissate a luglio si terranno - assicura il presidente del Tribunale di Milano, Roberto Bichi -: è l’unico modo che ci consente di mantenere la produttività. Altrimenti, la fine della fase 2 rischierebbe di avere un effetto contrario a quello sperato di ripresa, dato che resta l’obbligo di garantire il distanziamento e gli spazi in tribunale sono ridotti». Per le nuove attività, invece, si applicheranno le procedure “normali”. È il caso dei processi per direttissima degli arrestati, che durante l’emergenza si sono svolti in collegamento video ma che ora riprenderanno in tribunale. L’obiettivo, per Bichi, è gestire la ripartenza «con ordine e buon senso, aumentando le udienze in presenza, ma in sicurezza. A luglio, grazie alle modalità digitali di trattazione, si riuscirà a gestire il lavoro. I problemi potrebbero sorgere a settembre se non saranno confermate».

Anche a Napoli, da mercoledì, «per i procedimenti civili continueremo a usare soprattutto la trattazione scritta - afferma la presidente del Tribunale, Elisabetta Garzo - ma cercheremo di aumentare anche le udienze in aula» quando lo svolgimento “cartolare” non è possibile, come per sentire i testimoni o le parti. Quanto ai processi penali, «quelli collegiali sono già ripartiti, mentre per quelli del tribunale monocratico, molto numerosi, occorre fissare un tetto. La ripresa sarà comunque sostanziale».

Un aiuto per i prossimi mesi dovrebbe venire da un emendamento al decreto legge Rilancio (34/2020), all’esame della commissione Bilancio della Camera per la conversione in legge. La proposta di modifica mira a estendere la “sperimentazione” delle innovazioni introdotte dal decreto cura Italia fino al 31 dicembre 2021. Si tratta, tra l’altro, della possibilità di sostituire le udienze civili a cui devono partecipare solo i difensori con il deposito di note scritte; e della chance di svolgere tramite collegamenti audiovisivi a distanza le udienze civili aperte, oltre che ai legali, solo alle parti e agli ausiliari del giudice, e quelle penali. Sarà però necessario avere il consenso delle parti.

A premere per la ripresa è soprattutto l’avvocatura, che viene da settimane di proteste e manifestazioni contro i tribunali chiusi. «La giustizia è un servizio essenziale e deve ripartire», afferma il presidente dell’Unione delle camere civili, Antonio de Notaristefani, che aggiunge: «Per farlo in sicurezza, possono essere utili la proroga della trattazione scritta e della celebrazione da remoto e anche lo scaglionamento degli orari delle udienze».

Per rendere più efficiente la giustizia civile, afflitta da tempi lunghi e incerti, si sta rimettendo in moto anche la macchina della riforma, sulla spinta delle “raccomandazioni” del Recovery fund. Si ripartirà dal disegno di legge delega licenziato a dicembre dal Governo ma rimasto finora in attesa di iniziare l’esame al Senato.

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