flussi di denaro

La grande fuga di liquidità dall’Italia di marzo 2020: una radiografia

107 miliardi hanno lasciato il Paese, diretti verso il porto sicuro tedesco

di Marcello Minenna

(luzitanija - stock.adobe.com)

6' di lettura

Con l'arrivo di dati aggiornati a marzo 2020 comincia a delinearsi un quadro più chiaro di quello che è accaduto a livello finanziario nel mese horribilis in cui l'economia italiana ha subìto una battuta d'arresto senza precedenti storici.

In particolare, ha colpito molto l'attenzione pubblica il dato del saldo debitorio Target2 (T2) di Banca d'Italia: -492 miliardi di €, record negativo assoluto accompagnato dal peggioramento più repentino mai registrato: -107 miliardi in un solo mese.

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T2 è il sistema di pagamenti interbancari transfrontalieri dell'Eurozona. Il saldo netto T2 misura il debito/credito di una banca centrale nei confronti delle banche centrali nazionali (BCN) appartenenti all'Eurosistema; è una misura contabile aggregata dei flussi di liquidità da e verso l'estero a seguito di transazioni degli operatori finanziari nazionali. Il dato in sé ci sta quindi dicendo che 107 miliardi hanno lasciato il Paese, ma non chiarisce ovviamente per quali ragioni né le destinazioni finali di queste somme.

Qualcosa in più si evince dal confronto del saldo T2 italiano con quello tedesco, che tradizionalmente è sempre molto positivo, dato che la Bundesbank è in forte credito nei confronti del resto dell'Eurosistema per via dei persistenti afflussi di liquidità verso l'economia tedesca. Non a caso, il saldo T2 della Germania subisce a marzo un forte incremento, di circa +113 miliardi portando il credito della Buba verso le altre BCN europee vicino (ma non oltre, cfr. Figura 1) ai suoi massimi storici.

SALDI NETTI TARGET 2

In milioni di euro (Fonte: Banca centrale europea)

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Ovviamente non c'è sempre corrispondenza, né un nesso causale diretto tra le due variabili, ma in situazioni di particolare crisi (vedi l'autunno 2011) i saldi T2 di Italia e Germania tendono a comportarsi in maniera speculare per via del prevalere di dinamiche di fuga della liquidità verso i c.d. “porti sicuri” (safe haven). Questo brusco shift di liquidità transfrontaliero ha annullato de facto tutto il lento e faticoso riequilibrio a cui la Banca Centrale Europea (BCE) stava lavorando negli scorsi mesi con il varo della normativa sul c.d. tiering delle riserve bancarie.

Per avere un quadro contabile dei fattori determinanti realmente preciso occorrerebbe attendere i dati relativi alla bilancia dei pagamenti, che in genere hanno un paio di mesi di ritardo. Tuttavia c'è urgenza di capire l'entità del fenomeno in un momento in cui tutti gli indicatori di attività economica stanno peggiorando drasticamente; per questo è possibile anche un'altra via di indagine che passa attraverso l'analisi delle voci di bilancio della Banca d'Italia, meno dettagliata sui settori coinvolti ma non meno informativa.

I dati dimostrano come gran parte del deflusso sia avvenuto in risposta alle misure di politica monetaria della BCE messe in atto a seguito del meeting del 12 marzo e della riunione di emergenza della notte del 19 marzo, con cui tra l'altro è stato deciso l'avvio del programma pandemico di acquisto titoli (PEPP - Pandemic Emergency Purchase Programme) per 750 miliardi almeno fino a fine 2020. Gli effetti sono stati sia diretti che indiretti (cfr. Figura 2).

CENTOSETTE MILIARDI IN FUGA

Banca d’Italia - decomposizione della variabile del saldo Target2 del mese di marzo 2020. Fonte: Banca d’Italia

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Con il primo pacchetto di interventi a contrasto della crisi del 12 marzo, la BCE ha avviato innanzitutto una serie di prestiti LTRO (Long Term Refinancing Operations) di emergenza a 90 giorni al tasso del -0,5%. L'obiettivo è stato quello di traghettare le banche verso un più consistente pacchetto di prestiti T-LTRO (cioè LTRO targeted, con l'espressa finalità di essere veicolati all'economia reale) a tassi d'interesse ancora più favorevoli, da avviare a giugno. Le banche italiane hanno risposto subito a questo stimolo, prendendo a prestito circa 44 miliardi nelle aste del 16,23 e 30 marzo. Questi prestiti vengono contabilizzati dalla Banca d'Italia come attivo di bilancio e non necessariamente comportano un corrispondente aumento del saldo T2. C'è una relazione diretta se – come successo durante la crisi del 2011-2012 – le banche utilizzano questa liquidità per acquistare titoli governativi nazionali venduti da investitori esteri. In questo caso la liquidità defluisce all'estero e si registra un contestuale aumento del saldo debitorio T2 che riflette una nazionalizzazione del rischio sovrano.

Non abbiamo la certezza che a marzo 2020 sia successa la stessa cosa, ma possiamo sospettarlo se andiamo ad osservare la consistenza dei conti di deposito/riserva delle banche italiane presso Banca d'Italia. Infatti, nonostante l'afflusso derivante dai prestiti, le consistenze non solo non sono aumentate, ma anzi si sono ridotte di 13,3 miliardi, portando il livello delle riserve bancarie esattamente a quella soglia minima di 112 miliardi che garantisce una completa esenzione dal pagamento del tasso di interesse negativo del -0,5%.

Quindi nel complesso 57 (44+13) miliardi di riserve bancarie sono stati impiegati all'estero, il che spiega più del 50% della variazione negativa del saldo T2. Una parte verosimilmente è stata utilizzata per l'acquisto di titoli di Stato italiani venduti da investitori esteri, mentre un'altra quota di riserve potrebbe essere stata impiegata a fini di investimento/ribilanciamento del rischio in attività finanziarie estere percepite come “sicure” come ad esempio i Bund tedeschi. Stante il dato dell'ABI (Associazione Bancaria Italiana) di marzo che vede i depositi retail in moderata crescita (+5%), si esclude che parte dei depositi possa essere stata trasformata in contante, nonostante l'aumento generalizzato di domanda di cash in tutta l'area Euro. A margine si registra infatti la crescita dell'emissione di banconote da parte della BCE più alta di sempre, di cui la quota attribuibile contabilmente a Banca d'Italia è intorno ai 5 miliardi.

Il 15 marzo inoltre la BCE ha avviato un accordo con la Federal Reserve che prevede la possibilità di accesso alla liquidità in dollari per le banche europee attraverso linee swap in valuta. Dal bilancio di Banca d'Italia risulta che il nostro sistema bancario ha utilizzato questa linea per approvvigionarsi di dollari, per un ammontare corrispondente in € di 11,7 miliardi. Contabilmente si tratta di un deflusso di liquidità che incide sul saldo debitorio T2 per un 10%, anche se è plausibile che questo trasferimento sia una tantum e possa essere compensata da un flusso opposto in tempi ragionevolmente brevi.

Nel contempo, i depositi delle amministrazioni pubbliche si sono ridotti per circa 27,7 miliardi, probabilmente per via del tiraggio di liquidità destinata alle importazioni di emergenza. Nessuna variazione, ma anzi un leggero aumento (+2 miliardi) per i depositi del settore privato non finanziario.

Infine, c'è l'impatto del potenziamento dei programmi di acquisto di titoli da parte della BCE: il 12 marzo ulteriori 120 miliardi nell'ambito del programma standard PSPP (Public Sector Purchase Programme) e poi il programma speciale pandemico PEPP. Nel complesso, in due mesi si è passati da un livello di acquisti settimanali di circa 10 miliardi di € ad oltre 40 miliardi per l'intera area Euro (cfr. Figura 3).

BCE - PROGRAMMI DI ACQUISTO TITOLI SUL MERCATO SECONDARIO

In miliardi di euro (Fonte: Banca Centrale Europea)

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Dalle voci di bilancio di Banca d'Italia, la quota attribuibile al nostro Paese sembra sia valutabile attorno ai 13 miliardi, sommando la variazione di +1,6 miliardi della posta dell'attivo titoli obbligazionari in euro, negoziabili, emessi da residenti dell'area euro e la variazione negativa di -14,6 miliardi della posta del passivo conti di rivalutazione. In parole semplici, acquisti per 13 miliardi hanno avuto una valutazione contabile di soli 1,6 miliardi per via dell'improvviso crollo dei prezzi sul mercato secondario nel momento in cui è stato valutato l'impatto che la profonda recessione in fieri avrà sul debito governativo. Dai dati si sa per certo che nell'ambito del programma standard PSPP la Banca d'Italia ha acquistato a marzo 11,2 miliardi di BTP; dunque circa 2 miliardi dovrebbero essere la quota residua acquistata nell'ultima settimana di marzo tramite il nascente programma pandemico PEPP.

Questa cifra si riflette totalmente nel saldo debitorio di T2 come deflusso di liquidità perché i titoli sono stati acquistati quasi tutti dall'estero, considerando che le banche italiane sono state anch'esse compratrici nette di BTP.

In definitiva, si conferma come gran parte dei deflussi di liquidità sia avvenuta per via di una ricomposizione dei portafogli delle banche nazionali e per un maggiore impegno della banca centrale sul mercato. Entrambi i fenomeni hanno previsto un aumento dell'esposizione verso il debito sovrano italiano. C'è stato un impatto una tantum derivante da una maggiore richiesta di valuta estera, probabilmente temporanea e da un tiraggio di liquidità da parte del settore pubblico per gestire la situazione di emergenza. Con l'auspicabile miglioramento della situazione sanitaria nelle prossime settimane e la ricostituzione dei depositi governativi parte di questi flussi tornerà indietro, contribuendo a ridurre il saldo debitorio T2. Rimane da gestire con attenzione la ripresa del fenomeno di nazionalizzazione del debito pubblico in una fase recessiva acuta di durata (si spera) limitata.

Marcello Minenna, Direttore Generale dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli
@MarcelloMinenna
Le opinioni espresse sono strettamente personali

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