La guerra delle coscienze oggi passa da internet
Nel saggio La correzione del mondo, edito da Einaudi, Davide Piacenza, affronta la complessità della comunicazione virtuale e le sue conseguenze
di Veronica Costanza Ward
3' di lettura
Quando abbiamo smesso di capire il mondo? Quando abbiamo smesso di capirci l'un l'altro? E prima ancora: come si formano i nostri pareri?
Chiunque provi a rispondere a queste domande potrà fingere sicurezza ma non potrà fare a meno di chiedersi, magari nell'estrema periferia della coscienza, quanto la sua vita in comunità è influenzata da ciò che ha trovato o buttato nella Biblioteca borgesiana moderna: internet.
La Biblioteca borgesiana
Ne La correzione del mondo (Einaudi 2022), Davide Piacenza parte dal sistema del sapere dei nostri tempi, La Biblioteca borgesiana, quello in cui le nostre certezze vengono meno e la nostra confusione aumenta, e dove soprattutto prima o poi tutti facciamo i conti con una frustrante incomunicabilità di fondo.Come se non bastasse, viviamo nel pieno di infinite culture wars, battaglie e guerre spesso combattute online in cui tutti scivoliamo in una fazione di appartenenza che spesso cambia (o cambia pelle) a seconda della prospettiva, della piattaforma digitale, se non addirittura dell’istante di un post o dell'istanza di riferimento. Ci sono le femministe e gli scettici dei lockdown, gli alleati delle minoranze e i nemici giurati del politically correct, nella nostra Babele. Qualcuno si radicalizza, mentre qualcun altro si ritrova rinchiuso in una serie di scatole cinesi dell’opinione da cui non sa più uscire.Il saggio di Piacenza aiuta a fare chiarezza (e quanto ce n’è bisogno) in questo mare magnum di parossismi ed estremizzazioni.E si deduce che la consapevolezza sia l'unico lo strumento che ci indica una via di salvezza, benché messa continuamente alla prova da nuove trappole ideologiche, cambiamenti improvvisi di direzione e di galateo o sterili giochi di ruolo tra fazioni opposte che mirano ormai quasi soltanto a segnalarsi a vicenda, guadagnando reputazioni privilegiate in seno ai rispettivi pubblici. Prima delle loro storpiature politiche, giunte anche in Italia dagli Stati Uniti – il luogo dell'elezione delle culture wars, in cui la destra grida alla dittatura della cancel culture e la sinistra attivista e “corretta” rischia la deviazione illiberale – Piacenza ricostruisce l'origine storica dei termini-bandiera di quest'epoca (i già citati cancel culture e politically correct, e poi shitstorm, woke, Terf, oltre allo schwa) e ne approfondisce il ruolo nelle diatribe seriali che colonizzano gli anfratti del web. Ciò che era stato pensato per unire o avvicinare ora può dividere per sempre: è questa la trappola che abbiamo costruito intorno a noi senza farci troppo caso, e che nell'ultimo decennio ha portato a una società frammentata, iper-litigiosa e disabituata a discutere e cambiare idea.Uso politico, uso personale, le dimensioni si sovrappongono, l’interlocutore è chiunque si voglia. Nel mondo odierno, poi, passare da privilegiati a vittime virtuali, e da vittime a carnefici, è un attimo, spiega il libro. Come nel caso di Emmanuel Cafferty, il tecnico delle riparazioni spiantato di San Diego che si è trovato additato come suprematista bianco per un gesto casuale immortalato da un passante e postato su Twitter, e ha perso il lavoro; attraverso pensatori come Harold Bloom e Michel Foucault, attivisti come Loretta Ross e Chimamanda Ngozi Adichie ed editorialisti dell’Economist e del New York Times, veniamo accompagnati sulla via dell'illuminazione, se non altro della consapevolezza (e di questo siamo grati) per difenderci dallo shitstorm, un termine che anche in assenza di una traduzione letterale ci fa capire che il rischio è che qualsiasi intenzione online – dalla peggiore alla migliore – venga distorta e corrotta da forze al di là del controllo del soggetto agente.«Le rare volte» - dice Piacenza - «in cui sui social si parla la stessa lingua, sullo scaffale della Biblioteca manca del tutto l'accordo sull'uso giusto da farne». Dunque se Facebook, Instagram e Twitter magari non hanno rovinato il mondo (è indubbio che siano strumenti dalle potenzialità ancora enormi e vantaggiose), è vero che hanno contribuito a diffondere, anche tra chi non ne fa un uso estensivo, una comune e sempre piú accettata prospettiva sulla realtà: quella della «frammentazione di ogni cosa». Ogni giorno sta a noi ricomporre il puzzle per correggere il tiro delle nostre parole e delle nostre idee: oppure, ancora prima e in modo più strisciante, quello delle nostre azioni.
Davide Piacenza, La correzione del mondo, Einaudi Stile Libero Extra, pp. 320, € 16,50
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