La guerra dei dazi colpisce i chip Amd, Intel e Nvidia, oltre l’economia del silicio
di Luca Tremolada
3' di lettura
«Programmare un chip non è semplice come progettare una slide power point». La battuta va attribuita a Jen-Hsun Huang, il visionario capo di Nvidia durante una call con gli analisti finanziari. Oggetto della frecciata l’annuncio bomba da parte della rivale Intel di OneApi di un linguaggio di programmazione per sfruttare l’intelligenza artificiale (Ai) su qualsiasi piattaforma hardware, sia su pc dotati di Cpu (processore centrale) e Gpu (processori grafici) che su sistemi di calcolo più complesso. Non occorre essere un genio dell’informatica per capire che se davvero funzionasse una interfaccia unica per ogni sistema di calcolo non solo semplificherebbe il lavoro di programmazione, ma consegnerebbe nel brevissimo una posizione di leadership culturale proprio nella progettazione di sistemi di calcolo per Big data e Ai.
Nvidia, il colosso californiano di processori grafici, lo ha intuito per tempo. Nel 2006 furono piuttosto visionari per avere scritto Cuda, un linguaggio per sfruttare il calcolo parellelo nella propria Gpu. Vedersi ora arrivare Intel, tredici anni dopo, con un’idea di interfaccia unica alla “Signore degli Anelli” in grado di controllare tutti i processori non deve essere stato il massimo della vita. Anche perché Nvidia per la prima volta deve guardarsi le spalle.
Secondo John Peddie Research nel secondo semetre del 2019 c’è stato il sorpasso di Amd ai danni di Nvidia nel mercato della Gpu. Solo un punto percentuale ma era da cinque anni che non accadeva.
«Come Amd non ci possiamo lamentare - commenta Sasa Marinkovic, direttore del marketing della divisione gaming di Amd - in pochi anni abbiamo conquistato il mercato dei videogiochi e per videogiochi intendo pc, console e cloud gaming». I produttori di chip hanno messo un piede nella futura Playstation 5, sono dentro i server di Google attraverso il loro servizio di cloud gaming Stadia e dentro all’architettura della nuova macchina da gioco di Microsoft, nome in codice Scarlett. Stanno scalando anche il mercato del pc soprattutto grazie ai desktop per i giocatori più spinti.
«Tecnicamente - commenta Marinkovic - rispetto al passato l’ingresso del cloud ha aumentato i confini del mercato per chi produce chip». Come dire, se prima c’era solo l’internet delle cose, ora i servizi di streaming e le aspettative sulle applicazione dell’intelligenza artificiale potrebbero dare il via a una nuova età dell’oro dei chip. Almeno sulla carta è così. In realtà le cose vanno in modo diverso.
Se solleviamo lo sguardo per avere un quadro più nitido ci accorgiamo però che tra i big dei chip l’umore è pessimo. La guerra dei dazi tra Cina e Usa sta avendo ripercussioni (e anche forti) nell’economia al silicio. Secondo l’”associazione di categoria”, la Semiconductor industry association, che rappresenta i chipmaker attivi statunitensi le vendite sono in calo del 15,5% a luglio per un valore di 33,4 miliardi di dollari. Gli analisti parlano apertamente di “fase di depressione”. Il nodo non è solo legato alla contrazione del mercato in Cina e quindi alle quote di export verso il Continente rosso, ma all’incertezza che l’irrigidimento del Governo cinese potrebbe generare in tutta la “catena di montaggio” dell’elettronica di consumo.
La partita è apparentemente solo cino-californiana. L’Europa che a parte qualche nome (StMicroelectronics, Infineon, Ams) non è terra di giganti ha lanciato un progetto chiamato “Nano 2022” per sostenere l’industria della micro/nanoelettronica, che dovrebbe contribuire a consolidare l'industria nazionale nel campo della produzione di componenti elettronici attraverso ingenti investimenti in ricerca e sviluppo e nell'acquisizione di macchine. Ma paradossalemte è nel superamento del silicio dove si gioca la sfida dei più grandi. Quella del computer quantistico per quanto fantascientifica è la corsa più strategica per chi progetta le tecnologie del futuro. Sganciarsi dal silicio significa ridisegnare i rapporti di forza anche e sopratutto per l’accesso all’intelligenza artificiale che, come sappiamo, per ora è appannaggio di colossi cinesi e statunitensi. Proprio l’anno scorso l’Europa ha scelto di investire un miliardo di euro sulle tecnologie quantistiche. Per alcuni, per molti è già tardi. Per fortuna, è il caso di dirlo, la guerra dei dazi potrebbe spingere questa industria a guardare un po’ più avanti.
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